Che cosa è Oekonux?

Dieci paradigmi sviluppati dal Progetto Oekonux

di Stefan Meretz, Keimform 29/12/2011

NdT: Questo documento, pubblicato da Stefan Meretz sul blog Keimform tra il 20 ottobre ed il 29 dicembre 2011, descrive il lavoro teorico di ricerca svolto nel corso di dieci anni sul software libero e sulla produzione paritaria su base comunitaria dal progetto tedesco Oekonux (http://www.oekonux.org). Il documento è stato preparato per essere pubblicato sulla rivista Critical Studies in Peer Production (CSPP).

Abstract

Il progetto Oekonux cerca di creare nuove basi per analizzare un fenomeno storico nuovo: l’emergere della produzione paritaria, a partire dalla creazione del software libero. Se è valida l’ipotesi iniziale che il software libero sia la forma germinale di un nuovo modo di produzione oltre il capitalismo, sarebbe necessario sviluppare nuovi modelli epistemologici per essere in grado di analizzarlo adeguatamente. Ciò richiede la comprensione e la critica di vecchie nozioni analitiche in quanto prodotti storici del modo capitalista sopravvissuto di produzione del nostro sostentamento, comprese quelle che mirano ad essere in opposizione al capitalismo. In questo documento presento dieci modelli che sono emersi dai dibattiti del Progetto Oekonux. Essi dimostrano cosa significhi andare oltre gli schemi di analisi tradizionalmente di conferma o tradizionalmente di contrasto, o “di sinistra”. Anche se ricavati dai dibattiti del Progetto Oekonux, questi modelli non sono mai stati presentati in maniera così concentrata. Ovviamente non tutti i modelli saranno condivisi dagli altri partecipanti a tali dibattiti, perché alla fin fine si tratta di conclusioni mie personali ricavate da oltre dieci anni di discussioni.

Introduzione

In questo testo cercherò di offrire una qualche introduzione alle idee principali che sono state sviluppate dalla fondazione del progetto Oekonux nel 1999. Non c’è un insieme fisso di pensieri e personalmente ho la mia ottica personale riguardo alle idee Oekonux.

Perché il progetto Oekonux è così rilevante per il dibattito sulla produzione paritaria su base comunitaria? Ci sono due motivi. Primo: Oekonux ha sviluppato molte delle idee con le quali molti ricercatori hanno familiarità da molti anni prima che esse arrivassero a un pubblico più vasto. Oekonux è stato fondato come un progetto di riflessione sul software libero, ma era presente sin dall’inizio la questione della generalizzazione delle osservazioni sul software libero ad altri settori dei beni immateriali e materiali. Quando Yochai Benkler (2006) coniò il termine produzione paritaria su base comunitaria (NdT: in inglese, commons’ based peer production) non fece che condensare in un’espressione accattivante un dibattito durato anni, ma le intuizioni non erano molto nuove e suonavano molto familiari ai partecipanti al Oekonux. Conseguentemente il termine è stato adottato dal progetto Oekonux.

Secondo: i partecipanti a Oekonux si sono spinti molto più in là di altri nel mettere in discussione il modo accettato di pensare. Sono state sviluppate nuove tesi che non solo hanno rifiutato gli schemi del dibattito tradizionale nelle scienze informatiche, in sociologia e in economia, ma anche negli approcci politici e teorici emancipativi. Stefan Merten, il fondatore di Oekonux che proviene da precedenti di anarco-marxista, rifiuta provocatoriamente “le ideologie di sinistre e le altre ideologie capitaliste” (Merten 2011) per l’analisi della produzione paritaria. Questo suona molto post-moderno, ma l’intenzione era molto diversa: tutti i mezzi di emancipazione dovranno svilupparsi proprio davanti ai vostri occhi, ma dobbiamo anche afferrarli teoricamente. Gli schemi tradizionali della sinistra non sono adatti a questo, perché aderiscono al modo di produzione determinato per il quale è condotta l’analisi.

Per molti, tradizionalisti di ogni schieramento, questa è stata una provocazione enorme. E ci sono stati molti scontri politici e culturali all’interno del progetto. Ma c’è stato anche un nucleo di persone che ha costantemente portato più avanti l’approccio Oekonux. Nel seguito cerco di descrivere alcuni modelli Oekonux, che ovviamente rappresentano la mia interpretazione del dibattito Oekonux. Quando uso il passato parlando di Oekonux non è perché il progetto non esista più. Esiste ancora e la rivista Critical Studies in Peer Production (NdTRivista di Studi Critici sulla Produzione Partecipativa)non è l’unico prodotto collaterale del progetto; ce ne sono stati molti altri, cosicché la concentrazione si estende a diversi progetti ispirati da Oekonux.

In un’intervista a Joanne Richardson, Stefan Merten (2001) ha descritto Oekonux come un progetto per valutare il software libero nel suo “potenziale per una società diversa oltre il lavoro, il denaro, lo scambio”. Qui egli offre le parole chiave su cui è stato costruito il pensiero Oekonux. Le riproporrò e le amplierò per illustrare perché e come le principali idee contraddicano così fortemente il pensiero tradizionale di sinistra, specialmente quando Oekonux è stato avviato nel 1999 (Merten 1999).

Paradigma 1: Oltre lo Scambio

Il software libero o, più in generale, la produzione paritaria su basi comunitarie non riguarda lo scambio. Dare e ricevere non vanno in coppia. Nell’ottica di oggi questo potrebbe non sembrare sorprendente, ma lo è stato agli inizi del progetto Oekonux. Ancor oggi gli approcci tradizionali della sinistra tradizionale sono basati sull’assunto che si sia autorizzati a ricevere qualcosa solo se si è disponibili e in grado di dare qualcosa in cambio, perché se tutti si limitassero a prendere allora la società morirebbe. Questa posizione potrebbe essere riferita a una penosa tradizione socialista (e cristiana) secondo cui chi non è disponibile a lavorare non dovrebbe mangiare. Tuttavia il software libero ha dimostrato chiaramente che gli sviluppatori non hanno bisogno di essere obbligati a fare quello che amano fare (vedere paradigma 5).

Un approccio importante che ha cercato di afferrare i nuovi sviluppi del software libero, seppur restando incollato al vecchio modo di pensare, è stato l’approccio dell’ “economia del dono”. Tuttavia non è un caso che l’espressione corretta sia ritenuta essere “l’economia dello scambio di doni”. Chi dà può aspettarsi di ricevere qualcosa in cambio, perché ciò è un dovere morale nelle società basate sullo scambio di doni. Questo tipo di dovere personale reciproco non esiste nel software libero. Anche se uno sviluppatore afferma di volere “dare qualcosa in cambio”, questo dare non è una precondizione per ricevere qualcosa. In generale, la produzione paritaria su base comunitaria si basa su contributi volontari incondizionati.

In un’ottica di sinistra, il dare e ricevere disaccoppiato potrebbe essere possibile solo in una terra mitica in un futuro lontano chiamato Comunismo, se ma fosse possibile. Ma mai oggi, perché prima che il comunismo sia possibile, è necessaria una fase intermedia poco gradevole chiamata socialismo aggrappata al dogma dello scambio (vedere paradigma 8). Storicamente il “socialismo realmente esistente” che ha cercato di attuare tale necessità è fallito, cosa che accadrà con tutti gli approcci socialisti che accettino il dogma dello scambio.

Se non si vuole rinunciare allo scambio, il capitalismo è l’unica opzione che rimane.

Paradigma 2: Oltre la Scarsità

E’ un malinteso comune che le cose materiali siano scarse mentre non lo siano quelle immateriali. Sembra giustificato mantenere i beni materiali sotto forma di merci mentre è richiesto che i beni immateriali siano gratuiti. Tuttavia questo assunto trasforma una proprietà sociale in una proprietà naturale. Nessun bene prodotto è scarso per natura. La scarsità è una conseguenza del fatto che i beni sono prodotti sotto forma di merci e pertanto la scarsità è un aspetto sociale della merce creata per il mercato. Nell’era digitale ciò è evidente a proposito dei beni immateriali, in quanto possiamo constatare chiaramente le misure adottate per rendere artificialmente scarsi tali beni. Tali misure includono leggi (basate sulla cosiddetta “proprietà intellettuale”) e barriere tecniche per evitare il libero accesso ai beni. Sembra essere meno ovvio per i beni materiali, perché siamo abituati alla non accessibilità dei beni materiali se non paghiamo per essi. Ma le misure sono le stesse: leggi e barriere tecniche, accompagnate dalla distruzione continua di merci per mantenerle rare abbastanza da ottenere un prezzo adatto sui mercati.

Inoltre sembra ovvio che dipendiamo tutti da beni materiali che possono non essere disponibili in quantità sufficienti. Anche i beni immateriali dipendono da un’infrastruttura materiale, al minimo i nostri cervelli (nel caso del sapere) che pure devono essere alimentati. Ciò è decisamente vero e tuttavia non ha nulla a che fare con la “scarsità naturale”. Poiché tutti i beni di cui abbiamo necessità devono essere prodotti, l’unica questione è come debbano essere prodotti in senso sociale. La forma di merce è un’opzione, la forma di risorsa comune è un’altra. Le merci devono essere prodotti in misura scarsa per realizzare il loro prezzo sul mercato. Le risorse comuni possono essere prodotte in base ai bisogni di che utilizza una determinata capacità produttiva. Possono esserci limitazioni contingenti, ma i limiti sono sempre stati soggetti alla creatività umana per essere superati.

Forse alcune limitazioni non potranno mai essere superate, ma questo, di nuovo, non è un motivo per rendere i beni artificialmente scarsi. In questi rari casi si possono utilizzare accordi sociali per organizzare un utilizzo responsabile della risorsa o del bene limitati. Il movimento per i beni comuni ha imparato che sia le merci rivali sia quelle non rivali possono essere prodotte come beni comuni, ma richiedono un trattamento sociale diverso. Mentre le merci non rivali si conviene siano accessibili gratuitamente per evitarne il sottoutilizzo, ha senso evitare il sovrautilizzo delle merci rivali trovando regole o misure adatte o a organizzare un uso sostenibile o a ampliare la produzione collettiva e così la disponibilità della merce rivale.

La scarsità è un fenomeno sociale che è inevitabile se i beni sono prodotti in forma di merce. Spesso la scarsità è confusa con i limiti che possono essere superati mediante gli sforzi e la creatività umana.

Paradigma 3: Oltre la Merce

Nei suoi studi Elinor Ostrom rilevò che “né lo stato né il mercato” sono mezzi efficaci per la gestione delle risorse comuni (1990). Basandosi sull’economia tradizionale ella analizzò le pratiche relative alle risorse comuni naturali e in conclusione dimostrò semplicemente errati i dogmi liberali. I mercati non sono un buon modo per allocare le risorse e lo stato non è un buon modo per redistribuire la ricchezza e gestire le conseguenze distruttive dei mercati. Risultati migliori si hanno se le persone si organizzano in base alle proprie necessità, esperienze e creatività e trattano le risorse e i beni, non come merci bensì come un serbatoio comune di risorse.

Questo è esattamente quel che accade nel software libero. E’ interessante che ci siano voluti tanti anni per comprendere che il software libero è una risorsa comune e che è fondamentalmente identico a ciò di cui Elinor Ostrom e altri parlavano tanto tempo prima. Un aspetto debole della ricerca tradizionale sulle risorse comuni e della prima fase del software libero è stato che non esisteva una chiara nozione di merce e non merce. E’ stato il progetto Oekonux che ha affermato chiaramente: il software libero non è una merce. Questa massima è strettamente collegata all’intuizione che il software libero non è oggetto di scambio (v. paradigma 1).

I critici di sinistra hanno sostenuto che l’essere ‘non merce’ è qualcosa di limitato al regno dei beni immateriali, come il software. Dal loro punto di vista il software libero è solo una “anomalia” (Nuss, Heinrich 2002) mentre i beni “normali” nel capitalismo devono essere merci. Questo assioma, tuttavia, è strettamente legato all’accettazione del dogma della scarsità (v. paradigma 2). Inoltre esso tratta il capitalismo come una specie di modo normale e naturale di produzione in condizioni di “scarsità naturale” (dal loro punto di vista). Quest’ottica capovolge completamente le relazioni reali. Il capitalismo si è potuto stabilire soltanto appropriandosi delle risorse comuni, privando le persone del loro tradizionale accesso alle risorse al fine di trasformarle in lavoratori. Questa appropriazione delle risorse comuni è un processo in corso. Il capitalismo può esistere solo separa costantemente le persone dalle risorse, rendendole artificialmente scarse. Una merce – per quanto attraente possa apparire nei centri commerciali – è il risultato di un processo violento in corso di appropriazione e spossessamento.

Lo stesso processo si verifica nel software. Il software proprietario è un modo di spossessare la comunità scientifica e di sviluppo del proprio sapere, esperienza e creatività. Il software libero è stato inizialmente un atto difensivo di mantenimento della comunitarietà delle risorse comuni. Tuttavia, poiché il software è in prima linea nello sviluppo di forze produttive, si è rapidamente trasformato in un processo creativo di superamento dei limiti e dell’alienazione del software proprietario. In un settore speciale il software libero ha creato un nuovo modo di produzione che è destinato ad estendersi ad altri settori. (v. paradigma 10).

I beni che non sono resi artificialmente scarsi e non sono oggetti di scambio non sono merci bensì risorse comuni.

Paradigma 4: Oltre il Denaro

Poiché il denaro ha senso solo per le merci, una “non merce” (v. paradigma 3) implica che non vi sia coinvolto denaro. Il Software Libero va dunque oltre il denaro. D’altro canto vi è naturalmente una quantità di denaro che gira intorno al Software Libero: gli sviluppatori sono pagati, le aziende spendono denaro, attorno al Software Libero si creano nuove imprese. Questo ha confuso molti, anche a sinistra. Si attengono a un modo di pensare del tipo “o questo o quello”, essendo incapaci di interpretare queste considerazioni come un processo contraddittorio di sviluppo parallelo in un periodo di transizione sociale (v. paradigma 10).

Il denaro non è uno strumento neutro; il denaro può comparire in situazioni sociali diverse. Può essere denaro proveniente da stipendi/salari, essere denaro investito (capitale), profitto, contante ecc. Funzioni diverse devono essere analizzate in modo diverso. Nel Software Libero non è coinvolta la forma di merce e dunque il denaro, nello stretto senso di vendere una merce per un certo prezzo, non esiste. Tuttavia Eric Raymond ha spiegato come far soldi utilizzando una “non merce”; combinandola con un bene scarso. In una società capitalista dove solo pochi beni si sono sottratti al regno delle merci, è fuori questione che tutti gli altri beni continueranno a esistere come merci. Sono mantenuti scarsi e sono combinati con un bene senza prezzo. Utilizzando un’ottica di valorizzazione non si tratta di nulla di nuovo (ad esempio fare regali per attrarre clienti). Usando un’ottica di riconoscimento di una forma germinale in questa modalità si avvia un nuovo modo di produzione da sviluppare all’interno del vecchio modello tuttora esistente.

Ma perché le imprese danno denaro se tale denaro non è un investimento nel senso tradizionale, ma una specie di donazione, ad esempio per pagare gli sviluppatori del Software Libero? Perché la IBM ha messo un miliardo di dollari nel Software Libero? Perché sono state costrette a farlo. Economicamente parlando hanno dovuto svalutare un settore d’affari per salvare altre aree reddituali. Devono bruciare soldi per creare un ambiente costoso per le proprie vendite (ad esempio di hardware dei server). Poiché l’appropriazione di beni comuni è una precondizione del capitalismo, è vero anche il contrario. Estendere i beni comuni a un campo attualmente dominato dalle merci significa che quel campo è sostituito dai beni liberamente disponibili.

Tuttavia le “quattro libertà” del Software Libero – utilizzo, studio, modifica e redistribuzione – (Free Software Foundation, 1996) non parlano di “libero” nel senso di “gratuito”. Gli slogan del tipo “libero come in ‘libertà’, non libero come in ‘birra gratis’” sono una moltitudine. Ciò va assolutamente bene e non contraddice la massima “oltre il denaro”, perché le quattro libertà non dicono nulla a proposito del denaro. Le quattro libertà riguardano la libera disponibilità, riguardano l’abbondanza. Dunque l’assenza di denaro è un effetto indiretto. Beni abbondanti, e quindi non scarsi, non possono essere merci (vedi paradigma 2) e non possono produrre denaro. Tuttavia far soldi non è vietato di per sé.

C’è stata una quantità di tentativi di integrare la circolazione comunitaria libera del Software Libero (non oggetto di scambio, non merce) all’interno del tradizionale paradigma economico, che è basato sullo scambio e la merce. Il più notevole è stata la “economia dell’attenzione”, che affermava che i produttori non scambiano beni bensì attenzione (Goldhaber, 1997). Si era concluso che l’attenzione fosse la nuova moneta. Ma è stato solo un tentativo disperato di restare attaccati a vecchi termini che né hanno funzionato correttamente, né hanno offerto intuizioni nuove, e così non è stato rilevante. Tralascio qui svariati altri tentativi simili.

Essere oltre il denaro ha come conseguenza diretta non essere merce.

Paradigma 5: Oltre il Lavoro

Il Software Libero, e i beni comuni in generale, sono oltre il lavoro. Ciò può essere compreso solo se si afferra il concetto di ‘lavoro’ come attività produttiva specifica di una certa forma storica di società. Vendere la forza lavoro – cioè la capacità di lavorare – a qualche capitalista che la utilizza per produrre un valore superiore a quello della forza lavoro è qualcosa di unico nella storia. Ciò ha due conseguenze importanti.

Primo: trasforma l’attività produttiva – che è sempre stata usata dagli uomini per provvedere alla propria sussistenza – in lavoro alienato. Tale alienazione non è imposta attraverso il dominio personale, ma mediante una coercizione strutturale. Nel capitalismo gli esseri umano possono sopravvivere solo se pagano per la propria sussistenza, il che costringe le persone a guadagnare soldi. Guadagnare soldi si può attuare o vendendo la propria forza lavoro o acquistando e valorizzando la forza lavoro di altri. Il risultato è un processo distorto in cui esigenze strutturali prescrivono quello che una persona deve fare (vedi paradigma 6) .

Secondo: crea l’homo oeconomicus, l’individuo isolato che cerca la massimizzazione del proprio utile, se necessario anche a spese di altri. Gli economisti tradizionali asseriscono quindi che l’homo oeconomicus è l’archetipo dell’essere umano, il che confonde un risultato storico specifico con un presupposto naturale.

Invece che sul lavoro il Software Libero si basa sulla ‘Selbstentfaltung’ [NdT Espressione/realizzazione/gratificazione di sé stessi]. Il concetto tedesco di Selbstentfaltung non è facile da tradurre. Da un lato parte dal “grattarsi un prurito”(Eric Raymond), “fare quello che proprio davvero si vuol fare” (Fritjof Bergmann) e “divertirsi un mucchio” (lo sviluppatore del Software Libero). Dall’altro, esso integra altri compagni di sviluppo per ricercare la soluzione migliore possibile. Questo si traduce anche in un grande coinvolgimento, passione e sforzo, non soltanto nel cogliere i frutti dei rami più bassi. Include una reciprocità positiva con gli altri che perseguono lo stesso obiettivo in modo tale che la Selbstentfaltung di uno sia la precondizione della Selbstentfaltung degli altri. Non per caso ciò richiama il Manifesto Comunista in cui “il libero sviluppo di ciascuno è la condizione del libero sviluppo di tutti” (Marx, Engels 1848). Tuttavia il Software Libero non è un obiettivo di una società futura, bensì una caratteristica inalienabile dell’avvio di un nuovo modo di produzione in direzione di quella nuova società libera.

Invece di vendere le energie individuali a fini alienati, ciò che solitamente è definito ‘lavoro’, il Software Libero è basato sulla Selbstentfaltung, che è lo sviluppo libero di tutte le forze produttive delle persone.

Paradigma 6: Oltre le Classi

Il capitalismo è una società di divisioni. Acquisti contro vendite, produzione contro consumo, lavoro contro capitale, lavoro concreto contro lavoro astratto, valore d’uso contro valore di scambio, produzione privata contro distribuzione sociale ecc. Lo sviluppo capitalista è mosso dalle contraddizioni tra queste parti separate. Tra esse, il lavoro e il capitale sono una delle contraddizioni e tuttavia sembra si tratti di quella più rilevante. Una persona sembra essere classificata in base al suo essere venditore o acquirente di lavoro, lavoratore o capitalista. Tuttavia, di fatto il lavoro e il capitale non sono proprietà degli individui bensì funzioni sociali opposte come tutte le altre divisioni che il capitalismo genera.

Perciò non è vero che solo uno dei lati delle varie divisioni rappresenta quello generale o progressista. Al contrario, entrambe le parti della divisione dipendono l’una dall’altra. Il lavoro produce capitale e i capitale crea lavoro. E’ un ciclo alienato di riproduzione permanente delle forme capitaliste. Così entrambe le parti di queste divisioni, ad esempio il lavoro e il capitale, sono funzioni necessarie del capitalismo. Il cosiddetto antagonismo di lavoro e capitale è in realtà una modalità puramente immanente dello sviluppo storico del capitalismo. La classe lavoratrice non rappresenta un’emancipazione, in nessun modo.

Il Software Libero e la produzione paritaria in generale non generano classi; sono, piuttosto, al di là di tale modalità. Rappresentano una forma germinale (v. paradigma 10) di un nuovo modo di produzione che, in generale, non si basa sulle divisioni ma sull’integrazione di bisogni, comportamenti e desideri diversi come potente forma di sviluppo. Lo sfruttamento non esiste, perché non esistono la vendita e l’acquisto del lavoro e il denaro può svolgere un ruolo solo in partite di retroguardia relative a società antiquate chiamate “capitalismo”.

Selbstentfaltung come essere umano che si sviluppa è la fonte di una transizione sociale in direzione di una società libera, non di un’appartenenza di classe.

Paradigma 7: Oltre l’Esclusione

Una delle divisioni fondamentali che il capitalismo genera è la divisione tra quelli che sono all’interno e quelli che non vi sono. Lo schema interno/esterno non è una separazione di classe (v. paradigma 6) e non è soltanto una grande divisione. E’ un meccanismo strutturale di inclusione ed esclusione in tutte le linee possibili della società: tra chi ha un lavoro e chi non lo ha, tra i ricchi e i poveri, tra gli uomini e le donne, tra la gente di colore e i bianchi, tra i capi e i subordinati, tra i proprietari dei mezzi di produzione e i non proprietari, tra i membri della previdenza sociale e i non membri, ecc. Deve essere riconosciuta come un principio strutturale fondamentale del capitalismo. L’inclusione di una parte implica l’esclusione dell’altra. Per il singolo ciò significa che ogni progresso personale è realizzato a spese di altri che restano fermi o regrediscono.

In generale i beni comuni sono oltre il meccanismo di esclusione. Nel Software Libero, per esempio, quante più persone attive aderiscono a un progetto, tanto più rapidamente e meglio può essere conseguito un obiettivo. Qui il rapporto tra le persone non è strutturato su basi di inclusione/esclusione ma attraverso una reciprocità inclusiva (Meretz 2012). Chi gestisce un progetto cerca di includere quante più persone attive possibile, si sforza di ottenere un’atmosfera creativa, e cerca di risolvere i conflitti in modo tale che quante più persone possibili possano seguire il “consenso grezzo” ed il “codice che gira” (NdT Il riferimento è al motto delle comunità informatiche in rete che si trova in una presentazione IETF del 1992: We reject: kings, presidents and voting. We believe in: rough consensus and running code. “Rigettiamo re, presidenti e voti. Crediamo invece nel consenso grezzo e nel codice che gira”).

Se il consenso non è possibile allora la soluzione migliore è una divisione, una opzione rischiosa ma valida per verificare direzioni di sviluppo diverse. Se si guarda alle divisioni esistenti (ad esempio tra Kde e Gnome) molte di esse collaborano strettamente o mantengono un’atmosfera di cooperazione. Sì, ci sono altri esempi di contrasti reciproci. Ma queste divisioni improduttive sono principalmente dovute al fatto che vi svolgono un ruolo importante interessi alienati. Oracle ha tentato di attuare un regime di dominio e controllo dopo aver acquistato OpenOffice come parte della pacchetto Sun. La scissione a LibreOffice da parte di molti sviluppatori importanti è stata un atto di autodifesa e di autodeterminazione per conservare il loro ambiente di Selbstentfaltung. Non vogliono tornare indietro al vecchio “modo di lavorare” allo sviluppo (v. paradigma 5).

Mentre il capitalismo è strutturalmente basato sul meccanismo di esclusione, la produzione paritaria su base comunitaria crea e fa progredire l’inclusione.

Paradigma 8: Oltre il Socialismo

Il socialismo, così come definito da Karl Marx nella “Critica del programma di Gotha” (Marx, 1875) è una società produttrice di merci governata dalla classe lavoratrice. Storicamente ciò è stato realizzato dal cosiddetto “socialismo reale”. Ci sono state molte critiche dei paesi a socialismo reale (mancanza di democrazia, ecc.) dall’interno della sinistra. Ciò nonostante buona parte della sinistra condivide l’assioma che sia inevitabile una fase intermedia tra una società libera (che può essere chiamata comunismo) e il capitalismo. L’idea generale è che la classe lavoratrice, una volta al potere, possa ricostruire l’intera economia secondo i propri interessi, che rappresentano la maggioranza della società. In breve: prima viene il potere, poi seguirà un nuovo modo di produzione, al fine di costruire una società davvero libera. Questa idea storicamente è fallita.

Il motivo di tale fallimento non sta in carenze o differenze tattiche interne. E’ invece dovuto al concetto irrealistico della trasformazione storica qualitativa. Mai nella storia la questione del potere è stata al primo posto; è sempre stato un nuovo modo di produzione, emerso dalla vecchia maniera di produrre, che ha preparato la transizione storica. Il capitalismo si è inizialmente sviluppato dall’artigianato delle città medievali, poi integrato in fabbriche e che alla fine ha portato al sistema della grande industria. La questione del potere è stata risolta “per strada”. Ciò non sminuisce il ruolo della rivoluzione, ma le rivoluzioni si limitano a realizzare e promuovere ciò che già si stava sviluppando. Le rivoluzioni della Primavera Araba non creano nulla di nuovo, ma cercano di realizzare i potenziali di una normale società democratica borghese.

Questa analisi degli sviluppi storici (discussi in maggiore dettaglio nel paradigma 10 deve essere applicata alla situazione attuale. La transizione storica non può essere realizzata impossessandosi del potere politico – per via parlamentare o mediante azioni di piazza – bensì sviluppando un nuovo modo di produzione. Il criterio per essere “nuovi” si può derivare dalla negazione del vecchio modo di produzione. Invece di merci, produzione di beni comuni. Invece di scambi mediati dal denaro, libera distribuzione. Invece di lavoro, Selbstentfaltung. Invece di meccanismi di esclusione, potenziale inclusione di tutti. Si deve comunque essere attenti perché non tutti gli sviluppi del capitalismo devono essere aboliti. Piuttosto certi proseguiranno, anche se in forma trascesa.

La produzione paritaria su base comunitaria trascende il capitalismo ed anche il socialismo basato sulle merci.

Paradigma 9: Oltre la Politica

Poiché la produzione paritaria su base comunitaria riguarda principalmente un nuovo modo di produzione, è fondamentalmente un movimento apolitico. Qui la politica è intesa come rivolgersi allo stato e alle sue istituzioni per richiedere cambiamenti in una qualche direzione desiderata. Tali politiche sono basate su interessi che nel capitalismo sono generalmente contrapposti. Se una società è strutturata secondo schemi di inclusione/esclusione (v. paradigma 7) allora è necessario organizzare interessi comuni ma parziali al fine di conseguirli a spese degli interessi comuni parziali di altri. In questo senso i beni comuni sono oltre la politica, poiché fondamentalmente non operano nel regno degli interessi bensì in quello dei bisogni.

E’ importante distinguere tra bisogni e interessi. I bisogni devono essere organizzati sotto forma di interessi se la modalità normale di attuazione è l’esclusione degli interessi di altri. I beni comuni, d’altro canto, sono basati solo sulla varietà dei bisogni dei partecipanti, che operano come fonte di creatività. La mediazione di questi bisogni diversi fa parte del processo della produzione paritaria. Non è dunque necessario che i partecipanti organizzino ulteriormente i loro bisogni come interessi e cerchino di attuarli politicamente. Essi, invece, ottengono ciò direttamente.

Un aspetto che chiarisce questo è la questione delle gerarchie. Normalmente le gerarchie fanno parte della produzione capitalista delle merci. Perciò un tema comune della sinistra era il rifiuto di ogni gerarchia per evitare il dominio. Ciò ignora il fatto che le gerarchie in quanto tali non generano dominio, ma piuttosto la funzione che le gerarchie hanno in un determinato contesto. In un’impresa le gerarchie esprimono interessi diversi, ad esempio gli interessi dei lavoratori e quelli dell’amministrazione (v. paradigma 5). Tuttavia in un progetto di produzione paritaria una gerarchia può esprimere livelli diversi di competenza o responsabilità diverse, che sono condivise da coloro che accettano qualcuno in una posizione di guida. Essere un gestore non significa perseguire interessi diversi a spese dei membri del progetto. Un tale progetto non prospererebbe. Al contrario un gestore desidera fortemente integrare quanti più membri attivi e competenti possibile. Ciò non evita i conflitti, ma i conflitti sono risolti sulla base comune degli obiettivi del progetto.

La produzione paritaria su base comunitaria non richiede di articolare i bisogni delle persone sotto forma di interessi contrapposti e perciò è oltre la politica.

Paradigma 10: Forma germinale

Ultimo ma non di secondaria importanza, il paradigma più importante è la forma germinale, ovvero il modello a cinque stadi (Holzkamp, 1983). E’ un modello per comprendere l’esistenza concomitante di fenomeni di qualità diverse. Quando si discute della produzione partecipativa, il dibattito è spesso dominato da due gruppi: quelli che sono a favore della produzione paritaria e cercano di dimostrare che la produzione paritaria è anticapitalista e quelli che considerano la produzione paritaria solo una modernizzazione del capitalismo. La sfida sta nel vederla in entrambi i modi. Il modello della forma germinale realizza questo considerando l’emergere e lo svilupparsi della produzione partecipativa su base comunitaria come un processo che si sviluppa nel tempo secondo contraddizioni che gli sono proprie.

Normalmente l’applicazione del modello a cinque stadi è una procedura retrospettiva in cui il risultato dello sviluppo analizzato è ben noto. Presupponendo mentalmente il risultato di una transizione a una società libera basata sulla produzione paritaria su base comunitaria, l’emergere di questo risultato può essere ricostruito utilizzando il modello. Ecco uno schizzo molto alla buona dei cinque stadi applicati al caso della produzione paritaria:

1. Forma germinale: Appare una nuova funzione. In questo stadio la nuova funzione non deve essere interpretata come un germe o un seme ricco che racchiude tutte le proprietà dell’entità finale che deve limitarsi a crescere. Piuttosto in questa fase la forma germinale mostra solo i principi del nuovo, ma non è il nuovo in sé stessa. Così la produzione paritaria su base comunitaria non è il nuovo in sé, bensì l’aspetto qualitativamente nuovo che mostra è la mediazione orientata al bisogno tra pari (basata sulla Selbstentfaltung, vedere paradigma 5) . Nel corso di questo stadio ciò è visibile solo a livello locale.

2. Crisi: solo se l’intero vecchio sistema cade in una crisi la nuova forma germinale può lasciare la propria nicchia. Il modo capitalista di produzione e mediazione sociale attraverso le merci, i mercati, il capitale e lo stato ha portato l’umanità a una crisi profonda. E’ entrato in una fase di successivo disfacimento ed esaurimento di risorse sistemiche accumulate storicamente. Le ricorrenti crisi finanziarie rendono evidente questo a chiunque.

3. Funzione di svolta: la nuova funzione abbandona la sua condizione di forma germinale nella nicchia e acquista rilevanza per la riproduzione del vecchio sistema. L’ex forma germinale ha ora due facce. Da un lato può essere utilizzata nell’interesse del vecchio sistema e dall’altro la sua logica peculiare è, e rimane, incompatibile con la logica del vecchio sistema dominante. La produzione paritaria è utilizzabile a fini di contenimento dei costi e di creazione di nuovi ambienti per attività commerciali, ma si basa su uno sviluppo non mercificato nell’ambito delle proprie attività (v. paradigma 3). La cooptazione e l’assorbimento in cicli di normale produzione di merci sono possibili (De Angelis, 2007) e solo se la produzione paritaria è in grado di difendere i suoi principi peculiari di comunitarietà e le sue capacità di creare reti su tale terreno, sarà raggiunto lo stadio successivo. Il Software Libero, come esempio di produzione paritaria, è chiaramente a questo stadio.

4. Passaggio al predominio: La nuova funzione diviene prevalente. La vecchia funzione non scompare immediatamente, ma retrocede, come funzione precedentemente dominante, in segmenti marginali. La produzione paritaria su base comunitaria ha ora raggiunto una densità di rete a livello globale cosicché i collegamenti di input-output sono chiusi in circuiti autonomi. Una produzione privata separata con la successiva mediazione del mercato utilizzando il denaro non è più richiesta. La mediazione sociale basata sui bisogni organizza la produzione e la distribuzione. L’intero sistema ha ora modificato qualitativamente il proprio carattere.

5. Ristrutturazione: La direzione dello sviluppo, le strutture che ne costituiscono la spina dorsale e le logiche funzionali fondamentali sono cambiate. Questo processo abbraccia un numero sempre maggiore di campi sociali che si rifocalizzano in direzione del nuovo modo di mediazione sociale basato sui bisogni. Lo stato è spogliato, emergono nuove istituzioni, che non hanno più il carattere uniforme di Stato, ma sono strumenti dalla Selbstentfaltung collettiva (v. paradigma 5). Possono emergere nuove contraddizioni, può avviarsi un nuovo ciclo di sviluppo.

Questo è soltanto un modello epistemologico, non uno schema d’azione immediata. Il principale vantaggio è la possibilità di sottrarsi a infruttuosi dibattiti su “o questo o quello”. Consente di pensare all’emergere di un nuovo modo di produzione utile per il vecchio sistema mantenendone la funzione trascendente, come fenomeno concomitante, in direzione di una società libera.

Il modello della forma germinale adattato nel contesto Oekonux è una concettualizzazione dialettica della transizione storica.

Conclusione

Lungi dall’essere una teoria coerente della transizione storica verso una società libera, riteniamo che questi paradigmi descrivano abbastanza bene il lavoro teorico di Oekonux perché non rientrano in nessuno degli approcci tradizionali. Ci potrebbe essere qualche accordo con uno o l’altro approccio, e la maggior parte dei partecipanti al progetto Oekonux non saranno d’accordo con tutti i paradigmi descritti, ma nessun singolo approccio è in grado di rispondere a tutte le sfide in una sola volta in modo coerente.

Questo non è casuale. Da una parte, la formazione di una nuova società non può essere interamente compresa nei termini di una società già pienamente sviluppata la cui storia è in corso di realizzazione. Dall’altra parte, ci sono aspetti generali che continuano a esistere in tutte le società, ma che subiscono una riconfigurazione. Altri aspetti si dissolvono completamente. Ed, infine, alcuni aspetti sono influenzati in un modo che difficilmente avranno qualcosa in comune con la loro origine. Queste tre forme di transizione – la conservazione, la dissoluzione e l’influenza – descrivono il significato di ciò che G.W.F. Hegel chiama abrogazione (Aufhebung). Con i dieci paradigmi di transizione sociale presentati in questo testo cerchiamo di soddisfare tale requisito.

Ringraziamenti

Un grazie speciale a Stefan Merten e Mathieu O’Neil per l’aiuto nella revisione. Tomislav Knaffl ha offerto suggerimenti utili.

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Da Socialforge – Un laboratorio di creazione sociale

http://www.socialforge.org

Fonte: http://keimform.de/2011/peer-production-and-societal-transformation

Originale: Keimform.de

Traduzione di Giuseppe Volpe

© 2012 Socialforge – Licenza Creative Commons CC BY-NC-SA 3.0

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