La città greca di Volos mette in pratica un sistema economico alternativo

di Antonio Cuesta (Gara/Rebelión), 21 Maggio 2012

Le epoche di crisi di solito fanno germinare soluzioni ingegnose dirette a superare le difficoltà. Nel caso della città greca di Volos (una piccola località di 100.000 abitanti) la creazione della cosiddetta Rete di Interscambio e Solidarietà, due anni fa, non è derivata tanto dalla grave situazione economica che attraversa il Paese, ma dalla necessità di articolare un’alternativa per far fornte all’attuale sistema capitalista.

L’idea di fondo è partita dalle molteplici esperienze di comunità di trueque [1], che scambiano prodotti e servizi senza utilizzare alcuna moneta. Nel caso di Volos l’idea è stata perfezionata con la creazione di un modello di interscambio, il TEM (Unità Alternativa Locale, in greco), e di un avanzato sistema informatico così semplice nel suo funzionamento quanto efficace nei risultati.

Quando qualcuno entra a far parte della Rete gli si assegna un numero di conto e gli si concedono 300 TEM (1 TEM equivale a 1 Euro solo come riferimento nel momento di stabilire il valore di vendita), facilitando così il suo inizio per comprare o vendere prodotti o servizi. Il maggior numero di scambi si realizza il sabato in un mercatino all’apparenza tradizionale ma nel quale è escluso l’uso del denaro. Un’ampia offerta che include frutta, verdura, vestiti, libri, artigianato… ma anche apparecchi elettrici e perfino materiale per l’idraulica. Inoltre il sito web dell’associazione offre una lista completa sia di professionisti (medici, professori, elettricisti…) che di attività del luogo che fanno parte anch’esse della Rete (ottici, officine meccaniche, panetterie, macellerie…), che permettono il pagamento in TEM per tutta la settimana nell’orario commerciale ordinario. La pagina comprende anche una sezione di annunci dove ogni membro offre o chiede quello di cui ha bisogno. Più di 1.000 persone compongono già questo sistema economico alternativo e il numero continua a crescere.

“Con l’aiuto iniziale –spiega a Gara Emilia, una ceramista di 47 anni- ho potuto comprare frutta e zucchero per fare marmellate che poi vendo il sabato. Ho cominciato tre settimane fa e ho già ottenuto 800 TEM”, anche se confessa di averne spesi 500 per il parrucchiere, alimentari e qualche piccolo elettrodomestico di cui aveva bisogno. Alexandra vende insieme a suo padre, Iraklis, uova fresche provenienti dalle galline che tengono nel pollaio, “al principio ci costavano di più perché il loro cibo lo pagavamo in euro, ma ora abbiamo trovato un fornitore di mangimi per animali che vende in TEM”, ci racconta. Per questa giovane di 25 anni l’iniziativa “è una filosofia per cambiare le cose senza denaro. Non sono contro l’euro, ne ho bisogno per pagare certe cose -chiarisce- ma per quanto possibile cerco di non usarlo. Preferisco il TEM perché è una cosa che tutti possono usare, l’euro ce l’ha solo chi lavora”. E assicura convinta che “con il TEM si può accedere a molte opzioni, in vari modi, decidi tu. Tutti hanno qualcosa da dare o da offrire”.

L’uso di internet ha facilitato in grande misura l’interscambio e soprattutto il controllo del debito. Khristos, un ingegnere appassionato di software libero e cofondatore del progetto, è il responsabile dello sviluppo di un sistema informatico che è stato progettato su misura grazie ai programmi a codice aperto. Il suo avanzato funzionamento gli ha valso il riconoscimento della Banca d’Inghilterra per la forma e la sicurezza con cui si effettuano i trasferimenti. Migliore e più veloce di qualsiasi banca su internet, i movimenti tra venditori e acquirenti sono registrati istantaneamente senza commissioni né ritardi, permettendo anche uno scoperto fino a 1.200 TEM nel conto di un utente.

Dato che il TEM non esiste fisicamente, la forma di pagamento si realizza in tre modi: usando un contrassegno (uguale agli assegni bancari) dotato di un marchio di sicurezza, mediante trasferimenti via internet e, fiore all’occhiello, con un semplice SMS. Inviando un messaggio con i numeri dell’ordinante e del beneficiario, oltre all’importo, il sistema manda immediatamente messaggi confermando il trasferimento e mostrando a ognuno di essi il saldo risultante nel loro conto dopo l’operazione effettuata.

Per quanto il volume degli scambi non sia ancora molto elevato, Khristos calcola che un sabato di mercato si possano raggiungere i 3.000 o 4.000 TEM, anche se questa cifra scende durante la settimana. I prodotti alimentari, la frutta e la verdura sono di gran lunga i più richiesti, insieme ai servizi professionali (idraulici, avvocati…). In ogni caso, “la cosa più importante è che la gente si conosca e che esista una reciproca fiducia, la Rete è importante ma il contatto diretto è fondamentale -ci spiega Khristos-. La nostra iniziativa non è stata motivata dalla crisi economica, ma dalla necessità di applicare i nostri valori e cambiare l’attuale sistema economico. Contro tutto questo è stata pensata la Rete, come forma alternativa di interscambio economico”.

Un’altra dei fondatori di questo progetto è Marita Hupis, fortemente influenzata dalle esperienze sviluppate in Argentina e Uruguay dieci anni fa. Marita espone i principi sui quali si basa la Rete di interscambio: uguaglianza, parità, trasparenza, solidarietà e partecipazione. “Tutti i membri sullo stesso piano decidono in assemblee periodiche le questioni relative al funzionamento della Rete. Le decisioni sono collettive, facendo leva sul carattere sociale dell’iniziativa, e sono orientate alla creazione della società che vogliamo”.

La crescita dell’organizzazione li ha portati a pensare la creazione di un “centro assistenza” nelle strutture cedute dall’Università della Tessaglia. “Il centro disporrà di ambulatori medici, naturopati, massaggiatori… tutto ciò di cui uno può aver bisogno nel campo della salute”, ci informa. E ci sarà anche un caffè dove lavoreranno diverse persone disoccupate. Dato che gli edifici erano abbandonati da tempo si è dovuto restaurarli e condizionarli, contando per questo sull’aiuto di tecnici e, anche di artisti locali che hanno collaborato alla ristrutturazione. Tutti i componenti dei gruppi di lavoro (segreteria, pubblicità, infrastrutture, pulizia…) riscuotono lo stesso importo: 6 TEM ogni ora di lavoro. “Questi gruppi sono aperti e vi partecipa tanta gente quanta è necessaria in un dato momento”, ci spiega Marita.

Il successo della Rete, che oltrepassa già le frontiere, sta incoraggiando altre città greche a seguire l’esempio. “È una buona opzione per cambiare le cose e in un certo senso è un cambiamento rivoluzionario”, aggiunge orgogliosa Alexandra.

Fonte: http://www.rebelion.org/noticia.php?id=149932

NOTA [1]: Sembra opportuno lasciare il termine originale spagnolo trueque (baratto) proprio perché nell’esperienza di Volos c’è un evidente riferimento al modello argentino, come spiega più avanti uno dei fondatori della rete

Traduzione Andrea Grillo, SenzaSoste.it

La città greca di Volos mette in pratica un sistema economico alternativo

di Antonio Cuesta (Gara/Rebelión), 21 Maggio 2012

Le epoche di crisi di solito fanno germinare soluzioni ingegnose dirette a superare le difficoltà. Nel caso della città greca di Volos (una piccola località di 100.000 abitanti) la creazione della cosiddetta Rete di Interscambio e Solidarietà, due anni fa, non è derivata tanto dalla grave situazione economica che attraversa il Paese, ma dalla necessità di articolare un’alternativa per far fornte all’attuale sistema capitalista.

L’idea di fondo è partita dalle molteplici esperienze di comunità di trueque [1], che scambiano prodotti e servizi senza utilizzare alcuna moneta. Nel caso di Volos l’idea è stata perfezionata con la creazione di un modello di interscambio, il TEM (Unità Alternativa Locale, in greco), e di un avanzato sistema informatico così semplice nel suo funzionamento quanto efficace nei risultati.

Quando qualcuno entra a far parte della Rete gli si assegna un numero di conto e gli si concedono 300 TEM (1 TEM equivale a 1 Euro solo come riferimento nel momento di stabilire il valore di vendita), facilitando così il suo inizio per comprare o vendere prodotti o servizi. Il maggior numero di scambi si realizza il sabato in un mercatino all’apparenza tradizionale ma nel quale è escluso l’uso del denaro. Un’ampia offerta che include frutta, verdura, vestiti, libri, artigianato… ma anche apparecchi elettrici e perfino materiale per l’idraulica. Inoltre il sito web dell’associazione offre una lista completa sia di professionisti (medici, professori, elettricisti…) che di attività del luogo che fanno parte anch’esse della Rete (ottici, officine meccaniche, panetterie, macellerie…), che permettono il pagamento in TEM per tutta la settimana nell’orario commerciale ordinario. La pagina comprende anche una sezione di annunci dove ogni membro offre o chiede quello di cui ha bisogno. Più di 1.000 persone compongono già questo sistema economico alternativo e il numero continua a crescere.

“Con l’aiuto iniziale –spiega a Gara Emilia, una ceramista di 47 anni- ho potuto comprare frutta e zucchero per fare marmellate che poi vendo il sabato. Ho cominciato tre settimane fa e ho già ottenuto 800 TEM”, anche se confessa di averne spesi 500 per il parrucchiere, alimentari e qualche piccolo elettrodomestico di cui aveva bisogno. Alexandra vende insieme a suo padre, Iraklis, uova fresche provenienti dalle galline che tengono nel pollaio, “al principio ci costavano di più perché il loro cibo lo pagavamo in euro, ma ora abbiamo trovato un fornitore di mangimi per animali che vende in TEM”, ci racconta. Per questa giovane di 25 anni l’iniziativa “è una filosofia per cambiare le cose senza denaro. Non sono contro l’euro, ne ho bisogno per pagare certe cose -chiarisce- ma per quanto possibile cerco di non usarlo. Preferisco il TEM perché è una cosa che tutti possono usare, l’euro ce l’ha solo chi lavora”. E assicura convinta che “con il TEM si può accedere a molte opzioni, in vari modi, decidi tu. Tutti hanno qualcosa da dare o da offrire”.

L’uso di internet ha facilitato in grande misura l’interscambio e soprattutto il controllo del debito. Khristos, un ingegnere appassionato di software libero e cofondatore del progetto, è il responsabile dello sviluppo di un sistema informatico che è stato progettato su misura grazie ai programmi a codice aperto. Il suo avanzato funzionamento gli ha valso il riconoscimento della Banca d’Inghilterra per la forma e la sicurezza con cui si effettuano i trasferimenti. Migliore e più veloce di qualsiasi banca su internet, i movimenti tra venditori e acquirenti sono registrati istantaneamente senza commissioni né ritardi, permettendo anche uno scoperto fino a 1.200 TEM nel conto di un utente.

Dato che il TEM non esiste fisicamente, la forma di pagamento si realizza in tre modi: usando un contrassegno (uguale agli assegni bancari) dotato di un marchio di sicurezza, mediante trasferimenti via internet e, fiore all’occhiello, con un semplice SMS. Inviando un messaggio con i numeri dell’ordinante e del beneficiario, oltre all’importo, il sistema manda immediatamente messaggi confermando il trasferimento e mostrando a ognuno di essi il saldo risultante nel loro conto dopo l’operazione effettuata.

Per quanto il volume degli scambi non sia ancora molto elevato, Khristos calcola che un sabato di mercato si possano raggiungere i 3.000 o 4.000 TEM, anche se questa cifra scende durante la settimana. I prodotti alimentari, la frutta e la verdura sono di gran lunga i più richiesti, insieme ai servizi professionali (idraulici, avvocati…). In ogni caso, “la cosa più importante è che la gente si conosca e che esista una reciproca fiducia, la Rete è importante ma il contatto diretto è fondamentale -ci spiega Khristos-. La nostra iniziativa non è stata motivata dalla crisi economica, ma dalla necessità di applicare i nostri valori e cambiare l’attuale sistema economico. Contro tutto questo è stata pensata la Rete, come forma alternativa di interscambio economico”.

Un’altra dei fondatori di questo progetto è Marita Hupis, fortemente influenzata dalle esperienze sviluppate in Argentina e Uruguay dieci anni fa. Marita espone i principi sui quali si basa la Rete di interscambio: uguaglianza, parità, trasparenza, solidarietà e partecipazione. “Tutti i membri sullo stesso piano decidono in assemblee periodiche le questioni relative al funzionamento della Rete. Le decisioni sono collettive, facendo leva sul carattere sociale dell’iniziativa, e sono orientate alla creazione della società che vogliamo”.

La crescita dell’organizzazione li ha portati a pensare la creazione di un “centro assistenza” nelle strutture cedute dall’Università della Tessaglia. “Il centro disporrà di ambulatori medici, naturopati, massaggiatori… tutto ciò di cui uno può aver bisogno nel campo della salute”, ci informa. E ci sarà anche un caffè dove lavoreranno diverse persone disoccupate. Dato che gli edifici erano abbandonati da tempo si è dovuto restaurarli e condizionarli, contando per questo sull’aiuto di tecnici e, anche di artisti locali che hanno collaborato alla ristrutturazione. Tutti i componenti dei gruppi di lavoro (segreteria, pubblicità, infrastrutture, pulizia…) riscuotono lo stesso importo: 6 TEM ogni ora di lavoro. “Questi gruppi sono aperti e vi partecipa tanta gente quanta è necessaria in un dato momento”, ci spiega Marita.

Il successo della Rete, che oltrepassa già le frontiere, sta incoraggiando altre città greche a seguire l’esempio. “È una buona opzione per cambiare le cose e in un certo senso è un cambiamento rivoluzionario”, aggiunge orgogliosa Alexandra.

Fonte: http://www.rebelion.org/noticia.php?id=149932

NOTA [1]: Sembra opportuno lasciare il termine originale spagnolo trueque (baratto) proprio perché nell’esperienza di Volos c’è un evidente riferimento al modello argentino, come spiega più avanti uno dei fondatori della rete

Traduzione Andrea Grillo, SenzaSoste.it

E per salvarsi Atene potrà perfino stampare moneta…

di Fabrizio Goria, Linkiesta – 21/03/2012

È stato attivato il 25 agosto lo schema Ela, che consente alla Grecia di stampare moneta, in deroga ai trattati europei che attribuiscono tale funzione solo alla Bce. La richiesta è stata avanzata già da due grandi banche. Ci sarà da fidarsi? Intanto arrivano i primi calcoli sul default greco: che costerebbe 97 miliardi di euro.

Dopo l’Irlanda, la Grecia. La scorsa settimana la Banca centrale ellenica ha attivato l’Emergency liquidity assistance (Ela), un particolare meccanismo di prestiti assistenziali messi a disposizione del sistema bancario. Tramite questo schema saranno iniettati nuovi capitali, erogati tramite la stampa di moneta ex novo in deroga ai Trattati europei. Alla luce di questo, nel giorno della fusione fra Alpha Bank ed Eurobank, due fra le maggiori banche elleniche, aumenta il rischio di un veloce peggioramento della situazione debitoria di Atene.

Non è la prima volta che la Banca centrale europea (Bce) permette l’uso di questo genere di strumento straordinario. Nell’ultimo anno fu Dublino ad adottarlo, stampando moneta al posto dell’Eurotower per fornire liquidità al sistema bancario irlandese. A scoprire questo utilizzo ai limiti dei trattati europei fu l’Irish Independent, accusando la banca centrale di Dublino di aver erogato oltre 51 miliardi di euro ai propri istituti di credito in deroga alla sovranità monetaria della Bce. Accuse che poi si sono rivelate fondate. Ora la storia potrebbe ripetersi per la Grecia.

Come quanto anticipato dal quotidiano greco Imerisia, il 25 agosto è stato attivato lo schema Ela alla Banca di Grecia. Due grosse banche, nei primi istanti di vita dello strumento, hanno chiesto di poter accedere al programma. Sono tre le condizioni per l’apertura delle linee di credito: situazione straordinaria, elevate garanzie a collaterale, erogazione per un tempo limitato. E i sospetti sui due istituti di credito che hanno subito domandato di aderire all’Ela sono caduti su Alpha Bank ed EFG Eurobank Ergasias, ovvero le protagoniste della più grande fusione interbancaria della storia ellenica, istituzionalizzata nelle scorse ore.

A peggiorare la già precaria situazione del sistema bancario ellenico ci hanno pensato i risparmiatori. Negli ultimi nove mesi dagli istituti di credito greci sono usciti 21,4 miliardi di euro, dirottati fuori dal Paese per via del rischio insolvenza. Questo nonostante le raccomandazioni del ministro delle Finanze Evangelos Venizelos, che ancora tre giorni fa ha ripetuto che «le banche elleniche sono solide, ben capitalizzate e al sicuro dalla tempesta finanziaria». Parole che, alla luce dell’attivazione dell’Ela, sanno di beffa.

C’è tuttavia un altro aspetto che deve preoccupare. In un interrogazione dello scorso febbraio un parlamentare Ue ellenico del PPE, Konstantinos Poupakis, ha domandato in che modo funzionasse l’Ela, quali erano gli esempi recenti dell’adozione di questo strumento e fino a che punto poteva incidere sulla massa monetaria presente nell’eurozona. In pratica, il preludio a quanto successo pochi giorni fa. La risposta a Poupakis del Commissario Ue agli Affari economici e monetari, Olli Rehn, è stata laconica: «La Commissione europea non detiene statistiche sulla varie operazioni Ela (…), mentre è la Bce che cura questi aspetti». Facile immaginare quindi come possa essere rischiosa questa asimmetria informativa. Il paragone è veloce. Come dal 2005 a oggi Atene ha mistificato i propri conti pubblici agli occhi dell’Europa, è possibile che anche per l’Ela faccia lo stesso. Del resto, lo schema di liquidità assistenziale, come ha ricordato il Commisario Rehn, non rientra nei programmi dell’Eurosistema, benché possa essere utilizzato al suo interno. Diventa quindi ostico, sia per la Bce sia per la Commissione, monitorare l’esatta erogazione della liquidità. Il rischio è quindi che, facendo leva su tale opacità, le banche greche possano subire iniezioni di capitali freschi stampati ex novo o senza le dovute garanzie.

Nel frattempo, stanno emergendo nuovi dettagli su quanto potrebbe costare un fallimento di Atene. Secondo Reuters Insider il default della Grecia costerebbe 97 miliardi di euro, più tutti i fondi finora erogati da Ue, Bce e Fondo monetario internazionale (Fmi). Un terzo, invece, sarebbe il prezzo da pagare in caso di bancarotta portoghese. Per Lisbona, in caso di collasso, le perdite si aggirerebbero intorno ai 31 miliardi di euro, più le linee di credito per il salvataggio. Minore il costo per l’Irlanda, 13 miliardi di euro. Nel complesso, compreso il pagamento dei Credit default swap (Cds) pari a 2,8 miliardi di euro, il fallimento dei tre Paesi sarebbe in grado di generare un buco da 144,2 miliardi. Il tutto senza contare la liquidità erogata dal maggio 2010, data del primo bailout europeo, a oggi. E il conto finale aumenta sempre di più.