Vantaggi degli orti urbani collettivi

La creazione di un orto urbano collettivo porta benefici per gli individui, i quartieri, le città e le comunità di cui esse fanno parte.

Vantaggi per i singoli

Salute

L’orto urbano comunitario è un mezzo per avere a disposizione alimenti freschi autoprodotti. I vantaggi sono:

  • gli individui e le famiglie, prendendo parte alla coltivazione di un orto, hanno accesso a cibi freschi, nutrienti e variati che contribuiscono alla salute nutrizionale;
  • coltivando l’orto gli individui fanno anche attività fisica e ciò contribuisce alla salute fisica.

Apprendimento

  • imparare a coltivare delle piante è mentalmente stimolante e permette ad un individuo di acquisire conoscenze e competenze;
  • se, per coltivare,  si usa il metodo dell’agricoltura sinergica, un metodo di agricoltura biologica derivato dalla permacoltura, si acquisiscono conoscenze raffinate di coltivazione che permettono di  ottenere alimenti biologici con poco lavoro di manutenzione;
  • gli orti possono essere utilizzati da comunità di autoformazione, scuole e università, come luoghi di apprendimento;
  • gli orti sono il mezzo per apprendere come minimizzare i rifiuti e riciclarli attraverso il compostaggio;
  • gli orti sono il mezzo dove apprendere il rispetto e la cura per il proprio territorio e per i beni comuni: statisticamente in zone dove vi sono orti collettivi diminuiscono il vandalismo e la criminalità.

Vantaggi sociali


Socializzazione tra individui

  • l’orticoltura collettiva è un’attività sociale che implica la decisione, la soluzione di problemi e la negoziazione dei conflitti, oltre all’accrescimento di competenze per i partecipanti;
  • gli orti sono luoghi di incontro con gli altri, sulla base di  comuni obiettivi ed affinità;
  • gli orti come spazi sociali, possono essere usati per costruire un senso di comunità, di cooperazione sociale e di appartenenza su base territoriale.

Ostacolo al degrado ed alla speculazione edilizia

  • gli orti, occupando terreni abbandonati, sono uno strumento collettivo per opporsi fattivamente alla speculazione edilizia selvaggia ed al degrado dei quartieri urbani.

Rigenerazione ambientale

  • gli orti rinverdiscono aree abbandonate e portano biodiversità in spazi pubblici aperti ed altre aree, diventando strumento di rigenerazione urbana;
  • gli orti diversificano l’uso degli spazi aperti e creano un’opportunità ricreativa attiva e passiva;
  • la biodiversità delle specie vegetali che si trovano negli orti favorisce il rigenerarsi della natura in ambito urbano.

Rigenerazione sociale

  • la cooperazione tra governi locali e cittadini può rafforzare la società civile su base territoriale;
  • gli orti urbani collettivi sono una dimostrazione pratica delle politiche pubbliche in ambito ambientale, come il riciclaggio dei rifiuti, l’Agenda21 e lo sviluppo di relazioni sociali locali.

testo liberamente tratto da http://www.communitygarden.org.au

Una guida pratica per la creazione e l’animazione di un orto collettivo

Al cuore del nostro quartiere

Una guida pratica per la creazione e l’animazione di un orto collettivo

di Martha Stiegman, Action Comuniterre – Montreal (Canada)

 

Scarica la guida (in francese)

Sommario

Introduzione

Preambolo
Premessa
Contesto : come nasce questa guida ?
Perchè una guida scritta al femminile ?
Come utilizzare questa guida ?

1 Che cos’è il giardinaggio collettivo ?

1.1 La storia del giardinaggio collettivo a Montréal

Il giardinaggio comunitario a Montréal
L’emergere del giardinaggio collettivo

1.2 Che cos’è un orto collettivo ?

Come sono strutturati ?

1.3 Gli obiettivi del giardinaggio collettivo

Gli obiettivi globali del giardinaggio collettivo
Il giardinaggio collettivo : uno strumento  per costruire la sicurezza alimentare
Il giardinaggio collettivo : uno strumento per favorire l’empowerment

2 Come creare un orto collettivo ?

2.1 Mobilitare le persone attorno ad un progetto di orto collettivo

Fare per, o fare con ?
Mobilitiamoci! Ma da dove cominciare ?
a) Fare un analisi del quartiere
b) Situare bene l’emergenza dell’idea
c) Chiarificare i propri obiettivi preliminari
d) Unirsi ad un gruppo comunitario
e) Mobilitare i suoi membri
f) Identificare un numero iniziale di partecipanti
g) Condividere l’ispirazione
h) Consolidare il numero iniziale di partecipanti
i) Condividere le responsabilità
j) Allargare la base di appoggio e di partecipazione degli attori comunitari

2.2 Dove cercare un terreno e come negoziare ?

Qualche argomento per aiutarvi nella vostra negoziazione
Dove cercare ?
Terreno di un centro comunitario
Terreno di una chiesa
Terreno di una scuola
Terreno di un giardino comunitario della città di Montréal
Terreno di case HLM
Terreno pubblco
Terreno privato
Qualche consiglio supplementare

2.3 Cercare sovvenzioni

2.4 Cercare un’ animatrice

Definire bene l’incarico
Qual’è il profilo dell’animatrice ?

3 I come e i perchè dell’animazione

3.1 Riguardo all’animatrice

Ben posizionarsi rispetto al periodo di attività come animatrice

3.2 Riguardo alle giardiniere

hi è « Maria » ?
Esercizio : « Maria »
Quali sono i bisogni di « Maria » ?
Come comprendere al meglio le motivazioni delle nostre giardiniere
Cosa bisogna fare per prender parte ad un orto collettivo?

3.3 L’empowerment – Collegare i bisogni delle vostre giardiniere e la vostra animazione

Esercizio : che cos’è per voi l’empowerment  ?
Esercizio : l’empowerment secondo il modello di William Ninacs

3.4 Gli obiettivi dell’animazione ed il vostro ruolo di animatrice di un orto collettivo

Esercizio : stabilire i vostri obiettivi di animazione per il periodo di attività
Gli obiettivi dell’animazione
a) Assicurare lo sviluppo di una dinamica di gruppo positiva e collettiva
b) Incoraggiare all’apertura ed alla diversità soclale
c) Assicurare un meccanismo di funzionamento trasparente ed accessibile
d) Trasmettere competenze in modo democratico
e) Assicurare un follow-up sociale ai partecipanti
f) Favorire lo sviluppo di coscienza politica
g) Facilitare il coinvolgimento delle giardiniere nella vita di quartiere

3.5 Come animare i  diversi momenti del periodo di attività

a) Mobilitare le giardiniere
b) Planificare l’orto in gruppo
c) Comprendere, prevenire e gestire gli abbandoni
d) Gestire la divisione del raccolto
e) Fare una valutazione partecipativa


Allegato A : Risorse per il giardinaggio collettivo e l’agricoltura urbana

Gruppi attivi nel movimento per il giardinaggio a base comunitaria
… in Québec
… fuori dal Québec
Il movimento per la sicurezza alimentare e l’agricoltura duratura

Allegato B : Risorse collegate al giardinaggio collettivo

L’animazione
L’empowerment
La valutazione partecipativa
Risoluzione dei conflitti
La sicurezza alimentare ed il sistema alimentare
La sanità mentale

Allegato C : Risorse relative al giardinaggio biologico, al giardinaggio da balcone ed alla permacoltura

Il giardinaggio biologico
La permacoltura
Sementi biologiche
Il giardinaggio da balcone

 

Storia degli Orti Urbani

testo parzialmente tratto dal sito de La Compagnia del Giardinaggio

Per capire il perché di questo rinnovato interesse per la coltivazione dell’orto, bisogna tornare un po’ indietro con gli anni, all’epoca pre-industriale.
Fino a tale periodo, campagna e città hanno convissuto bene insieme, anzi, si può dire che nella storia occidentale ad ogni fase di crescita urbana si sia accompagnata una proporzionata crescita del patrimonio verde e dei campi a coltura.
Pensiamo alle ville venete del Settecento, che si trasformavano in cuori di prospere aziende agricole…

Gli orti erano piuttosto comuni in tutte le grandi città,
ad esempio Roma manteneva un aspetto paesano
ancora alla fine del XIX secolo, elemento che la caratterizzava
fortemente specie agli occhi dei visitatori stranieri, e che adesso
rivive nelle famose cartoline “Roma com’era”.
Londra, cuore della Rivoluzione Industriale, seguiva opposto
destino. Engels rimarcava come si potesse camminarvi per ore senza
neanche supporre la vicinanza con la campagna.

Lo stesso Engels, nella sua opera “La questione delle abitazioni”
condannava il cosiddetto “cottage operaio”, cioè le casette
costruite dai proprietari delle fabbriche per le famiglie operaie, le
quali per averne diritto, dovevano pagare un affitto e venivano
stipendiate di meno.

Un altro elemento su cui si basa la “guerra all’orto” pronunciata
dalla moderna urbanistica è la convinzione
– rivelatasi tragicamente sbagliata –
di molti architetti (principalmente Le Corbusier), che le sorti e i destini
della città e delle persone che lavorano dentro di essa, fossero
autonomi e distinti da quelli della campagna.

E fu proprio nelle grandi città che si formò un forte contrasto tra
proletariato e borghesia, che represse l’edilizia spontanea popolare con
la sua cultura estetica e la sua morale dominante; ed è nelle grandi città
che nacquero le prime moderne associazioni operaie, i sindacati, il cartismo,
e movimenti politici come il socialismo.

Negli anni Trenta e Quaranta i regimi totalitari si impegnarono molto
per favorire l’accesso alla proprietà della casa da parte dei ceti
meno abbienti. Nacquero così le “borgate popolarissime”, mentre in
America proprio in quegli anni si assisteva ad un fenomeno di
neo-ruralismo: molti scappavano dalle città sempre più inospitali per
andare a vivere in campagna.

In Italia il minimo storico della coltivazione amatoriale dell’orto è
stato raggiunto negli anni Sessanta e Settanta. La coltivazione di
orti all’interno delle città era una vera anomalia, una stranezza, ed
era sempre guardata con sospetto ed avversione: l’orto in
cittàin poche parole- divenne simbolo di una
condizione sociale ed economica inferiore. La città era considerata (e
purtroppo lo è ancora) luogo per parchi e giardini, non per orti. E la
vedevano in questo modo sia gli urbanisti che la gente comune:
entrambi consideravano l’orto in città un elemento di degrado
paesaggistico.

Come i picchi minimi del numero di orti urbani sono collocabili nei
venti anni di boom economico successivo al Secondo Dopoguerra, la
rinascita dell’interesse per la coltivazione dell’orto coincide con
la crisi economica che ha colpito l’Europa a partire dagli anni
Ottanta.

Ma alla base della coltivazione amatoriale dell’orto in tempi attuali
non è tanto la necessità di fare economia (le statistiche evidenziano
infatti come una buona parte della produzione venga regalata ad amici
e parenti), quanto il desiderio di “sapere cosa si mangia” e la
preoccupazione alimentare per se stessi ed i propri figli.

È proprio di questi ultimi venti anni una rinascita di una vecchia
istituzione, quella degli “orti senza casa”, cioè di orti allocati
all’interno del tessuto urbano, che non appartengano a chi li
coltiva, ma proprietà di associazioni o delle amministrazioni comunali
ed assegnati a coltivatori non professionisti.
Il fenomeno nasce a Lipsia, in Germania, verso la metà del XIX secolo,
con i kleingarten riservati ai bambini, ma trova il suo aspetto più
interessante nei jardins ouvriers francesi.

I jardins ouvriers (giardini operai) sono un fenomeno nato alla fine
dell’Ottocento dall’attività di Monsignor Jules Lemire. Egli fu non
solo uomo di chiesa, ma anche professore e uomo politico di grande
statura. Durante i suoi trentacinque anni di mandato alla Camera dei
Deputati ottenne molte riforme per la protezione per gli operai e i
lavoratori. Nel 1899 chiese l’istituzione del Ministero del Lavoro,
che fu costituito nel 1906. Nel 1896 fondò la Ligue Française du Coin
de Terre e du Foyer (divenuta in seguito Fédération Nationale des Jardins Familiaux), che aveva come scopo quello di
favorire l’accesso degli operai alla proprietà della casa.
L’intento di Monsignor Lemire
non era unicamente materiale, ma anche morale: coltivare l’orto era
non solo una risorsa economica ed alimentare, ma anche un modo sano e
retto di passare il proprio tempo libero in compagnia della propria
famiglia, a contatto con la natura e al riparo della tentazione dell’
alcolismo, allora molto diffuso. La filosofia del jardin ouvrier
è sintetizzata nel famoso motto dello stesso Lemire:
“Il giardino è il mezzo, la famiglia è lo scopo”.

La Ligue trasse origine anche dall’Enciclica di Leone XIII
Rerum Novarum e dalle allora nascenti dottrine
democratico-cristiane, ma ben presto si liberò dell’influenza
religiosa, che ad esempio, pretendeva il riposo domenicale.

Nel 1906 la Ligue fu ammessa alle esposizioni della Société Nationale
d’Horticolture, e nel 1900 partecipò all’Esposizione Universale,
mentre nel 1927 si avviarono dei congressi internazionali a cui
parteciparono moltissime nazioni europee: Germania, Austria, Belgio,
Finlandia, Gran Bretagna, Irlanda, Italia, Lussemburgo, Olanda,
Polonia, Svezia, Svizzera e Cecoslovacchia.
Questi congressi sfociarono nella creazione dell’Office International des Jardins Ouvriers.

Nei trent’anni del boom economico successivo al Secondo
Dopoguerra i jardins ouvriers
vissero un periodo di declino, segnato da trascuratezza e disordine,
tale che le lamentele riguardo a questa forma di inquinamento
paesaggistico si fecero sempre più numerose ed insistenti, e si asserì
che la presenza degli orti operai all’interno
delle città le facesse assomigliare a delle bidonvilles. Ma già a
partire dagli anni Ottanta si assistette ad una rinascita, prodotta
principalmente dall’interesse e dalla collaborazione
delle autorità, locali e nazionali, che infusero nuovo vigore alla Ligue, tanto che attualmente alcuni tra i più antichi
jardins ouvriers sono inseriti nel circuito dei giardini storici di
Francia.
Alcuni hanno però criticato questi “abbellimenti”
poiché dettati da una morale ed una estetica borghese
sovrapposta a quella rurale.

L’esperienza della Ligue fu ben presto esportata all’estero, in
Belgio, Germania e anche da noi in Italia, dove però non ebbe
molta risonanza.
All’epoca il Fascismo aveva promosso l’iniziativa dell’
“orticello di guerra”, nel quadro della “battaglia del grano” e
della ruralizzazione degli italiani che Mussolini perseguiva. In
particolare l’Opera Nazionale del Dopolavoro Ferroviario fu molto
attiva in questo senso, e promosse concorsi per l’abbellimento delle
stazioni ferroviarie. Il “Dopolavoro” partecipava anche alle
periodiche riunioni dell’Office International.

Negli anni Trenta anche l’America conosceva l’esperienza dei
relief gardens (orti di soccorso) e durante la Seconda Guerra Mondiale quella dei victory gardens.
Dopo la Guerra gli orti urbani subirono un declino, fino ai primi
community gardens che nacquero intorno agli
anni Settanta, nel corso dei quali alcuni gruppi di cittadini,
denominati “green guerrillas”, reagirono all’inerzia delle
pubbliche amministrazioni di fronte al degrado paesaggistico, urbano
e morale di interi quartieri. Si recuperarono quindi zone abbandonate a
se stesse, degradate e fatiscenti, per riportarle a nuova vita (avete
visto “Green Card, matrimonio di convenienza”?).

L’iniziativa si diffuse velocemente in tutte le grandi metropoli
statunitensi (in particolare New York e San Francisco) e canadesi, ma
purtroppo le finalità economiche e politiche finirono per prevalere su
quelle naturalistiche ed ecologiche, e gli orti urbani sono oggi
diventati un importante strumento di politica sociale.

In questa fase di seconda giovinezza degli orti urbani c’è una
maggiore diversificazione del beneficiario dell’orto. Non solo operai
e gente di basso ceto, ma anche impiegati, insegnanti, e
professionisti. Diminuiscono i pensionati e si abbassa l’età
media. Aumentano le colture da fiore e il gusto borghese per il
decoro, si incrementa il numero delle donne.

L’Italia, oltre la parentesi fascista, prontamente chiusa e rimossa,
non ha una storia associativa riguardo agli orti urbani. La creazione
di orti urbani è sempre originata da iniziative individuali,
disorganiche, spesso abusive, mal tollerate se non apertamente
disprezzate od osteggiate dagli abitanti dei quartieri in cui si
trovano.

A tutt’oggi le statistiche rivelano che per la totalità degli
intervistati gli orti non possono convivere con la città, che sono
antiestetici e danno un aspetto decadente, “di paese”. Insomma, che
il posto dell’orto è la campagna, mentre la città è il luogo del
giardino e del parco. I tenutari degli orti sono considerati dei
poveracci, dei parassiti della società, improduttivi, quasi dei
“barboni”.

Il declino dell’orticoltura ornamentale negli anni Sessanta e
Settanta è stato la conseguenza del disprezzo per ogni forma di
economia domestica imposto dalla cultura industriale e urbana, ma
anche dalla nascita di altri modi per impiegare il proprio tempo
libero. Deleteria a tal riguardo è stata la televisione, tanto che la
storia dell’orto in Italia si può dividere in epoca pre e
post-televisione. A ciò va aggiunto il processo di democratizzazione
della vacanza al mare. Infatti in quegli anni alla rispettabilità
sociale e familiare conferita da un orto o un giardino ben tenuto, si
sostituisce quella del “mese al mare” ( avete presente “Il sorpasso”?), ovviamente incompatibile con il mantenimento di un orto,
interrompendo così la secolare tradizione di un giardino come segno di
distinzione sociale delle classi più agiate, e dell’orto come una
prerogativa di quelle meno abbienti.

Il rinnovato interesse per l’orticoltura ha anche un’altra causa:
oltre a comportare uno stretto rapporto con la natura, non c’è
necessariamente bisogno di mettersi in discussione e a reinventare
continuamente se stessi e il proprio gusto. In poche parole tiene
attivi e rilassa.

Inoltre, proprio per la sua capacità di rispondere ad un duplice
ordine di esigenze intime socializzare con gli altri
ma anche isolarsi e dialogare con se stessi, la cura dell’orto è da
sempre un’attività praticata sia dalla gente comune che dagli
intellettuali.

Incontro di presentazione del progetto Orti Urbani

Titolo: Incontro di presentazione del progetto Orti Urbani
Luogo: Biblioteca autogestita Enzo e Gioconda, Largo Feruccio Mengaroni, Tor Bella Monaca
Descrizione:

Il primo incontro di presentazione del progetto Orti Urbani si terra’

Venerdi 22 giugno 2007, alle 21:00

alla Biblioteca autogestita Enzo e Gioconda

Largo Feruccio Mengaroni, Tor Bella Monaca

in occasione della cena di sottoscrizione per la Biblioteca Autogestita di TBM (vedi dopo)

Come arrivare:

* Mezzi pubblici: dalla Stazione Termini, tram Termini Laziali-Pantano: da capolinea a fermata Grotte Celoni

* Mezzi pubblici: da Largo Mengaroni, bus notturno 050: da capolinea a Stazione Termini

* Auto: sono disponibili quattro posti in auto, previo accordo in mailing list

Mailing list:

Chi è interessato a partecipare al progetto può iscriversi alla mailing list del Libero Ateneo della Decrescita di Roma

Cena di sottoscrizione per la Biblioteca Autogestita di Tor Bella Monaca

Salve a Ognuno,

la biblioteca autogestita di quel dì romano e brullo di Tor Bella Monaca,
il giorno 22 Giugno alle nove, venerdì

è lieta d’inivitare un numero di chicchessia lettori ad una goliardica cena sociale, a base di cibo succulento e bio ad opra di giovani cuoche educate all’arte della nonna, e vino fresco dei castelli col quale degustare succinte e invitanti prelibatezze..

il tutto con musica lieve e, speriamo, cara brezza estiva a rinfrancare prominenti panze piene.
Per chi volesse, è permesso schiarire l’ugola e leggere forte e chiaro brani di libri amati, per celebrare l’evento.

il tutto al socialissimo prezzo di 10euro

e per chi porta un libro in dono…8euro!!

per chi voglia far parte di di questo scenario bacchico
e sopratutto aiutarci a far nascere una biblioteca nel quartiere per ora provvisto solo dell’ idea di una biblioteca,

mandate una mail di cenaconferma a siblarval [chiocciola] gmail [punto] com !
l’indirizzo è:

Biblioteca autogestita Enzo e Gioconda (forse, ma questo nome e provvisorio)
Largo Feruccio Mengaroni, Tor Bella Monaca.
per chi volesse tirare fino a tardi senza dover dormire tra i libri,
notturno nm 050 termini-capolinea di fronte alla biblioteca.

vi aspettiamo per gozzovigliare !!

a presto.

i biblitici.

Ora inizio: 21:00
Data: 22/06/2007