Intervista a Yochai Benkler

 

di OmniaCommunia

Milano, 10 maggio 2007. Yochai Benkler presenta il suo libro “La ricchezza della Rete” e noi lo intervistiamo a lungo su produzione orizzontale, commons, proprietà intellettuale e social software. Ecco le sue risposte.

Cos’è la produzione orizzontale (commons-based peer production)? Come trasforma il modo in cui guardiamo all’economia?

Gli elementi in gioco sono due: i commons (beni comuni) e la produzione orizzontale. La parola “commons” si riferisce a un modo di organizzare le risorse. Strade, marciapiedi e piazze sono commons. Significa che tutti possono usarli entro un dato insieme di norme oppure senza alcuna regola, senza chiedere il permesso a nessuno. La produzione basata sui beni comuni può essere commerciale o non commerciale. Per esempio, qualcuno che tiene uno spettacolo in piazza per raccogliere denaro sta seguendo un modello commerciale basato sui commons: sta usando uno spazio comune, a differenza di quello che farebbe in un teatro.

“Produzione orizzontale” si riferisce invece a un fenomeno di cooperazione su larga scala dedicato a un certo progetto o problema. Ciò che caratterizza la produzione orizzontale è che essa rappresenta un modello alternativo di organizzare la gente, rispetto a quelli delle aziende e del mercato. Più che rispondere al comando manageriale o al sistema dei prezzi, i produttori orizzontali (i pari) organizzare le loro attività tramite motivazioni sociali e comunicazione.

L’avvento della produzione basata sui commons in generale, e della produzione orizzontale in particolare, crea un nuovo settore all’interno dell’economia dell’informazione e della conoscenza. Dà vita a nuove fonti di competizione per le imprese consolidate, ma anche a nuove opportunità per quelle imprese che sapranno adattarsi abbastanza rapidamente. I desideri che esaudisce sono vecchi, come il bisogno di enciclopedie, ma lo fa in forme nuove. Inoltre fornisce alle persone cose completamente nuove, in particolare forme di espressione tramite parole, suoni e immagini.

In che modo libertà di espressione e libertà politiche possono essere migliorate da media digitali open access e many-to-many (da molti a molti)?

Ciò che conosciamo, il modo in cui conosciamo, quello che pensiamo del mondo e il modo in cui riusciamo a immaginarlo sono cruciali per la libertà individuale e la partecipazione politica. Il fatto che oggi così tanta gente possa parlare, e che si stia raggruppando in reti di citazione reciproca, come la blogosfera, fa sì che per ogni individuo sia più facile farsi ascoltare ed entrare in una vera conversazione pubblica.

Al contempo, sulla Rete ci sono un sacco di sciocchezze. Ma incontrare queste assurdità è positivo. Ci insegna a essere scettici, a cercare riferimenti incrociati e più in generale a trovare da soli ciò che ci serve. La ricerca di fonti differenti è un’attività molto più coinvolgente e autonoma rispetto alla ricerca della risposta da parte di un’autorità. Quindi ora, quando entriamo nel mondo, adottiamo due atteggiamenti politicamente interessanti. Innanzitutto vediamo le cose con gli occhi di chi può commentare ciò che vede in una piattaforma politica di un certo peso. E lo facciamo con uno sguardo da critici scafati, invece che da credenti.

Quali forze politiche, in Europa e America, stanno supportando produzione sociale, libertà digitali e riduzione della protezione monopolistica garantita da brevetti e copyright?

Credo che ci troviamo di fronte all’emergere di un movimento per l’accesso globale alla conoscenza che rappresenta la risposta alle spinte degli anni Ottanta e Novanta in direzione dell’estensione di brevetti e copyright in ogni aspetto dell’innovazione e della creatività e della loro integrazione nel sistema globale del commercio tramite gli accordi Trips all’interno della Wto. Di questo movimento fanno parte alcune alleanze sorprendenti. Un primo elemento è costituito dalle organizzazioni tradizionali della società civile: associazioni di consumatori e gruppi per i diritti civili che percepiscono l’importanza della partecipazione degli individui alla produzione del loro ambiente informazionale.

Un altro elemento è rappresentato dai programmatori. L’emergere del movimento del free software ha portato più di un milione di informatici, soprattutto negli Stati uniti e in Europa, alla consapevolezza di subire gli effetti di copyright e brevetti, e li ha politicizzati in modi che per gli ingegneri del passato sarebbero risultati estremamente atipici. Gli scontri su musica e video, insieme alle disponibilità su larga scala di strumenti che rendono qualunque teenager un potenziale creativo (e un potenziale criminale) hanno guidato il movimento degli studenti per la free culture e quello dei Creative Commons.

Al contempo, le maggiori aziende di tecnologia dell’informazione stanno comprendendo che l’ecosistema legale all’interno del quale si trovano a operare sta alzando i costi che esse devono sopportare senza dar loro alcun vantaggio reale. Molte aziende di It si trovano a spendere milioni di dollari in brevetti che hanno solo scopi difensivi, e a doversi preoccupare della possibilità che i loro standard vengano trafugati dal possessore di un brevetto, oppure che chi detiene un diritto di proprietà intellettuale li citi in giudizio per cifre astronomiche a causa di una tecnologia da loro sviluppata.

Anche alcuni paesi in via di sviluppo, in particolare il Brasile, hanno cominciato a fare causa comune con questa grande coalizione sotto la sigla “A2K” – Access to Knowledge. Si tratta di un movimento molto simile a quello apparso negli Stati uniti tra il 1999 e il 2001, quando organizzazioni della società civile e compagnie tecnologiche cominciarono a formare una lobby che per quasi un decennio ha prevenuto l’approvazione di leggi o regolamenti che facessero gli interessi degli incumbent dell’economia industriale dell’informazione. Inoltre è simile al movimento europeo contro la brevettazione del software. Ma ora sta raggiungendo dimensioni globali.

Il 2006 è stato l’anno del social networking e del web 2.0. Credi che finiranno come la bolla delle dot-com o che sia davvero possibile cavarne un sacco di denaro, come sembrano inclini a credere Google e Murdoch?

Innanzitutto, non dovremmo confondere l’esplosione del folle stock market con un fallimento del decollo di internet. Non scordiamocelo: Google, Amazon, eBay, eccetera sono tutte aziende sorte prima e durante e rimaste in vita dopo l’esplosione della bolla. Le pratiche sociali ed economiche dell’industria dell’informazione sono cambiate e il risultato è stato un aumento enorme del valore e della produttività delle aziende. Non prendiamo la Bolla 1.0 soltanto come un periodo di inganni. È stata una fase di crescita, innovazione e sviluppo enormi, che è finito soffocato da avidità e follia. È la seconda parte, non la prima, a essere collassata.

Credo insomma che web 2.0 e social networking rappresentino una combinazione di innovazioni fondamentali – alle quali dedico molto spazio nel mio libro – e di inganni e tentativi di fare un sacco di soldi in poco tempo. Prima o poi, non possiamo sapere se fra uno o cinque anni, un bel po’ di gente diventerà avida e sconsiderata e perderà denaro. Ma ciò non renderà meno reali o meno stabili i nuovi modelli economici, l’innovazione e la crescita. Per cui sì, credo che ci sia un intero schieramento di modelli economici attorno ai commons informazionali. Alcune imprese stanno già facendo grandi guadagni, altre ci stanno gettando un sacco di soldi e c’è molta incertezza. Ma il cambiamento cruciale in direzione della decentralizzazione del capitale umano e fisico e le opportunità rappresentate dall’integrazione di questi esseri umani dotati di nuove capacità all’interno delle pratiche sociali ed economiche ci saranno ancora.

I principi della teoria liberale della giustizia richiedono che le amministrazioni pubbliche e le istituzioni educative utilizzino software libero/open source?

No, non credo che si debbano derivare scelte così specifiche dalla teoria liberale. Le amministrazioni hanno molte responsabilità, incluso assicurare l’uso di software eccellente, per esempio utilizzabile dai bambini come dagli studenti. Se il free software non risponde a queste caratteristiche, allora è legittimo che un governo decida di non usarlo.
Però credo che le istituzioni pubbliche ed educative non debbano avere pregiudizi in favore dei modelli proprietari solo perché esistono e sono stati oggetto di attività di lobby.

Devono verificare le applicazioni disponibili e pensare a lungo termine, riflettendo sull’alfabetizzazione informatica e su quanto la differenza tra i due modelli possa aumentare nei ragazzi la consapevolezza relativa a ciò che stanno usando e a come usarlo. Se una piattaforma rischia di diventare monopolistica o se le capacità del sistema vengono azzoppate affinché aderiscano alle esigenze dell’industria, come nel caso dei cosiddetti trusted system, allora sì: l’uso di sistemi aperti acquisisce grande valore e può diventare una strategia cruciale.

Tuttavia ci sono altri aspetti che supportano l’adozione del free software. Lo sviluppo, per esempio, è fortemente influenzato dal software libero perché quest’ultimo facilita la nascita di un mercato interno per i programmatori, che possono quindi partecipare al mercato globale dei servizi software in modo più immediato rispetto a quanto potrebbero fare se conoscessero solo i sistemi proprietari e quindi per l’accesso alla competizione dipendessero dalle licenze. La Difesa e i sistemi della sicurezza nazionale tendono a utilizzare free software, in parte per la sua robustezza, ma soprattutto perché garantisce indipendenza da qualunque azienda e possibilità di adattare il software alle proprie esigenze.

Per riassumere: ci sono molti buoni motivi per adottare il software libero, nelle scuole e in qualunque altro luogo. Dal mio punto di vista, l’impegno a favore di un’infrastruttura comune e aperta, incluso il livello del software, è coerente con l’impegno in direzione della libertà e della giustizia. Questo impegno dovrebbe informare le decisioni pubbliche, ma non sono certo che debba sovrastare altre considerazioni politiche.

L’Economia politica della Produzione Peer to Peer

di Michel Bauwens,  C-Theory – 12 gennaio 2005 (Traduzione italiana di Robin Good)

Da quando Marx ha identificato gli stabilimenti manufatturieri di Manchester come il simbolo della nuova società capitalista, la vita sociale ha subito enormi trasformazioni. Ora che i sistemi sociali, politici ed economici si stanno trasformando in network distribuiti sta emergendo una nuova dinamica umana: il  peer to peer (P2P). Il P2P fa emergere un terzo modello di produzione, un terzo modello di governo, ed un terzo modello di proprietà, in grado di riconfigurare l’economia politica. Questo essay sviluppa il concetto di P2P e cerca di spiegare i nuovi processi sociali che ne derivano.

Peer to Peer

Il P2P non si riferisce a tutti i processi che hanno luogo in network distribuiti: Il P2P designa in maniera specifica tutti quei processi che hanno come obiettivo accrescere la partecipazione da parte di attori che hanno uguale potere. Definiremo in maniera specifica le caratteristiche dei processi P2P.

Processi P2P:

  • Produzione di valore d’uso attraverso la libera cooperazione di produttori che hanno accesso a capitali distribuiti: questo è il modello di produzione P2P, un terzo modello di produzione, differente dal modello capitalista e da quello della produzione da parte di imprese statali. Questo prodotto non è un valore di scambio per il mercato, ma un valore d’uso per una community di utenti.
  • Sono governati da community di produttori stessi, e non dal mercato e dalle aziende. E’ una modalità di governo P2P, o ‘terza modalità di governo.’
  • Producono valore d’uso liberamente accessibile su base universale, attraverso un nuovo regime di proprietà. Questo è un ‘modello di proprietà Peer’: una ‘terza modalità di proprietà,’ differente da quella privata e da quella pubblica.

L’infrastruttura del P2P

Di che cosa c’è stato bisogno per facilitare l’emergere di processi peer to peer ? Il primo requisito è stato l’esistenza di un’infrastruttura tecnologica che funziona per processi peer to peer e permette un accesso distribuito a capitali “fissi”. I computer individuali che permettono ad una macchina universale di eseguire un compito logico sono forme di “capitali fissi” disponibili a basso costo a molti produttori. Internet, come network punto punto, è stato progettato specificatamente per la partecipazione dei computer degli utenti senza l’uso di hub obbligatori. Sebbene non sia totalmente nelle mani dei partecipanti, Internet è controllato, attraverso un governo distribuito, e fuori della completa egemonia di un privato particolare o di attori di Stato. Gli elementi gerarchici di Internet ( come i  protocolli IP, e i  Domain Name System decentralizzati, etc…) non dissuadono la partecipazione. I comunicatori virali, o meshworks, sono una logica estensione di Internet. Con questa metodologia, gli strumenti creano i loro network attraverso l’uso di capacità in eccesso, bypassando il bisogno di un infrastruttura pre-esistente . Il movimento ‘Community Wi-Fi’, il gruppo di pressione  Open Spectrum, la televisione file-serving e infrastrutture di telecomunicazione meshwork-based sono esempi di questo trend.

Il secondo requisito è un’informazione alternativa e sistemi che permettono la comunicazione autonoma tra agenti cooperativi. Il Web (in particolare il Web scritto e il Web 2.0) con la sua produzione autonoma, la distribuzione e il consumo di materiale scritto, di podcast e webcast crea un’informazione alternativa ed un’infrastruttura di comunicazione per la creazione audio e audiovisuale. L’esistenza di questa infrastruttura permette la produzione autonoma di contenuti che possono essere distribuiti senza l’intermediario dell’editoria classica e dei media (sebbene possano nascere nuove forme di mediazione)

Il terzo requisito è l’esistenza di un’infrastruttura software per una cooperazione globale autonoma. Un numero crescente di strumenti di collaborazione come blog e wiki uniti a software per il social networking facilitano la creazione di capitali sociali, rendendo possibile la creazione di gruppi globali che possono creare valore d’uso senza un intermediario o la distribuzione attraverso imprese.

Il quarto requisito è la creazione di un’infrastruttura legale che permette la creazione del valore d’uso e lo protegge dall’appropriazione privata. La General Public License (che proibisce l’appropriazione del codice del software), la correlata  iniziativa Open Source, e certe versioni di licenze  Creative Commons hanno questo ruolo. Queste permettono la protezione del valore d’uso comune ed usano le caratteristiche virali per diffonderlo. La  GPL e il materiale correlato possono essere usati solo in progetti di pubblico dominio.

Il quinto requisito è culturale. La diffusione dell’intelligenza umana, (l’ontologia), dei modi di conoscere (epistemologia) e della costellazione di valori (axiologia) servono a creare il tipo di individualismo cooperativo di cui c’è bisogno per sostenere un’etica che permette i progetti P2P.

Le caratteristiche del P2P

I processi P2P accadono in network distribuiti. I network distribuiti sono network in cui agenti autonomi possono determinare liberamente il loro comportamento e i propri collegamenti senza bisogno di un intermediario obbligatorio. Come afferma Alexander Galloway nel suo libro sul potere protocollare i network distribuiti non sono come i networkk decentralizzati che hanno bisogno di hub obbligatori. Il P2P è basato sul potere distribuito e sull’accesso distribuito alle risorse. In un network decentralizzato come il sistema degli aereoporti americano, gli aerei devono muoversi secondo hub determinati; nei network distribuiti come Internet, gli hub possono esistere ma non sono obbligatori e gli agenti possono sempre scegliere.

I progetti P2P sono caratterizzati da una equipotenzialità e da un ‘anti-credenzialismo.’ Questo significa che non esiste una selezione a priori di chi partecipa. La capacità di cooperare è verificata durante il processo di cooperazione stesso. I progetti sono aperti a tutti i partecipanti che hanno le abilità di contribuire al progetto stesso. Queste capacità sono verificate e validate in maniera comune nel processo di produzione stesso. Questo è evidente in processi di publishing aperto come quelli di  citizen journalism: tutti possono postare e ciascuno può verificare la veridicità e la qualità dell’articolo. I sistemi di reputazione sono usati per una validazione in comune. Il filtro è a posteriori, non a priori. L’Anti-credenzialismo è contrastato nelle peer review, dove le credenziali sono un pre-requisito per partecipare.

I progetti P2P sono caratterizzati da oloptismo. L’oloptismo è la capacità dei processi peer to peer di permettere ai partecipanti il libero accesso a tutte le informazioni riguardo agli altri partecipanti; non in termini di privacy ma in termini di accesso agli obiettivi, alle statistiche e alla documentazione del progetto per intero. Questo in contrasto con il panoptismo che è caratteristico dei processi gerarchici: Questi processi sono progettati per riservare la conoscenza totale ad un’elite, mentre i partecipanti possono avere accesso solo alle basi elementari del progetto. Comunque con i progetti P2P, la comunicazione non è top-down, non è basata su regole, ma il feedback è sistemico, integrato nel protocollo del sistema cooperativo.

Questo prima parte non esaurisce le caratteristiche della produzione peer to peer. Nella seconda e terza parte di questo essay, continueremo a investigare questi processi e il loro rapporto con i modelli esistenti di produzione.

P2P e altre modalità di produzione

Per spiegare questa modalità ci serviamo della Teoria dei Modelli Relazionali dell’antropologo Alan Page Fiske, discussa nel suo lavoro più famoso Structures of Social Life. Il fatto che le modalità di produzione siano inserite in relazioni inter-soggettive, caratterizzate da particolari combinazioni relazionali, ci fornisce il sistema necessario per distinguere il P2P. Secondo Fiske, ci sono quattro tipi di dinamiche intersoggettive valide nello spazio e nel tempo; usando le sue stesse parole:

“Le persone usano quattro modelli fondamentali per organizzare la maggior parte degli aspetti della socialità in tutte le culture. Questi modelli sono: Condivisione di beni comuni, Gerarchia secondo autorità, Valutazione secondo mercato e Comparazione secondo uguaglianza. Condivisione di beni comuni (CS) è la relazione nella quale le persone trattano alcune diadi o gruppi come equivalenti ed indifferenziati rispetto al dominio sociale in questione. Esempi sono persone che usano beni in comune (CS rispetto all’utilizzazione di una particolare risorsa), persone innamorate intensamente (CS rispetto al sé stesso sociale), persone che non chiedono da chi arriva una cosa e per chi è (CS rispetto al sé stesso in comune), o persone che uccidono qualsiasi membro di un gruppo nemico per rappresaglia all’attacco (CS rispetto alla responsabilità collettiva). Nella Gerarchia secondo autorità (AR) le persone hanno posizioni asimmetriche , il subordinato rispetta e (forse) obbedisce ai superiori ed è responsabile per i subordinati. Gli esempi sono: le gerarchie militari (AR nelle decisioni, controlli, e molte altre materie), culti ancestrali (AR per pietà filiale, per aspettative di protezione e norme di rispetto), morali di religioni monoteistiche (AR per la definizione di giusto e sbagliato, per comandamenti e volontà di Dio),Sistemi di status sociale come classi o etnie (AR rispetto al valore sociale dell’identità), e classifiche come quelle sportive (AR con rispetto al prestigio). Le relazioni AR sono basate su percezioni di asimmetrie legittimate senza nessun potere coercitivo;  Nelle comparazioni secondo uguaglianza (EM) le persone possono tracciare il bilancio e la differenze tra partecipanti e sapere che cosa sarebbe richiesto per restaurare l’equilibrio. Le manifestazioni comuni sono: il turn-taking (l’interazione a turno), le elezioni una persona – un voto, le distribuzioni in maniera uguale, e la vendetta basata su occhio per occhio dente per dente. Gli esempi includono: sport e giochi (EM con rispetto alle regole, alle procedure, all’attrezzatura e al terreno, l’attività di baby-sitter in cooperazione (EM con rispetto allo scambio di cure per il bambino)  e restituzione in natura. Nella Valutazione secondo mercato le relazioni sono orientate secondo ragioni di significato sociale come prezzi, paghe, interessi, affitti, e analisi costi benefici. I soldi non hanno bisogno di essere il medium, e le relazioni di prezzo di mercato non hanno bisogno di essere materialistiche, — ciascuno dei quattro modelli può esibire ciascuna di queste caratteristiche -. Le relazioni di valutazione secondo mercato non sono necessariamente individualistiche; una famiglia può essere un’unità CS o AR che fa funzionare un business secondo la modalità MP rispetto ad altre imprese. Esempi sono: Una proprietà che può essere comprata, venduta, o trattata come capitale d’investimento (terre o oggetti come MP), matrimoni per contratto in termini di costi e benefici per il partner, prostituzione (sesso come MP), standard burocratici (allocazione di risorse come MP), giudizi di utilità rispetto alle cose migliori per il più grande numero di persone, o standard di equità di diritti in proporzione ai contributi. (due forme di moralità come MP), considerazioni sul trascorrere il tempo in maniera efficace, e stime razionali di omicidi (aggressione come MP)”.

Ogni tipo di società è un mix di questi quattro modelli, , ma capita che uno di questi domini gli altri. Storicamente, la prima modalità dominante è stata la relazione di parentela o la casata basata sulla reciprocità, le cosiddette economie tribali del dono. L’aspetto relazionale chiave era l’appartenenza. I doni creavano obbligazioni e relazioni costruendo campi di scambio. Le società di tipo agricolo e feudale erano dominate dalla gerarchia secondo autorità, basata sulla fedeltà. In fine, è chiaro che l’economia capitalista è dominata dalla valutazione secondo mercato.

P2P ed economia del Dono

P2P è spesso descritto come ‘economia del dono’ (leggi Richard Barbrook come esempio. Comunque c’è qualcosa di fuorviante a riguardo. La ragione chiave sta nel fatto che il peer to peer non è una forma di eguaglianza; non è basata sulla reciprocità. Il P2P segue l’adagio: ogni contributo secondo le proprie capacità e volontà, e ciascuno secondo i propri bisogni. Non esiste obbligo di reciprocità. Nelle forme pure di peer to peer, i produttori non vengono pagati. Se c’è un dono, è un dono non reciproco e la produzione di valore d’uso non crea un’obbligazione. L’emergere del peer to peer è contemporaneo con nuove forme di economia del dono, come i sistemi di Commercio di Scambio Localie l’uso delle valute complementari basate sulla reciprocità.

Queste forme non sono complementari dal momento che sia gli scambi che gli azionisti derivano dallo stesso spirito di scambio. La produzione peer può facilmente operare nella sfera delle merci immateriali, dove l’input è il tempo libero e il surplus disponibile di risorse di computer. Schemi basati sulla reciprocità e sulla produzione cooperative sono necessari nella sfera materiale dove avvengono i costi del capitale.

Attualmente, la produzione peer non offre nessuna soluzione alla sopravvivenza materiale dei propri partecipanti. Le persone sono ispirate dall’etica egualitaria, dall’economia sociale e da altri schemi dai quali possono ottenere un reddito. In questo senso gli schemi sono complementari.

P2P e Gerarchia

Il P2P non è meno gerarchico, ne meno strutturato, ma di solito è caratterizzato da gerarchie flessibili e strutture basate sui meriti che di solito premiano la partecipazione. La leadership è anche ‘distribuita’. Molto spesso, i progetti P2P sono condotti da una base di fondatori che portano avanti gli obiettivi del progetto e che coordinano il vasto numero di individui e micro team che lavorano sulle parti specifiche. La loro autorità e leadership deriva dal fatto che hanno fondato il progetto e ne sono continuamente coinvolti. E’ vero che i progetti peer sono spesso condotti da una ‘dittatura benevola’; comunque, non si deve dimenticare che dal momento che la cooperazione è interamente volontaria, l’esistenza è basata sul consenso della comunità di produttori, e c’è sempre la possibilità di creare nuovi progetti indipendenti.

La relazione tra autorità e partecipazione, e la sua evoluzione storica, è stata studiata da John Heron:

“Sembrano esserci quattro gradi di sviluppo culturale: culture autocratiche che definiscono i diritti in modo limitato ed oppressivo e non esistono diritti di partecipazione politica, culture strettamente democratiche in cui esiste una partecipazione politica attraverso la rappresentazione, ma la partecipazione delle persone alle decisioni in materia religiosa, educativa o industriale non esiste o è limitata, culture maggiormente democratiche in cui esistono vari gradi di partecipazione politica, culture P2P in network globali libertari con uguali diritti di partecipazione di tutti in ogni impresa. Questi quattro gradi possono essere stabiliti in termini di relazioni tra gerarchia, cooperazione e autonomia. La gerarchia definisce, i controlli, la cooperazione e l’autonomia; La gerarchia decide solo la misura della cooperazione e l’autonomia nella sfera politica; La gerarchia decide la misura della cooperazione e dell’autonomia nella sfera politica e in vari gradi in altre sfere; L’unico ruolo della gerarchia sta nell’emergenza spontanea e nella stimolazione della cooperazione in tutte le sfere delle imprese umane”.

P2P e Comparazione secondo uguaglianza

Con il P2P, le persone costruiscono e cooperano in maniera volontaria secondo il principio “da ciascuno secondo le proprie abilità a ciascuno secondo i propri bisogni.” Il valore d’uso creato dai progetti P2P è generato attraverso la libera cooperazione, senza coercizione nei confronti dei propri produttori e gli utenti hanno libero accesso al valore d’uso risultante. Le infrastrutture legali che abbiamo descritto creano gli ’’Information Commons.’ Questi sono collegati alle vecchie forme (le terre per i contadini del medioevo e le mutualità dei lavoratori nell’età industriale), ma anche differiscono per le loro caratteristiche immateriali. I vecchi Commons erano localizzati e spesso regolati da community specifiche; I nuovi Commons sono disponibili universalmente e regolati da collettività cyber globali che hanno interessi in comune. I nuovi Commons non sono basati sulla concorrenza perchè lavorano in un contesto di abbondanza, mentre le vecchie forme di commons fisici (acqua, aria, etc) si sviluppavano in un contesto di scarsità ed apparivano maggiormente regolati.

Fine II Parte di III (“P2P and the Market: The Immanence vs. Trascendence of P2P”)