Crean La Lionza para mercado del trueque

“El Universal” 21.06.2007

En
Urachiche, Yaracuy, se realizó el Mercado Comunitario del Trueque en el
que campesinos, cooperativas y pequeños comerciantes intercambiaron
bienes, servicios y productos autóctonos.

El presidente del
Instituto Nacional de Desarrollo de la Pequeña y Mediana Industria
(Inapymi), Américo Mata, destacó que no se busca sustituir el valor de
la moneda. “La idea es que participe el pueblo, que se dé un
intercambio humanista, socialista. No se trata de eliminar el dinero”.

En
este sistema, los participantes ofrecen bienes y servicios y como
contraprestación reciben una moneda simbólica e intercambiable por
otros productos.

Mata explicó que es una alternativa al capitalismo y que este método tiene factibilidad a pequeñas escalas.

“La
Lionza” es la moneda comunitaria, cuyo nombre fue elegido por voluntad
popular a través de una asamblea del grupo del trueque, y se utiliza
como facilitador de intercambio, pues no es acumulativa y tiene
vigencia por tiempo determinado. María Arismendi, una de las
organizadoras de la actividad, explicó que “La Lionza” no es una moneda
comercial, “sólo se puede intercambiar en el mercado del trueque”.

El
comunicado de prensa de Inapyme señala que esta es una propuesta de una
nueva economía no condicionada por el dinero, caracterizada por ser
justa, que fomenta la cooperación en vez de la competencia.

Realizado Primer Mercado Comunitario del Trueque

Realizado 1er Mercado Comunitario del Trueque
“No se pretende eliminar el dinero”

(Caracas,
20 de junio de 2007) La comunidad de Urachiche, estado Yaracuy, sirvió
de escenario al Primer Mercado Comunitario del Trueque en el que
campesinos, cooperativas y pequeños comerciantes intercambiaron bienes,
servicios, saberes y productos autóctonos de la zona. En la actividad,
el Presidente del Instituto Nacional de Desarrollo de la Pequeña y
Mediana Industria (INAPYMI), Américo Mata, destacó que no se busca
sustituir el valor de la moneda, “La idea es que participe el pueblo,
en sus barrios, en sus localidades, que se de un intercambio humanista,
socialista. No se trata de eliminar el dinero”.En este sistema, los participantes ofrecen bienes y servicios, y como
contraprestación reciben una moneda simbólica e intercambiable por
otros productos. Mata explicó que es una alternativa al capitalismo,
que este método tiene factibilidad a pequeñas escalas. La importancia
es que a través de estas experiencias “participa el poder del pueblo
porque es una vía para la satisfacción de necesidades básicas, se
genera la circulación permanente de productos en una economía
incluyente y más humana”, aseguró.

“La Lionza” es la moneda comunitaria, cuyo nombre fue elegido por
voluntad popular a través de una asamblea del grupo del trueque, y se
utiliza como facilitador de intercambio, pues no es acumulativa y tiene
vigencia por tiempo determinado. María Arismendi, una de las
organizadoras de la actividad, explicó que “La Lionza” no es una moneda
comercial, “La Lionza sólo se puede intercambiar en el mercado del
trueque”. Ésta es una propuesta de una nueva economía no condicionada
por el dinero, caracterizada por ser justa, que fomenta la cooperación
en vez de la competencia.

José Palencia, caficultor del Caserío de Los Begotes, en Urachiche,
manifestó que el acercamiento cultural que ofrece esta forma de
comerciar es muy positivo. “Comunidades y pueblos se pueden conectar,
permite encontrarlas y no alejarlas como hace la moneda. Acerca a la
familia, a los grupos”, recalcó. Asimismo, explicó uno de los
propósitos del trueque: “esto es para dejar el individualismo, el
capitalismo. Aquí una cosa que yo necesite producir la puedo obtener
por otra, esa es la fortaleza”.

Este intercambio de bienes se efectuó en medio de un ambiente festivo,
musical y muy propio de la localidad de Urachiche. Los lugareños
pudieron presentar las expresiones artísticas más arraigadas de su
entorno, y la cultura también se hizo presente con el canje de
artesanías y alimentos típicos del lugar.

(Prensa Inapymi/L.Z.-R.A)

Incontro di presentazione del progetto Orti Urbani

Titolo: Incontro di presentazione del progetto Orti Urbani
Luogo: Biblioteca autogestita Enzo e Gioconda, Largo Feruccio Mengaroni, Tor Bella Monaca
Descrizione:

Il primo incontro di presentazione del progetto Orti Urbani si terra’

Venerdi 22 giugno 2007, alle 21:00

alla Biblioteca autogestita Enzo e Gioconda

Largo Feruccio Mengaroni, Tor Bella Monaca

in occasione della cena di sottoscrizione per la Biblioteca Autogestita di TBM (vedi dopo)

Come arrivare:

* Mezzi pubblici: dalla Stazione Termini, tram Termini Laziali-Pantano: da capolinea a fermata Grotte Celoni

* Mezzi pubblici: da Largo Mengaroni, bus notturno 050: da capolinea a Stazione Termini

* Auto: sono disponibili quattro posti in auto, previo accordo in mailing list

Mailing list:

Chi è interessato a partecipare al progetto può iscriversi alla mailing list del Libero Ateneo della Decrescita di Roma

Cena di sottoscrizione per la Biblioteca Autogestita di Tor Bella Monaca

Salve a Ognuno,

la biblioteca autogestita di quel dì romano e brullo di Tor Bella Monaca,
il giorno 22 Giugno alle nove, venerdì

è lieta d’inivitare un numero di chicchessia lettori ad una goliardica cena sociale, a base di cibo succulento e bio ad opra di giovani cuoche educate all’arte della nonna, e vino fresco dei castelli col quale degustare succinte e invitanti prelibatezze..

il tutto con musica lieve e, speriamo, cara brezza estiva a rinfrancare prominenti panze piene.
Per chi volesse, è permesso schiarire l’ugola e leggere forte e chiaro brani di libri amati, per celebrare l’evento.

il tutto al socialissimo prezzo di 10euro

e per chi porta un libro in dono…8euro!!

per chi voglia far parte di di questo scenario bacchico
e sopratutto aiutarci a far nascere una biblioteca nel quartiere per ora provvisto solo dell’ idea di una biblioteca,

mandate una mail di cenaconferma a siblarval [chiocciola] gmail [punto] com !
l’indirizzo è:

Biblioteca autogestita Enzo e Gioconda (forse, ma questo nome e provvisorio)
Largo Feruccio Mengaroni, Tor Bella Monaca.
per chi volesse tirare fino a tardi senza dover dormire tra i libri,
notturno nm 050 termini-capolinea di fronte alla biblioteca.

vi aspettiamo per gozzovigliare !!

a presto.

i biblitici.

Ora inizio: 21:00
Data: 22/06/2007

La Libera Scuola delle Alternative

Per una Scuola delle Alternative: : cosa sono la “decrescita” e la “critica allo sviluppo”?
di Dalma Domeneghini – 06/05/2007

Introduzione

Il testo che segue contiene la sintesi della proposta del gruppo che ha promosso le prime tre edizioni estive della “Libera Scuola delle Alternative” (Parco dell’Aspromonte – RC 2004, Parco Isola Polvese – PG 2005, Agape – TO 2006) e che ha preparato anche la quarta edizione (Agape – TO 2007); il gruppo è composto da studiosi ed ‘animatori di reti’ che hanno deciso di approfondire la riflessione sul tema della “critica allo sviluppo” tramite una scuola estiva e specifiche ricerche e seminari, per cercare di rispondere a queste domande: cosa sono la “decrescita” e la “critica allo sviluppo”?

Diciamo subito che decrescita è il termine con cui sempre più spesso si indica la posizione critica, forse la più netta, ad un sistema economico dominante la cui caratteristica fondamentale è quella di fondarsi su una crescita continua dei consumi e delle merci messe a disposizione sul mercato. Il termine che abitualmente si usa per alludere a questo aspetto è “sviluppo”, che, pertanto, può essere ampiamente considerato ai fini del ragionamento (anche se non tutti sono d’accordo) un sinonimo di crescita quantitativa illimitata.

È dalla fine della seconda guerra mondiale che l’imperativo di tutte le economie – sia capitalistiche che socialiste – è stato lo sviluppo. Dal mondo industrializzato il modello è stato esportato nei paesi del cosiddetto Terzo mondo, definiti da quel momento “sottosviluppati”, divenendo, con la globalizzazione, un obiettivo planetario. Il concetto ci è talmente familiare che non ci chiediamo più cosa significhi veramente.

Ma, già a partire dagli anni ’70 del Novecento questo modello è stato sottoposto a critiche sempre più severe. Negli ultimi anni, una serie di fenomeni quali i danni alla biosfera (in particolare i mutamenti climatici), l’esaurimento progressivo delle materie prime strategiche, il fallimento dei progetti di sviluppo nel sud del mondo supportati dalla “cooperazione internazionale”, gli effetti contraddittori della globalizzazione, hanno dato sempre più argomenti a coloro che criticano lo sviluppo. La proposta della decrescita appare la più eretica in quanto i suoi sostenitori sostengono l’urgenza, pena la catastrofe ecologica e sociale, di una decrescita volontaria, consapevole e selettiva delle produzioni e dei consumi, per scendere dalle spalle del Sud povero del mondo, ridurre la dipendenza dall’importazione di materie prime e lasciare qualche speranza alle generazioni future.

La critica allo sviluppo (e quindi a maggior ragione alla decrescita) nasce quindi dalla registrazione dei danni sempre più gravi che il modello economico dominante provoca sul piano sociale (aumento della povertà e della disuguaglianza), e dell’ambiente (grave alterazione degli equilibri ecologici) e quindi dalla sua stessa crisi come modello di riferimento ‘planetario’.

È ovvio che mettere in discussione il sistema economico dominante, un sistema che ha permesso (e permette tuttora) anche se solo a una parte molto limitata della popolazione mondiale, un livello di vista sicuramente agiato, susciti il rifiuto non solo dalle élite dominanti (economisti, imprenditori, politici ecc.), ma anche da chiunque senta minacciato il tenore di vita di cui gode.

La critica allo sviluppo significa in sostanza critica del modello socio-economico industriale e capitalistico? Si, certamente, ma in verità entra nel merito anche di quel modello socio-economico e politico che per quasi tutto il Novecento è sembrato, agli occhi di molti, essere la sua alternativa: il socialismo. In verità la parola socialismo indica cose molto diverse, ma qui non è possibile fare i necessari distinguo. Diciamo quindi solamente che, se il nocciolo del progetto socialista era costituito dall’abolizione della proprietà privata dei mezzi di produzione e dalla sua sostituzione con la direzione dello Stato, come è accaduto nella scomparsa Unione Sovietica, questo modello non è stato meno ‘sviluppista’ di quello capitalista. Anzi, le terrificanti condizioni ecologiche dell’Europa dell’Est dimostrano che lì lo sviluppo industriale è stato ancora più pesante. In qualunque caso quel modello, là dove era stato costruito, è entrato in crisi e quindi oggi non costituisce più un alternativa reale. Esso è stato giudicato da molti nient’altro che un capitalismo di Stato che ha condiviso con il capitalismo occidentale gli stessi obiettivi e le stesse modalità di sfruttamento dell’uomo e della natura.

I critici dello sviluppo, già a partire dagli anni ’60, hanno messo in discussione quindi l’aspetto più profondo della società industriale e hanno cioè affermato che questa non può essere estesa a tutta l’umanità: è oramai evidente che il pianeta non potrà mai sostenere una popolazione planetaria (anch’essa in crescita.), in cui tutti vivono secondo il nostro stile di vita e quindi quello che probabilmente accadrà, sino al collasso ambientale che si prospetta sempre più prossimo, sia un fenomeno cui già assistiamo che vede aumentare la pressione sul pianeta da parte di pochi privilegiati e la sottrazione di risorse e la conseguente sempre maggiore esclusione, fino all’indigenza assoluta, del resto dell’umanità.

Il livello di vita della società dei consumi di massa, così come si è affermato nel Nord America e in Europa (e a cui già si affacciano Cina e India) non può essere sostenuto dal pianeta: calcolando l’impatto dei nostri consumi sulla natura (rifiuti e utilizzo delle risorse, la cosiddetta “impronta ecologica”) e estendendo il nostro stile di vita per ogni abitante del mondo, otterremmo che sarebbero necessari cinque pianeti Terra per soddisfare tutte le nuove necessità.

La critica allo sviluppo si articola però in diverse posizioni. Accanto a quella della decrescita che ci ha attratto per la sua radicalità e per la crescente diffusione che sta conoscendo, va registrata un’altra prospettiva che cerca di salvare il concetto di sviluppo mostrando che esso può essere corretto in modo che sia “sostenibile” o “durevole”. Questi due aggettivi sono diventati molto frequenti, specie il primo, nei documenti di molte agenzie internazionali tra cui l’ONU. L’aspetto essenziale del concetto di “sviluppo sostenibile” consiste nella fiducia di potere ricomporre le ragioni dell’economia e della natura. Questa formula racchiude una certa consapevolezza della necessità di un limite alla crescita, ma conserva il primo posto allo sviluppo o forse sarebbe meglio dire, senza tanti infingimenti, alla crescita.

In ultima analisi per saperne di più e per raccordare le risorse intellettuali e le pratiche che in Italia fanno riferimento alla ‘critica dello sviluppo’ abbiamo deciso di redarre una proposta di manifesto con cui rendere visibili e raccogliere in un’ottica di rete le realtà che si muovono sul tema della “critica dello sviluppo”, a partire da una proposta concreta, sul terreno specifico della formazione alle alternative alla “crescita senza fine” (sul terreno economico, sociale, culturale, ecc.).

Il progetto si propone di collegarsi in primo luogo a quanto già esiste, per verificare insieme livelli più ampi di confronto e di pratiche condivise.

*Il manifesto della scuola*

Il progetto di una “Libera Scuola delle Alternative” nasce dalla constatazione che il modello di sviluppo dominante produce anche e sempre più distruzione, degradazione e morte verso il vivente e i viventi.

I tentativi di imbrigliarlo e ‘riportarlo a ragione’ appaiono sostanzialmente falliti: mai come oggi assistiamo al suo devastante trionfo senza regole, favorito dalle organizzazioni economiche e finanziarie internazionali e dalle politiche liberiste dei governi nazionali.

Mai come oggi, però, leggiamo anche i segnali di una sua crisi profonda, di una inadeguatezza strutturale, di un’esposizione palese dei limiti intrinseci alla sua stessa espansione.

La parola ‘decrescita’ nasce da qui: dalla consapevolezza che sia necessario cambiare immaginari, premesse, prospettive di visione e di orientamento, metodologie.

Se le nostre società sono quindi chiamate a cambiamenti così profondi risulta urgente e necessario l’avvio di un intenso processo (auto)formativo che le faciliti in questo impegnativo e complesso percorso di trasformazione.

I processi di apprendimento, a questo livello, infatti, possono essere anche dolorosi, faticosi, frustranti, perché presuppongono una messa in discussione radicale delle nostre abitudini di pensiero e di azione. Per potersi ‘mettere in gioco’ in una ricerca comune così inedita, è importante essere accompagnati in questa ‘sfida’ da sostegni adeguati e da una buona dose di curiosità e creatività.

Ecco perché i metodi di studio e di apprendimento della scuola che proponiamo dovranno tendere, per coerenza, a favorire la presa di coscienza e la partecipazione, il coinvolgimento attivo di ciascuno e di tutti, la co-costruzione di sensi e significati, l’espressività nei suoi vari codici e linguaggi, una forte integrazione tra mente e corpo, teorie e pratiche, discipline e saperi.

Essi dovranno rappresentare un’alta ed evoluta mediazione del conflitto tra efficacia funzionale (mirata a contenuti e compiti) e sensibilità estetica (centrata su relazioni e contesti), mediazione oggi ancora estremizzata a tutto vantaggio dell’efficacia.

Il mercato cerca di impadronirsi di ogni conoscenza, anche ‘altra’; le istituzioni che dovrebbero occuparsi di ricerca sono disabituate a ‘leggere/ascoltare’ il territorio e i processi di apprendimento degli attori che vi intervengono; i movimenti sociali e tutti i soggetti che sviluppano esperienze alternative rischiano di non avere orizzonti comuni di riferimento ‘teorico’: la natura relazionale e cooperativa della produzione del sapere fatica ad emergere.

Proponiamo quindi una scuola in grado di leggere i bisogni dei territori, per favorirne i processi di autosviluppo sostenibile; di decostruire i quadri di riferimento tradizionali per cercare di impedire che il sistema dominante inglobi il significato di ogni pensiero ed azione sociale e ‘solidale’; di puntare sugli apprendimenti cooperativi, reticolari, tra pari per mostrare in concreto come si costruiscono le relazioni collaborative di rete; di basarsi sulla condivisone della conoscenza, considerandola ‘bene comune’, per contrastare i processi di privatizzazione e di criminalizzazione delle conoscenze sociali; di praticare percorsi non solo analitici, ma che sviluppino la capacità dei partecipanti di reinterpretare la propria soggettività.

Una scuola davvero alternativa, quindi, non solo per i temi, ma anche per i suoi metodi.

Hugo Chávez y el Socialismo del siglo XXI

El libro “Hugo Chávez y el Socialismo del siglo
XXI”, de Heinz Dieterich, explica con claridad el funcionamiento de la
economía de mercado capitalista y proporciona al lector las diferencias
cualitativas que tiene el nuevo sistema de producción socialista frente
al capitalismo actual.

Señala el autor que el gobierno del
Presidente Hugo Chávez puede introducir el socialismo económico del
siglo XXI aún en este año 2007 en Venezuela y en la economía mundial.
Agrega que para tal fin tendría que dar tres pasos concretos: a)
Establecer la contabilidad del valor en algunas empresas del estado y
en cooperativas; b) realizar los intercambios entre tales empresas y
cooperativas sobre el principio de equivalencia y c) iniciar procesos
de incidencia democrática participativa de los trabajadores a nivel
macroeconómico, mesoeconómico y microeconómico.

Heinz Dieterich
(Rotemburg, Alemania, 1943) es Doctor en Ciencias Sociales y Económicas
de la República Federal Alemana, analista político y miembro del
Sistema Nacional de Investigadores de México. Ha sido profesor en la
Universidad Autónoma Metropolitana de México y presidente del Foro por
la Emancipación e Identidad de América Latina. Es autor y coautor,
entre otros libros, de: La sociedad global; Nueva guía para la
investigación científica; Los vencedores; Noam Chomsky habla de América
Latina y México; Fin del capitalismo global. El nuevo proyecto
histórico; Las guerras del capital; Cuba y el socialismo del siglo XXI.

Aqui se puede descargar el texto (pdf):  “Heinz Dieterich – El Socialismo del Siglo XXI