Peers Inc, l’azienda peer-to-peer

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Dieci anni fa, Robin Chase fondò Zipcar negli Stati Uniti, divenuta ora la più grande società di car-sharing del mondo. Attualmente Robin sta analizzando il livello successivo al car-sharing: Buzzcar, una start-up francese che permette alla gente di noleggiare la propria auto ad altre persone. I dettagli sono affascinanti (come funziona l’assicurazione, esattamente?), e una visione più ampia (ciò che lei chiama Peers S.r.l.) mira ad una nuova definizione di proprietà e di imprenditorialità.

Teoria monetaria moderna e teoria fiscale postmoderna

Teoria fiscale postmoderna

di Chris Cook , Financial Times –  24 febbraio 2012

Il testo seguente è dell’ospite Chris Cook, membro ricercatore anziano dell’Institute for Security and Resilience Studies all’University College di Londra. Il suo lavoro è concentrato su una nuova generazione di mercati collegati in rete che, secondo Chris, saranno necessariamente disintermediati, aperti, decentrati e, perciò, resilienti.

Facendo seguito all’impennata di interesse per la Teoria Monetaria Moderna (MMT) sono stato tanto imprudente da commentare che l’intuizione centrale della MMT – che la moneta a corso forzoso sia uno strumento creditizio che alla fine si basa sul potere del governo di imporre tasse – sia resa confusa da dispute su quale sia concretamente la base corretta della tassazione o, in realtà, se addirittura una tassazione debba esserci.

Il blog Alphaville del Financial Times mi ha invitato a fornire un testo sulla ‘Teoria Fiscale Moderna’ che io ho suggerito. Ma ho deciso di andare più in là e di documentare la mia idea che in un mondo di collegamenti diretti il Tesoro non è più necessario, come intermediario del credito, di quanto lo sia la Banca.

La Teoria Fiscale Postmoderna guarda all’economia collegata in rete, decentrata e disintermediata che emerge rapidamente dalle macerie dell’ottobre 2008.

Lo Zen e l’arte dell’economia

Comunque che cos’è il Valore?  Secondo J.A.Wheeler “la realtà è definita dalle domande che le si pongono.”

Secondo me il Valore è definibile soltanto in termini relativi, facendo riferimento a un’unità di misura o a un’unità di conto convenzionale. L’unità di misura convenzionale è simile a un metro come unità di misura standard di lunghezza e a un chilogrammo come unità standard di peso.

Quali sono le fonti o le basi del Valore? La mia analisi è la seguente.

Localizzazione – spazio tridimensionale:  risorsa rivale immateriale, effettivamente finita;
Energia – materiale o immateriale, statica o dinamica – un insieme di risorse rivali finite (non rinnovabili) ed effettivamente infinite (rinnovabili);
Intelletto – (i) soggettivo, ovvero quel che sta tra le due orecchie, compresa la conoscenza, le competenze, l’esperienza, l’intuizione, i contatti, il senso pratico e così via, e (ii) oggettivo: schemi o dati energetici, indipendenti dalla localizzazione, e soprattutto … risorsa infinita e non rivale.

Localizzazione, Energia e Intelletto non rivale sono beni produttivi soggetti ai diritti di proprietà e di utilizzo. Da quando la schiavitù è stata abolita, gli individui produttivi non possono essere oggetto di proprietà, ma possono sottoporsi a obbligazioni, come i debiti. Più in tema, possono contrattare l’utilizzo della loro Manodopera (energia, o Lavoro non
qualificato) e il valore d’uso dell’Intelletto soggettivo (Lavoro qualificato) con cui mettono in uso la propria energia nel modo migliore.

Ritorno al futuro

Lo strumento finanziario che sosterrà quello che Gillian Tett chiama un “Volo verso la semplicità” risale a molte centinaia se non a migliaia di anni fa. La sua stessa esistenza sostiene la causa della MMT ed è stata nebulizzata via dalla storia economica per oltre cento anni.

Per circa 500 anni i sovrani hanno finanziato le loro spese consegnando, in cambio dei valori ricevuti, un “Titolo” ai fornitori e agli investitori. Tale titolo – che assunse la forma di metà di un regolo di misura di legno (tally stick) – poteva essere restituito al ministero delle finanze in regolamento di obblighi fiscali. Non si trattava di una ricevuta di, ad esempio, oro tenuto in custodia o di un valore ricevuto; il titolo era, ed è tuttora, un pagherò o strumento creditizio (i titoli sovrani [documenti dai margini dorati] sono uno strumento creditizio datato).

La stessa espressione “tasso di ritorno” [oggi intesa generalmente come ‘redditività’ – n.d.t.] deriva dal tasso al quale il titolo può essere restituito all’emittente e tale tasso dipende all’esistenza, e dal tasso, di circolazione del valore. Creando una nuova generazione di titoli dalla circolazione di valore derivante dalla popolazione produttiva e dai beni produttivi, ad esempio il valore di rendita, o il valore energetico, possiamo rifondare completamente il credito e la moneta e consentire investimenti patrimoniali paritari diretti (“Peer to Asset”) e credito paritario diretto (“Peer to Peer”).

Come ha detto Minsky: “Qualsiasi entità economica può emettere moneta. Il vero problema è farla accettare.”

La legge è il codice

Una nuova generazione di codice legale sta ora emergendo: o, piuttosto, sta riemergendo in forma moderna un codice antico. Accordi normativi unilaterali imposti dallo “Stato di diritto” anglosassone per gestire rapporti conflittuali sono sostituiti da semplici accordi consensuali mirati a un fine comune. Questa è prassi normale a est di Suez; la battuta si
basa sul fatto che ci sono tanti lottatori di Sumo negli Stati Uniti quanti avvocati ci sono in Giappone.

Il tema e l’accettazione di una nuova generazione di Titoli o monete richiedere un tale accordo consensuale – un contesto di fiducia – all’interno del quale interagiranno i vari interessati. Uno dei risultati chiave è che gli intermediari passeranno al nuovo ruolo di fornitori di servizi.  Per gli scettici, puntualizzo innanzitutto che la disintermediazione è già in corso. Uno dei motivi dell’attuale bolla dei prezzi delle materie prime è che le banche non dispongono più del capitale per intermediare i rischi di mercato e hanno convinto investitori avversi al rischio a farlo su vasta scala. Le banche realizzano utili sostanziosi da un capitale minimo, dimostrando che la disintermediazione è effettivamente nel loro interesse finanziario.

Secondo: i P & I Clubs [Protection & Indemnity Club – Associazioni in generale mutue di assicurazione (Protezione e Indennizzo) prevalentemente nel campo dei trasporti marittimi – n.d.t.] con sede a Londra hanno a lungo assicurato mutualmente e assunto rischi in associazione che gli intermediari assicurativi non sono disponibili o non sono in grado di
assumere e per 135 anni un fornitore di servizi, la Thomas Miller, ha amministrato questi club e i relativi rischi.

Un parametro energetico

Anche se in futuro assisteremo a credito basato sulle persone e a monete basate su beni, resta il problema di quale unità convenzionale di conto debba essere utilizzata per dare un prezzo agli scambi di valore.

Una unità di energia è l’unico assoluto e allo stesso modo in cui i tappeti non sono misurati in anni luce o in unità angstrom, l’ “Unità Energetica Standard” dovrebbe essere relativa all’esperienza quotidiana, ad esempio l’equivalente energetico di 10 kilowattora. Si noti che questa unità di conto non è la stessa cosa della moneta basata sull’energia che può evolversi ed essere scambiata con riferimento al parametro.

Prevedo due grandi tendenze parallele.

La prima: soluzione dell’insostenibile debito ipotecario (basato sulla proprietà immobiliare) con il passaggio a una nuova generazione di titoli basati sui valore di rendita in uno scambio debito/capitale su vasta scala.

La seconda: transizione a un’economia sostenibile attraverso investimenti diretti in ‘Titoli energetici’ e il Grande Affare del ventunesimo secolo sarà costituito dallo scambio del valore intellettuale con il valore dell’energia risparmiata: NegaWatt e NegaBarili.

L’adozione di uno Standard Energetico conduce a nuovi calcoli che costituiscono la base di tutte le decisioni economiche. L’Economia del Dollaro diventa l’Economia dell’Energia.

Da Socialforge, un laboratorio di creazione sociale
www.socialforge.org
Originale: http://ftalphaville.ft.com/blog/2012/02/24/896381/guest-post-post-modern-fiscal-theory/
Traduzione di Giuseppe Volpe
Copyright  © 2012 Socialforge.org – Licenza Creative Commons CC BY-NC-SA 3.0

Peer-to-Peer e Marxismo, analogie e differenze

E il dibattito ha inizio … Peer-to-Peer e Marxismo: analogie e differenze
Jean Lievens intervista Michel Bauwens

3 gennaio 2012

Pubblichiamo un’intervista molto importante e dalla tempistica critica sul rapporto tra P2P e Marxismo. Condotta da Jean Lievens con il fondatore della Fondazione P2P Alternatives, Michel Bauwens, su alcuni aspetti della sua teoria P2P e della teoria Marxista, l’intervista potrebbe rappresentare l’apertura del più grande dibattito dei prossimi anni. Anche se l’ascesa del ‘modo di produzione P2P’ e i nuovi processi politici P2P sono stati ovviamente più che determinanti nel processo di cambiamento sociale che si è attivato nel 2011, con il contributo di tale produttivo dibattito saremmo in grado di ricavare proiezioni molto più chiare sulle alternative reali al capitalismo e su come far sì che tali alternative si realizzino. In seguito alla morte della ‘condizione postmoderna’ e con il ritorno della ‘guerra di classe’, tale dibattito creerebbe uno spazio equilibrato per un coinvolgimento costruttivo tra le tradizioni critiche marxista, anarchica e post-marxista.

Il mese scorso ero a Londra dove ho assistito a una conferenza di Michel Bauwens sulle dinamiche peer-to-peer. Ho scritto un articolo in olandese per ‘De Wereld Morgen’. Fortunatamente vi è una versione rielaborata della conferenza in video su Vimeo.  P2P and the Commons as the new paradigm [P2P e i Commons come nuovo paradigma] di David Nixon su Vimeo.  Dopo la conferenza ho contattato Michel per un’intervista.

Tutti conosciamo degli esempi di P2P nel campo immateriale: Linux, Wikipedia, Arduino. Puoi darci degli esempi di P2P nel mondo ‘reale’, materiale, ad esempio nel campo della produzione?

Michel Bauwens: Arduino è già un esempio che tocca la produzione materiale poiché le schede madri progettare collaborativamente sono già prodotte e vendute sul mercato da imprese che usano il marchio Arduino. Un esempio che davvero mi piace è il Nutrient Dense Project [Progetto per l’Alta Densità di Nutrienti], una rete collaborativa di ricerca di agricoltori e di scienziati urbani che utilizza direttamente la ricerca sui nutrienti nella propria produzione immediata. Una delle aree più eccitanti è probabilmente quella delle cosiddette automobili open-source, come la Rallye Motor e il veicolo d’assalto della marina XC2V finanziato dalla Darpa, quest’ultimo basato su contributi di oltre 30.000 progetti. Lo StreetScooter, un’auto elettrica basata su Commons di progettazione imprenditoriale con la partecipazione di oltre 50 imprese è forse la più eccitante, poiché gli ordini sono già affluiti e l’auto dovrebbe essere in circolazione nelle città tedesche entro il 2013. Nella sezione Wiki della Fondazione P2P sul Product Hacking [modifica/personalizzazione di prodotti] (http://p2pfoundation.net/Product_Hacking), abbiamo annotato circa 300 progetti ad hardware aperto ma essi sono solo la punta dell’iceberg. Aiuta a distinguere la fase di progettazione, in cui le fonti partecipative e la collaborazione non sono qualitativamente diverse dalla collaborazione nel software, dalla fase della ‘fabbricazione’ che richiederebbe un’infrastruttura per la produzione aperta e distribuita che è solo marginalmente disponibile. Ma nel campo della fabbricazione abbiamo sviluppi eccitanti in direzione di infrastrutture materiali condivise quali gli spazi di co-lavoro e di modifica/personalizzazione, i sistemi di prodotti-servizi per la condivisione della auto e molti altri servizi e la miniaturizzazione della produzione mediante la stampa in 3D e i Fab Labs [Laboratori di Fabbricazione basati su trasmissione telematica di progetti], i quali hanno tutti anche versioni e aspetti open source.

Tu paragoni la transizione3 dal capitalismo al P2P alla transizione dalla schiavitù al feudalesimo, o dal feudalesimo al capitalismo. In entrambi i casi c’è stato uno scambio reciproco tra il vertice e la base. A Londra hai solo trattato della prima: gli schiavi che abbandonano il sistema e i proprietari di schiavi che trasformano gli schiavi in servi che stavano meglio di prima, ma che dire della transizione dal feudalesimo al capitalismo? Ci fu la nascita di una nuova classe e la trasformazione dei nobili in capitalisti, ma è arduo affermare che gli operai stessero meglio di prima. Dunque dov’è il cambiamento positivo in basso?

Michel Bauwens: La transizione da una forma di società di classi diseguali a un’altra è sempre problematica per le classi produttrici di valore che stanno in basso. Si può sostenere che la servitù sia intrinsecamente una posizione migliore della schiavitù, ma ha continuato ad essere sfruttamento e dominio e molti servi in precedenza erano contadini liberi. La situazione con il capitalismo non è tanto diversa; anche se ci sono state, e ci sono, tante privazioni i diritti formali dei lavoratori costituiscono certamente un miglioramento e, almeno per la classe operaia occidentale, c’è stato per un lungo
periodo un miglioramento sostanziale. Ma nel complesso i sistemi si sono avvicendati    perché il vecchio sistema non era più sostenibile e il nuovo era in generale più efficiente nel creare ricchezze materiali. Tutto dipende dal contratto sociale e dal rapporto relativo delle forze in gioco. Forti movimenti sindacali hanno enormemente migliorato la situazione dei lavoratori e la situazione nel Medioevo, tra il decimo e il tredicesimo secolo, era una situazione di miglioramento della qualità della vita. I precedenti sono, dunque, eterogenei e le persone stessi di solito hanno una chiara idea di quello che deve essere migliorato. Ad esempio quale lavoratore vorrebbe tornare alla servitù come condizione sociale? Poiché ho difficoltà a immaginare una società priva di classi, vedo i produttori paritari in conflitto con il capitale che domina la rete [netarchical] riguardo alle proprie condizioni sociali, ai loro diritti e alle loro vite materiali, fino al momento in cui i produttori paritari diverranno lo strato sociale chiave e i Commons il luogo chiave della creazione del valore. Questo non
è uno scenario scientifico con un finale certo e inevitabile bensì una descrizione del campo di tensione in cui si sviluppa la produzione paritaria.

Per proseguire con questa analogia: vedi sorgere una nuova classe nel capitalismo o una sorta di “capitalisti illuminati” che si rivolgono all’Open Source (come descritto in Wikinomics)?

Michel Bauwens: I Commons sono e saranno sempre più il cuore della creazione di valore, ma del valore continua sostanzialmente ad appropriarsi l’economi di mercato e il capitale dominante la rete è il segmento del capitale che comprende tale cambiamento e vuole trarne profitto. Ciò significa che dovranno sia consentire sia dare potere alla
produzione sociale, ma anche assoggettarla al proprio controllo in modo da potersi appropriare del valore da essa generato. La prima parte li costringe a certi tipi di comportamento strategico che promuove la condivisione, mentre la seconda li costringe a mantenere un contesto generale di continuo dominio. Questa è, in essenza, la nuova tensione sociale dell’emergente era P2P, tra le comunità di produttori paritari e i proprietari delle piattaforme. La chiave per i produttori paritari sta nel conquistare il controllo delle proprie vite e della propria riproduzione sociale e, secondo me, il modo migliore per farlo consiste nel creare i propri veicoli cooperativi/imprenditoriali che chiamo, seguendo i suggerimenti di Neil Stephenson in ‘The Diamond Age” [L’età del diamante] e di LasIndias.net, “Phyllis”, ovvero entità comunitarie/di sostegno che consentano ai cittadini di sostenere il proprio lavoro nei beni comuni e sottrarlo all’economia convenzionale della massimizzazione del profitto.

Riesci a vedere un parallelo tra il P2P e il movimento cooperativo nato nel diciottesimo secolo (socialismo utopico) o con gli hippy e le comuni degli anni sessanta?

Michel Bauwens: L’impulso all’operare in comune è uno degli aspetti permanenti
dell’umanità; con alti e bassi a seconda delle condizioni sociali, e io penso che stiamo
assistendo a una rinascita di tale impulso. Tuttavia c’è una grande differenza: le forme
cooperative di organizzazione possono ora lavorare attorno a Commons di progettazione
aperta e diventare iper-innovative e possono conseguire economie di scale tali da superare
le multinazionali basate sull’azionariato. Le cooperative e le comunità finalizzate non
sono, perciò, più “forme nane” ma in realtà l’avanguardia del nuovo sistema di produzione

P2P. Se si combinano i Commons dell’innovazione aperta condivisa (invece della
proprietà intellettuale privatizzata che rallenta l’innovazione) con queste nuove entità
di massimizzazione dei prodotti e dei Commons, si può conseguire un balzo quantico
nella produttività. E’ per questo che i capitalisti delle reti investono in piattaforme ed
è per questo che l’economia etica alternativa deve fare la stessa cosa, e se lo fa potrebbe
sostituire, nel cuore della nostra economia, le industrie finalizzate al profitto.

Tu dici che dobbiamo preparare un’alternativa al capitalismo. Il movimento
P2P è una specie di ‘fuga’?

Michel Bauwens: La crescita infinita non è possibile in un ambiente finito e noi ora
stiamo toccando i limiti della crescita. Questo significa che il capitalismo è sempre meno
in grado di uscire dai suoi problemi attraverso la crescita e che la percentuale dell’1% può
crescere solo mediante l’esproprio, ed è a questo che stiamo assistendo ora in Europa, con

la Grecia come esempio anticipato di quel che è in serbo per le popolazioni lavoratrici.
Dunque non si tratta di fuga. Il vecchio sistema sta morendo e deve essere sostituito, ma
potrebbe essere sostituito da qualcosa di peggiore, potrebbe regredire come nei primi
secoli dopo la caduta dell’Impero Romano, o potrebbe riorganizzarsi a un livello più
elevato di risultati e complessità, il che è quello che indica l’approccio P2P.

Tu descrivi Occupy come un esempio di produzione paritaria di Commons
politici. In che modo è diverso dai movimenti storici ‘anarchici’ o ‘comunisti’
come la Comune di Parigi, Barcellona 1937 o forse persino la Rivoluzione
Russa?

Michel Bauwens: Se si osserva un’occupazione si vede una comunità che produce
la sua politica autonomamente, senza seguire movimenti politici gerarchici o autoritari
con un programma preordinato; si vedono istituzioni benefiche che si fanno carico
dell’approvvigionamento degli occupanti (cibo, assistenza sanitaria) e la creazione di
un’economia etica attorno al movimento (come il Progetto di Occupy dei Venditori di
Strada). Ciò prefigura una nuova forma di società in cui i Commons sono al cuore della
creazione del valore; questi Commons sono amministrati da istituzioni non a scopo di
lucro e la sussistenza è assicurata mediante un’economia etica. Naturalmente ci sono
precedenti storici, ma ciò che è nuovo è lo straordinario potenziale organizzativo, di
mobilitazione e co-apprendimento delle sue reti. Occupy opera come un’API [Application
Programming Interface – Applicazione di interfaccia di programmazione] aperta con
moduli, quali gli ‘accampamenti di protesta’, le ‘assemblee generali’, che possono essere
utilizzati come modelli ed essere modificati da tutti, senza necessità di una dirigenza
centrale. Ora siamo in grado di avere un coordinamento e un mutuo allineamento globali

di una moltitudine di dinamiche di piccoli gruppi, e ciò richiede un nuovo tipo di guida.
La consapevolezza del momento storico del Picco della Gerarchia, il momento in cui le
reti distribuite asimmetricamente possono sfidare le istituzioni verticali in modi che non
erano possibili in precedenza, costringe i movimenti sociali a guardare a nuove forme di
governabilità … ma queste non sono date e devono essere scoperte sperimentalmente; e,
naturalmente, ci saranno lezioni valide da apprendere dai movimenti del passato!

Affinché il P2P fiorisca davvero, dobbiamo liberarci dei diritti di proprietà
intellettuale, dei diritti d’autore, dei brevetti, ecc. Come pensi che possiamo
riuscirci?

Michel Bauwens: Personalmente non sono un abolizionista puro, perché ritengo che
un mucchio di artisti e creativi credano nella necessità dei diritti d’autore, perciò penso
che possiamo discutere di numeri. Riportare la protezione a periodi ragionevoli di tempo,

non più dei 14 anni originali di protezione, o meno; il Partito Pirata propone un limite di
cinque anni. Accanto a ciò vi è l’offerta di una scelta ai creativi, rendendo popolari licenze
basate sulle scelte, come i Creativi Commons. Ma la priorità sta nel trovare nuovi modi
di finanziare la creazione … ciò si può fare attraverso licenze collettive e altre forme di
finanziamento pubblico, promuovendo e sostenendo modelli di commercio aperti e, alla fin
fine, mediante un reddito minimo, che riconosca che ogni cittadino contribuisce al valore
e lo crea. Questi obiettivi si possono conseguire in parte attraverso l’innovazione sociale
che deriva dalle comunità di produzione paritaria che sperimentano intensamente nuove
forme di commercio, quali il movimento per la cultura gratuita, i Partiti Pirata, e altre
espressioni della nuova cultura della condivisione.

A me pare che il P2P stia creando una specie di “mondo interamente nuovo”,
ma senza alcun riferimento o collegamento all’attuale sistema politico. Se
Occupy rappresenta un’alternativa che si impegnasse in politica, qual è il
collegamento tra la politica paritaria e la democrazia borghese e i partiti
politici?

Michel Bauwens: Questa è una domanda molto difficile e deriva da un paradosso.
Un aspetto è la crescente consapevolezza sociale che la nostra attuale democrazia è una
facciata e che lo stato è stato occupato da una fazione finanziaria predatrice, mentre
i politici non vedono altra via d’uscita che soccombere ai suoi ricatti. Ma l’altro lato
è che le libertà e i diritti popolari e il reddito privato e sociale sono sempre più sotto
pressione, il che porta alla mobilitazione politica e sociale così come a un efficace impegno
politico. Il primo aspetto porta a una continua innovazione democratica dalla nuova
cultura P2P; pensa ai meccanismi di amministrazione paritari nelle comunità paritarie

di produzione; nuove invenzioni, come il voto dinamico, e anche se questi meccanismi
operano all’esterno delle convenzioni vi sono anche inserite nuove forme di creazione
di valore, nuove istituzioni sociali P2P e perciò pronte a crescere. Il secondo aspetto
porta a nuove forze politiche e sociali che operano all’interno del sistema attuale, come
l’emergente Partito Pirata. In Brasile ho sentito che il vivace movimento culturale Eixo
do Foro, che ha una contro-economia funzionante centrata sulla musica, si sta anche
politicizzando e impegnando nella politica locale. Il secondo conduce a quella che chiamo
politica diagonale, ovvero a un mutuo adattamento tra le forze e le prassi emergenti P2P e
le vecchie realtà istituzionali.
Nella misura in cui ciò sia inefficace, allontana dalla soluzione derivante dal primo aspetto,
ovvero prepara a un più radicale e rivoluzionario riordinamento delle nostre istituzioni.
Significativamente un membro del Partito Pirata Svedese ha scritto una volta che il Partito
Pirata è l’ultima possibilità di evitare la rivoluzione. Nella misura in cui l’attuale sistema
rifiuta di adattarsi, in quella misura accresce la necessità e la spinta a trasformazioni più

radicali.

Come valuti l’impatto del P2P sul movimento sindacale? Non mina anche le
strutture burocratiche delle organizzazioni dei lavoratori?

Michel Bauwens: Sono in contatto con giovani attivisti sindacali e del lavoro che sono
forti sostenitori del movimento sindacale in rete e vediamo anche come il movimento
Occupy ha già radicalizzato il movimento sindacale statunitense. Ma alla fine la vecchia
struttura istituzionale e gerarchica dei sindacati, così come la loro crescente incapacità di
proteggere le conquiste sociali nell’attuale sistema regressivo devono anch’esse condurre

a un profondo rinnovamento del movimento sindacale. In un certo modo il movimento
P2P è effettivamente un’espressione del nuovo strato dominante di lavoratori del settore
cognitivo, che in occidente sono il pilastro del lavoro produttivo. P2P è la loro cultura
e quel che deve essere realizzato per realizzare un lavoro produttivo e utile. In quel
senso il movimento P2P è il nuovo movimento del lavoro del ventunesimo secolo, con
gli Indignados e Occupy come prima espressione di quel nuovo sindacato ma anche di
sensibilità civica.

Tu dichiari che P2P rende possibile una nuova e “più elevata” forma di
società. Prima non è stato così perché la tecnologia non esisteva. I Marxisti
dicono la stessa cosa da più di 150 anni. Pensi che si sbagliassero allora,
che forse abbiano ragione oggi oppure P2P è qualcosa di ‘completamente
diverso’?

Michel Bauwens: Considero il marxismo e le altre forme di socialismo e anarchismo,

alla fin fine come un’espressione della dicotomia all’interno del sistema capitalista
industriale e che propongono altre logiche per gestire il modello industriale. Ma P2P è
espressione delle dinamiche di classe e sociali in evoluzione sotto il capitalismo cognitivo.
E anche se il primo era sostanzialmente anti-capitalista e non poteva realmente puntare
a una nuovo modello iperproduttivo di organizzazione della produzione (il socialismo
era un’ipotesi, e gli esempi della sua attuazione reale inevitabilmente hanno deluso; non
vi era un socialismo emergente all’interno del capitalismo e solo il ‘capitalismo di stato’
al di fuori di esso) quello che è diverso nel movimento P2P è che può puntare a modelli
già esistenti che superano in cooperazione e competizione i modelli capitalisti classici,
ovvero è post-capitalista. Marx aveva ragione riguardo al capitalismo ma aveva torto
riguardo al socialismo e io credo che il modello, diretto politicamente, del cambiamento
sociale, quando non sia basato su un modello produttivo già esistente, sia stato mal
concepito. Il movimento P2P è perciò pronto a realizzare quello che i movimenti del
diciannovesimo e ventesimo secolo non hanno potuto realizzare perché a loro non era

disponibile l’alternativa iperproduttiva. La politica del fluire del P2P da una prassi sociale
già esistente, quella è davvero la differenza chiave.
Originale : http://forum.tanit.co/joomla/index.php/forum/5-General-
Discussion-%28public%29/694-Peer-to-Peer-and-Marxism#694

Repost: https://snuproject.wordpress.com/2012/01/03/and-the-debate-begins-peer-to-peer-and-marxism-
analogies-and-differences-jean-lievens-interviewed-with-michel-bauwens/