Peer-to-Peer e Marxismo, analogie e differenze

E il dibattito ha inizio … Peer-to-Peer e Marxismo: analogie e differenze
Jean Lievens intervista Michel Bauwens

3 gennaio 2012

Pubblichiamo un’intervista molto importante e dalla tempistica critica sul rapporto tra P2P e Marxismo. Condotta da Jean Lievens con il fondatore della Fondazione P2P Alternatives, Michel Bauwens, su alcuni aspetti della sua teoria P2P e della teoria Marxista, l’intervista potrebbe rappresentare l’apertura del più grande dibattito dei prossimi anni. Anche se l’ascesa del ‘modo di produzione P2P’ e i nuovi processi politici P2P sono stati ovviamente più che determinanti nel processo di cambiamento sociale che si è attivato nel 2011, con il contributo di tale produttivo dibattito saremmo in grado di ricavare proiezioni molto più chiare sulle alternative reali al capitalismo e su come far sì che tali alternative si realizzino. In seguito alla morte della ‘condizione postmoderna’ e con il ritorno della ‘guerra di classe’, tale dibattito creerebbe uno spazio equilibrato per un coinvolgimento costruttivo tra le tradizioni critiche marxista, anarchica e post-marxista.

Il mese scorso ero a Londra dove ho assistito a una conferenza di Michel Bauwens sulle dinamiche peer-to-peer. Ho scritto un articolo in olandese per ‘De Wereld Morgen’. Fortunatamente vi è una versione rielaborata della conferenza in video su Vimeo.  P2P and the Commons as the new paradigm [P2P e i Commons come nuovo paradigma] di David Nixon su Vimeo.  Dopo la conferenza ho contattato Michel per un’intervista.

Tutti conosciamo degli esempi di P2P nel campo immateriale: Linux, Wikipedia, Arduino. Puoi darci degli esempi di P2P nel mondo ‘reale’, materiale, ad esempio nel campo della produzione?

Michel Bauwens: Arduino è già un esempio che tocca la produzione materiale poiché le schede madri progettare collaborativamente sono già prodotte e vendute sul mercato da imprese che usano il marchio Arduino. Un esempio che davvero mi piace è il Nutrient Dense Project [Progetto per l’Alta Densità di Nutrienti], una rete collaborativa di ricerca di agricoltori e di scienziati urbani che utilizza direttamente la ricerca sui nutrienti nella propria produzione immediata. Una delle aree più eccitanti è probabilmente quella delle cosiddette automobili open-source, come la Rallye Motor e il veicolo d’assalto della marina XC2V finanziato dalla Darpa, quest’ultimo basato su contributi di oltre 30.000 progetti. Lo StreetScooter, un’auto elettrica basata su Commons di progettazione imprenditoriale con la partecipazione di oltre 50 imprese è forse la più eccitante, poiché gli ordini sono già affluiti e l’auto dovrebbe essere in circolazione nelle città tedesche entro il 2013. Nella sezione Wiki della Fondazione P2P sul Product Hacking [modifica/personalizzazione di prodotti] (http://p2pfoundation.net/Product_Hacking), abbiamo annotato circa 300 progetti ad hardware aperto ma essi sono solo la punta dell’iceberg. Aiuta a distinguere la fase di progettazione, in cui le fonti partecipative e la collaborazione non sono qualitativamente diverse dalla collaborazione nel software, dalla fase della ‘fabbricazione’ che richiederebbe un’infrastruttura per la produzione aperta e distribuita che è solo marginalmente disponibile. Ma nel campo della fabbricazione abbiamo sviluppi eccitanti in direzione di infrastrutture materiali condivise quali gli spazi di co-lavoro e di modifica/personalizzazione, i sistemi di prodotti-servizi per la condivisione della auto e molti altri servizi e la miniaturizzazione della produzione mediante la stampa in 3D e i Fab Labs [Laboratori di Fabbricazione basati su trasmissione telematica di progetti], i quali hanno tutti anche versioni e aspetti open source.

Tu paragoni la transizione3 dal capitalismo al P2P alla transizione dalla schiavitù al feudalesimo, o dal feudalesimo al capitalismo. In entrambi i casi c’è stato uno scambio reciproco tra il vertice e la base. A Londra hai solo trattato della prima: gli schiavi che abbandonano il sistema e i proprietari di schiavi che trasformano gli schiavi in servi che stavano meglio di prima, ma che dire della transizione dal feudalesimo al capitalismo? Ci fu la nascita di una nuova classe e la trasformazione dei nobili in capitalisti, ma è arduo affermare che gli operai stessero meglio di prima. Dunque dov’è il cambiamento positivo in basso?

Michel Bauwens: La transizione da una forma di società di classi diseguali a un’altra è sempre problematica per le classi produttrici di valore che stanno in basso. Si può sostenere che la servitù sia intrinsecamente una posizione migliore della schiavitù, ma ha continuato ad essere sfruttamento e dominio e molti servi in precedenza erano contadini liberi. La situazione con il capitalismo non è tanto diversa; anche se ci sono state, e ci sono, tante privazioni i diritti formali dei lavoratori costituiscono certamente un miglioramento e, almeno per la classe operaia occidentale, c’è stato per un lungo
periodo un miglioramento sostanziale. Ma nel complesso i sistemi si sono avvicendati    perché il vecchio sistema non era più sostenibile e il nuovo era in generale più efficiente nel creare ricchezze materiali. Tutto dipende dal contratto sociale e dal rapporto relativo delle forze in gioco. Forti movimenti sindacali hanno enormemente migliorato la situazione dei lavoratori e la situazione nel Medioevo, tra il decimo e il tredicesimo secolo, era una situazione di miglioramento della qualità della vita. I precedenti sono, dunque, eterogenei e le persone stessi di solito hanno una chiara idea di quello che deve essere migliorato. Ad esempio quale lavoratore vorrebbe tornare alla servitù come condizione sociale? Poiché ho difficoltà a immaginare una società priva di classi, vedo i produttori paritari in conflitto con il capitale che domina la rete [netarchical] riguardo alle proprie condizioni sociali, ai loro diritti e alle loro vite materiali, fino al momento in cui i produttori paritari diverranno lo strato sociale chiave e i Commons il luogo chiave della creazione del valore. Questo non
è uno scenario scientifico con un finale certo e inevitabile bensì una descrizione del campo di tensione in cui si sviluppa la produzione paritaria.

Per proseguire con questa analogia: vedi sorgere una nuova classe nel capitalismo o una sorta di “capitalisti illuminati” che si rivolgono all’Open Source (come descritto in Wikinomics)?

Michel Bauwens: I Commons sono e saranno sempre più il cuore della creazione di valore, ma del valore continua sostanzialmente ad appropriarsi l’economi di mercato e il capitale dominante la rete è il segmento del capitale che comprende tale cambiamento e vuole trarne profitto. Ciò significa che dovranno sia consentire sia dare potere alla
produzione sociale, ma anche assoggettarla al proprio controllo in modo da potersi appropriare del valore da essa generato. La prima parte li costringe a certi tipi di comportamento strategico che promuove la condivisione, mentre la seconda li costringe a mantenere un contesto generale di continuo dominio. Questa è, in essenza, la nuova tensione sociale dell’emergente era P2P, tra le comunità di produttori paritari e i proprietari delle piattaforme. La chiave per i produttori paritari sta nel conquistare il controllo delle proprie vite e della propria riproduzione sociale e, secondo me, il modo migliore per farlo consiste nel creare i propri veicoli cooperativi/imprenditoriali che chiamo, seguendo i suggerimenti di Neil Stephenson in ‘The Diamond Age” [L’età del diamante] e di LasIndias.net, “Phyllis”, ovvero entità comunitarie/di sostegno che consentano ai cittadini di sostenere il proprio lavoro nei beni comuni e sottrarlo all’economia convenzionale della massimizzazione del profitto.

Riesci a vedere un parallelo tra il P2P e il movimento cooperativo nato nel diciottesimo secolo (socialismo utopico) o con gli hippy e le comuni degli anni sessanta?

Michel Bauwens: L’impulso all’operare in comune è uno degli aspetti permanenti
dell’umanità; con alti e bassi a seconda delle condizioni sociali, e io penso che stiamo
assistendo a una rinascita di tale impulso. Tuttavia c’è una grande differenza: le forme
cooperative di organizzazione possono ora lavorare attorno a Commons di progettazione
aperta e diventare iper-innovative e possono conseguire economie di scale tali da superare
le multinazionali basate sull’azionariato. Le cooperative e le comunità finalizzate non
sono, perciò, più “forme nane” ma in realtà l’avanguardia del nuovo sistema di produzione

P2P. Se si combinano i Commons dell’innovazione aperta condivisa (invece della
proprietà intellettuale privatizzata che rallenta l’innovazione) con queste nuove entità
di massimizzazione dei prodotti e dei Commons, si può conseguire un balzo quantico
nella produttività. E’ per questo che i capitalisti delle reti investono in piattaforme ed
è per questo che l’economia etica alternativa deve fare la stessa cosa, e se lo fa potrebbe
sostituire, nel cuore della nostra economia, le industrie finalizzate al profitto.

Tu dici che dobbiamo preparare un’alternativa al capitalismo. Il movimento
P2P è una specie di ‘fuga’?

Michel Bauwens: La crescita infinita non è possibile in un ambiente finito e noi ora
stiamo toccando i limiti della crescita. Questo significa che il capitalismo è sempre meno
in grado di uscire dai suoi problemi attraverso la crescita e che la percentuale dell’1% può
crescere solo mediante l’esproprio, ed è a questo che stiamo assistendo ora in Europa, con

la Grecia come esempio anticipato di quel che è in serbo per le popolazioni lavoratrici.
Dunque non si tratta di fuga. Il vecchio sistema sta morendo e deve essere sostituito, ma
potrebbe essere sostituito da qualcosa di peggiore, potrebbe regredire come nei primi
secoli dopo la caduta dell’Impero Romano, o potrebbe riorganizzarsi a un livello più
elevato di risultati e complessità, il che è quello che indica l’approccio P2P.

Tu descrivi Occupy come un esempio di produzione paritaria di Commons
politici. In che modo è diverso dai movimenti storici ‘anarchici’ o ‘comunisti’
come la Comune di Parigi, Barcellona 1937 o forse persino la Rivoluzione
Russa?

Michel Bauwens: Se si osserva un’occupazione si vede una comunità che produce
la sua politica autonomamente, senza seguire movimenti politici gerarchici o autoritari
con un programma preordinato; si vedono istituzioni benefiche che si fanno carico
dell’approvvigionamento degli occupanti (cibo, assistenza sanitaria) e la creazione di
un’economia etica attorno al movimento (come il Progetto di Occupy dei Venditori di
Strada). Ciò prefigura una nuova forma di società in cui i Commons sono al cuore della
creazione del valore; questi Commons sono amministrati da istituzioni non a scopo di
lucro e la sussistenza è assicurata mediante un’economia etica. Naturalmente ci sono
precedenti storici, ma ciò che è nuovo è lo straordinario potenziale organizzativo, di
mobilitazione e co-apprendimento delle sue reti. Occupy opera come un’API [Application
Programming Interface – Applicazione di interfaccia di programmazione] aperta con
moduli, quali gli ‘accampamenti di protesta’, le ‘assemblee generali’, che possono essere
utilizzati come modelli ed essere modificati da tutti, senza necessità di una dirigenza
centrale. Ora siamo in grado di avere un coordinamento e un mutuo allineamento globali

di una moltitudine di dinamiche di piccoli gruppi, e ciò richiede un nuovo tipo di guida.
La consapevolezza del momento storico del Picco della Gerarchia, il momento in cui le
reti distribuite asimmetricamente possono sfidare le istituzioni verticali in modi che non
erano possibili in precedenza, costringe i movimenti sociali a guardare a nuove forme di
governabilità … ma queste non sono date e devono essere scoperte sperimentalmente; e,
naturalmente, ci saranno lezioni valide da apprendere dai movimenti del passato!

Affinché il P2P fiorisca davvero, dobbiamo liberarci dei diritti di proprietà
intellettuale, dei diritti d’autore, dei brevetti, ecc. Come pensi che possiamo
riuscirci?

Michel Bauwens: Personalmente non sono un abolizionista puro, perché ritengo che
un mucchio di artisti e creativi credano nella necessità dei diritti d’autore, perciò penso
che possiamo discutere di numeri. Riportare la protezione a periodi ragionevoli di tempo,

non più dei 14 anni originali di protezione, o meno; il Partito Pirata propone un limite di
cinque anni. Accanto a ciò vi è l’offerta di una scelta ai creativi, rendendo popolari licenze
basate sulle scelte, come i Creativi Commons. Ma la priorità sta nel trovare nuovi modi
di finanziare la creazione … ciò si può fare attraverso licenze collettive e altre forme di
finanziamento pubblico, promuovendo e sostenendo modelli di commercio aperti e, alla fin
fine, mediante un reddito minimo, che riconosca che ogni cittadino contribuisce al valore
e lo crea. Questi obiettivi si possono conseguire in parte attraverso l’innovazione sociale
che deriva dalle comunità di produzione paritaria che sperimentano intensamente nuove
forme di commercio, quali il movimento per la cultura gratuita, i Partiti Pirata, e altre
espressioni della nuova cultura della condivisione.

A me pare che il P2P stia creando una specie di “mondo interamente nuovo”,
ma senza alcun riferimento o collegamento all’attuale sistema politico. Se
Occupy rappresenta un’alternativa che si impegnasse in politica, qual è il
collegamento tra la politica paritaria e la democrazia borghese e i partiti
politici?

Michel Bauwens: Questa è una domanda molto difficile e deriva da un paradosso.
Un aspetto è la crescente consapevolezza sociale che la nostra attuale democrazia è una
facciata e che lo stato è stato occupato da una fazione finanziaria predatrice, mentre
i politici non vedono altra via d’uscita che soccombere ai suoi ricatti. Ma l’altro lato
è che le libertà e i diritti popolari e il reddito privato e sociale sono sempre più sotto
pressione, il che porta alla mobilitazione politica e sociale così come a un efficace impegno
politico. Il primo aspetto porta a una continua innovazione democratica dalla nuova
cultura P2P; pensa ai meccanismi di amministrazione paritari nelle comunità paritarie

di produzione; nuove invenzioni, come il voto dinamico, e anche se questi meccanismi
operano all’esterno delle convenzioni vi sono anche inserite nuove forme di creazione
di valore, nuove istituzioni sociali P2P e perciò pronte a crescere. Il secondo aspetto
porta a nuove forze politiche e sociali che operano all’interno del sistema attuale, come
l’emergente Partito Pirata. In Brasile ho sentito che il vivace movimento culturale Eixo
do Foro, che ha una contro-economia funzionante centrata sulla musica, si sta anche
politicizzando e impegnando nella politica locale. Il secondo conduce a quella che chiamo
politica diagonale, ovvero a un mutuo adattamento tra le forze e le prassi emergenti P2P e
le vecchie realtà istituzionali.
Nella misura in cui ciò sia inefficace, allontana dalla soluzione derivante dal primo aspetto,
ovvero prepara a un più radicale e rivoluzionario riordinamento delle nostre istituzioni.
Significativamente un membro del Partito Pirata Svedese ha scritto una volta che il Partito
Pirata è l’ultima possibilità di evitare la rivoluzione. Nella misura in cui l’attuale sistema
rifiuta di adattarsi, in quella misura accresce la necessità e la spinta a trasformazioni più

radicali.

Come valuti l’impatto del P2P sul movimento sindacale? Non mina anche le
strutture burocratiche delle organizzazioni dei lavoratori?

Michel Bauwens: Sono in contatto con giovani attivisti sindacali e del lavoro che sono
forti sostenitori del movimento sindacale in rete e vediamo anche come il movimento
Occupy ha già radicalizzato il movimento sindacale statunitense. Ma alla fine la vecchia
struttura istituzionale e gerarchica dei sindacati, così come la loro crescente incapacità di
proteggere le conquiste sociali nell’attuale sistema regressivo devono anch’esse condurre

a un profondo rinnovamento del movimento sindacale. In un certo modo il movimento
P2P è effettivamente un’espressione del nuovo strato dominante di lavoratori del settore
cognitivo, che in occidente sono il pilastro del lavoro produttivo. P2P è la loro cultura
e quel che deve essere realizzato per realizzare un lavoro produttivo e utile. In quel
senso il movimento P2P è il nuovo movimento del lavoro del ventunesimo secolo, con
gli Indignados e Occupy come prima espressione di quel nuovo sindacato ma anche di
sensibilità civica.

Tu dichiari che P2P rende possibile una nuova e “più elevata” forma di
società. Prima non è stato così perché la tecnologia non esisteva. I Marxisti
dicono la stessa cosa da più di 150 anni. Pensi che si sbagliassero allora,
che forse abbiano ragione oggi oppure P2P è qualcosa di ‘completamente
diverso’?

Michel Bauwens: Considero il marxismo e le altre forme di socialismo e anarchismo,

alla fin fine come un’espressione della dicotomia all’interno del sistema capitalista
industriale e che propongono altre logiche per gestire il modello industriale. Ma P2P è
espressione delle dinamiche di classe e sociali in evoluzione sotto il capitalismo cognitivo.
E anche se il primo era sostanzialmente anti-capitalista e non poteva realmente puntare
a una nuovo modello iperproduttivo di organizzazione della produzione (il socialismo
era un’ipotesi, e gli esempi della sua attuazione reale inevitabilmente hanno deluso; non
vi era un socialismo emergente all’interno del capitalismo e solo il ‘capitalismo di stato’
al di fuori di esso) quello che è diverso nel movimento P2P è che può puntare a modelli
già esistenti che superano in cooperazione e competizione i modelli capitalisti classici,
ovvero è post-capitalista. Marx aveva ragione riguardo al capitalismo ma aveva torto
riguardo al socialismo e io credo che il modello, diretto politicamente, del cambiamento
sociale, quando non sia basato su un modello produttivo già esistente, sia stato mal
concepito. Il movimento P2P è perciò pronto a realizzare quello che i movimenti del
diciannovesimo e ventesimo secolo non hanno potuto realizzare perché a loro non era

disponibile l’alternativa iperproduttiva. La politica del fluire del P2P da una prassi sociale
già esistente, quella è davvero la differenza chiave.
Originale : http://forum.tanit.co/joomla/index.php/forum/5-General-
Discussion-%28public%29/694-Peer-to-Peer-and-Marxism#694

Repost: https://snuproject.wordpress.com/2012/01/03/and-the-debate-begins-peer-to-peer-and-marxism-
analogies-and-differences-jean-lievens-interviewed-with-michel-bauwens/

El Socialismo del Siglo XXI, en Wikipedia

De Wikipedia, la enciclopedia libre

El Socialismo del siglo XXI es un concepto ideado por Heinz Dieterich Steffan, a partir de 1996[1], y muy difundido desde el 30 de enero de 2005, por el Presidente de Venezuela, Hugo Chávez en ese entonces desde el V Foro Social Mundial. En el marco de la revolución bolivariana, Chávez ha señalado que para llegar a este socialismo habrá una etapa de transición que denomina como Democracia Revolucionaria.

Hugo Chávez expresó “Hemos
asumido el compromiso de dirigir la Revolución Bolivariana hacia el
socialismo y contribuir a la senda del socialismo, un socialismo del
siglo XXI que se basa en la solidaridad, en la fraternidad, en el amor,
en la libertad y en la igualdad”
en un discurso a mediados de 2006. Además, este socialismo no está predefinido. Más bien, dijo Chávez “debemos transformar el modo de capital y avanzar hacia un nuevo socialismo que se debe construir cada día”[2].

A su juicio por las condiciones presentes en el actual mundo globalizado, esta transición será bastante prolongada. Dentro de este concepto sería definitivamente el socialismo el camino a seguir, contrario al neoliberalismo.

Dice el gobierno venezolano y sus partidarios que habrá que realizar
una transformación profunda de la estructura social, económica y
política, pero que no se puede pretender acelerar torpemente la
dinámica de los cambios estructurales. También se ha hecho un llamado a
generar la discusión sobre el tema, para abrir cauces a este sistema de
vida propuesto y en proceso de desarrollo en la región.

Estructura Ideológica

Dieterich, en su obra Socialismo del Siglo XXI se funda en la visión de Karl Marx sobre la dinámica social y la Lucha de clases, pero supera la dialéctica que funda el pensamiento marxista, influído por el filósofo Enrique Dussel y su Filosofía de La Liberación (de hecho menciona a Dussel al principio de la obra). Dieterich es partidario de la Democracia participativa y directa, con lo que se aparta de la teoría de la Dictadura del proletariado de Marx, asumiendo posturas que pudieran llegar a asemejarse al socialismo libertario.

Heinz Dieterich critica a Marx por no haber ideado un sistema económico viable para la sociedad comunista y por establecer un modelo estático y absoluto de la sociedad ideal. En cambio, dentro de lo que denomina Socialismo del Siglo XXI no existe una estructura absoluta y final sobre lo que debe ser una sociedad sin clases sociales Lo que separa determinantemente al marxismo del Socialismo del Siglo XXI es que este último no tiene como fin la instauración de un estado por sobre los ciudadanos.

Praxis Teórica

Al contrario del marxismo,
Dieterich no establece un modelo único y absoluto para lograr una
sociedad democráctica, participativa, socialista y sin clases sociales.
Más bien establece un marco metodológico para elaborar lo que denomina El Nuevo Proyecto Histórico (NPH) con la ayuda del Bloque Regional de Poder (BRP) que serían las sociedades o comunidades que apoyen al NPH de una determinada sociedad; que actualmente sería la Revolución bolivariana de Venezuela

Economía de Equivalencias

Dieterich en el Socialismo del Siglo XXI propone un modelo económico que no esté basado en el precio de mercado, fundamento de la Economía de mercado y del Capitalismo, fuente de las asimetrías sociales y de la sobre explotación de recursos naturales, según su punto de vista.

Propone lo que denomina una Economía de valores fundado en el valor del trabajo que implica un producto o servicio y no en las leyes de la oferta y la demanda. Este valor del trabajo
se mediría sencillamente por el tiempo de trabajo que demanda un
determinado producto o servicio; además de los valores agregados a
dicho trabajo, es decir, el tiempo de trabajo que se usó para producir
las herramientas o servicios que se emplean en el trabajo mismo, lo
cual a su vez lleva a un ciclo complejo de tiempos de trabajo sumados
recíprocamente. Para solucionar el problema práctico que implica la
teoría de la Economía de valores, propone usar la llamada Rosa de Peters
La aplicación de este tipo de economía, según el punto de vista de
Dieterich, pondría fin a la explotación del ser humano contra el ser
humano y quitaría poder e influencia a los grandes capitalistas, lo
cual produciría una verdadera democracia económica y social;
donde no se impondrían los intereses de las grandes empresas por sobre
el interés general de la sociedad, algo que sucede en todas las
democracias según Dieterich.

El proyecto de Economía de valores no está profusamente detallado en el Socialismo del Siglo XXI
ni considera el grado de complejidad de determinados trabajos, que
exigen especializaciones científicas, y cuyo tiempo de trabajo no puede
ser valorado de la misma manera que los trabajos no especializados.
Tampoco considera el valor físico de producción energética por sobre el consumo energético de un determinado trabajo (en inglés conocido como EROEI),
algo fundamental para el desarrollo social, tecnológico y humano de una
sociedad. Esto proyecta una economía de equivalencias donde es igual el
trabajo de un carbonero (por ejemplo) al de un científico nuclear o al
de un psiquiatra, lo cual ha originado una de las principales criticas
a este tipo de economías, ya que el incentivo para estudiar ciencias se
pierde y el desarrollo tecnológico y científico de la civilización se
estanca

Constante Reformulación

Heinz Dieterich Steffan, al final de su obra, llama a un debate abierto y constructivo para mejorar el proyecto del Socialismo del Siglo XXI, lo cual indica que dicha ideología sigue reformulándose.

Dieterich actualmente es el asesor principal del presidente venezolano Hugo Chávez[3], lo cual lo convierte en el principal ideólogo de la Revolución bolivariana y en el actor principal de dicha revolución.

Recientemente Dieterich ha expresado que la economía mixta es el medio para llegar al Socialismo del siglo XXI[4] Lo cual indica la versatilidad pragmática de dicho socialismo.

Hugo Chávez Y El Socialismo del Siglo XXI

Actualmente el gobierno de Hugo Chávez es el único que está implementando avanzadamente el Socialismo del Siglo XXI, también mandatarios como Rafael Correa de Ecuador y Evo Morales de Bolivia han manifestado que seguirán el rumbo de este tipo de socialismo.

La idea del socialismo del Siglo XXI ha ido tomando caracteres
tradicionalmente socialistas en los últimos años, especialmente en 2005 y 2006.
Chávez ha llegado a decir que previamente “llegaba a pensar (…) en un
capitalismo con rostro humano, o el capitalismo social, una tercera vía
entre socialismo y capitalismo. El paso de los años me convenció que
eso era imposible: un capitalismo humano es una contradicción en sí
mismo”.[5]

A comienzos de 2007, el presidente venezolano mostraba sus
referencias teóricas, frente a la cúspide eclesiástica de su país
expresó «Les recomiendo a los obispos que lean a Marx, a Lenin, que
vayan a buscar la Biblia para que vean el Socialismo en sus líneas, en
el viejo y nuevo testamento, en el sermón de la montaña.»[6]. En el mismo acto, Chávez afirmó compartir ideas trotskistas, como la revolución permanente.[7].

Críticas

Existen algunos críticos al Socialismo del Siglo XXI, generalmente provienen de sectores tanto de la derecha como de la izquierda. Algunos marxistas lo consideran un socialismo falaz[8][9] y la derecha estima que se basa en ideas caducas y perimidas[10].

Desde diversos sectores sociales e ideológicos allegados a la acción
y movimientos populares de base se alega que no es posible hablar
seriamente de un socialismo del siglo XXI si antes no se realiza una
crítica profunda del “socialismo real
que existió el pasado siglo en Rusia y el Este Europeo y así como de
otros modelos estadocéntricos, porque si no se establecen las causas de
su fracaso se pueden repetir los mismos y terminar en un nuevo fracaso
que convierta la situación en algo peor que el problema que se buscaba
solucionar[cita requerida].

Referencias

  1. Entrevista a Heinz Dieterich
  2. Los errores del estalinismo burocrático frente al Socialismo del Siglo XXI y “Socialismo Siglo XXI”.
  3. El intelectual alemán que asesora a Hugo Chávez
  4. “Si
    la propiedad del Estado fuese socialismo, ya con (el rey) Carlos V
    tendríamos socialismo en América Latina, porque cuando llega la Corona
    Española a América, toda la propiedad de la tierra, el subsuelo y lo
    que está arriba es patrimonio del rey, pero eso era feudalismo, no
    socialismo. La única vía posible es una economía mixta, que tendría
    tres sujetos, el Estado, la empresa privada y la propiedad social, como
    cooperativa”
    más en Heinz Dieterich: “Economía mixta es la vía al socialismo del siglo XXI”
  5. http://www.emancipacion.org/modules.php?name=News&file=article&sid=791 Socialismo a la venezolana, adiós a la tercera vía.
  6. Chávez instó a funcionarios de la Iglesia Católica venezolana a ocupar su lugar
  7. Transcripción del discurso presidencial del 8 de enero de 2007
  8. ¡Proletarios
    del mundo, uníos y alerta contra los que en nombre del socialismo
    quieren encausarlos tras los bloques latinoamericanos de poder, los
    genios del surplus mundial, los generales descífrotas, la revolución
    por etapas y subfases de coexistencia estratégica y los saltos
    cuánticos!
    (con generales descífrotas hace referencia a Hugo Chávez) más en Algunas consideraciones acerca de “El socialismo del siglo XXI” de Heinz Dieterich Steffan
  9. Los
    especuladores y acaparadores, los grandes capitales, la burguesía
    apéndice del imperio y parasitaria de los Estados nacionales han
    encontrado en el renegado Heinz Dieterich un gran aliado.
    Recientemente, 19/02/07 (días de carnaval), en una entrevista realizada
    por un periódico de circulación nacional, Ultimas Noticia, Dieterich
    disfraza su retorica con harapos difíciles, por el pueblo, de
    identificar. En ella, dice lo siguiente: “Estatizar la propiedad
    privada no lleva al socialismo”…”Si la propiedad del Estado fuese
    socialismo, ya con (el rey) Carlos V tendríamos socialismo en América
    Latina, porque cuando llega la Corona Española a América, toda la
    propiedad de la tierra, el subsuelo y lo que está arriba es patrimonio
    del rey, pero eso era feudalismo, no socialismo. La única vía posible
    es una economía mixta, que tendría tres sujetos, el Estado, la empresa
    privada y la propiedad social, como cooperativa”
    más en Dieterich, un Zar de la manipulación
  10. En
    síntesis: tiene escaso sentido tomarse demasiado en serio el Socialismo
    del siglo XXI en un plano teórico, aunque sí cabe medir con tino su
    función política. No aporta nada nuevo en el nivel de la teoría, y en
    tanto se entiende lo que sus promotores plantean, es claro que nos
    hallamos frente a un retroceso intelectual a los postulados de aquellos
    a quienes Marx llamaba “socialistas utópicos”, es decir, al retroceso
    hacia una concepción arcaica de sociedad, con intercambios económicos
    primitivos. No obstante, como ya sugerí, el Socialismo del siglo XXI
    renueva un mito que se niega a morir.
    más en Socialismo: fracaso y mito

Enlaces externos

El padre del socialismo del siglo XXI negó que el trueque sea la base

(“El Universal” 03.01.2007)

El hecho de que “dos tercios” de los electores venezolanos ratificaran a Hugo Chávez en la Presidencia de la República, así como que “las Fuerzas Armadas ahora son confiables”, son algunos elementos que llevan a Hans Dieterich Steffan a afirmar que “ahora sí” hay las condiciones para desarrollar en Venezuela el socialismo del siglo XXI, que definió como un sistema en el que “las mayorías tengan el mayor grado de decisión históricamente posible en las instituciones económicas, políticas, culturales y militares, que rigen su vida”.

En entrevista publicada en la página Rebelión.org, el sociólogo alemán -quien reivindica ser el inventor en 1996 del concepto que enarbola el presidente Chávez- cree que generar el “circuito paralelo de la economía de valor sería relativamente fácil” y negó que el sustento del mencionado sistema político sea el trueque.

“Esto es tan erróneo como la afirmación de que nadie sabe cómo construir el socialismo del siglo XXI. El problema de la injusticia económica no reside en el dinero. No tiene que ver con que una economía sea monetarizada o si funciona con el intercambio en especie (…) Injusticia existe cuando se intercambia un producto A por un producto B, y sus valores no son iguales”.

Precisó Dieterich que Hugo Chávez debe dar dos pasos para poner en vigencia ese concepto en Venezuela: reemplazar gradualmente el principio regulador de la economía de mercado (el precio) por el principio regulador de la economía socialista (el valor) para lo que sería necesario desarrollar un software para el cálculo. Asimismo propone avanzar en la participación económica de ciudadanos y trabajadores en tres niveles: en lo macroeconómico, en lo mesoeconómico y en lo microeconómico.

De allí que el sociólogo califica como el “paso trascendental” establecer “una contabilidad socialista al lado de la contabilidad capitalista” en las entidades estatales y sociales para “ganarle terreno” al capitalismo “hasta desplazarlo en el futuro”. “En todo esto juegan un papel importante el Estado y las mayorías, pero ambas están hoy día con el proyecto del Presidente”.

El socialismo del siglo XXI. La economía de equivalencias

Entrevista a Heinz Dietrich 7/4/2004 (I).
Luis Juberías Gutiérrez (Avant)

Luis Juberias Gutièrez: Teorizando un socialismo para el SXXI, el Nuevo Proyecto Histórico, has dicho en tus escritos que éste consistía en democracia participativa y economía de equivalencias, ¿podrías aclararnos cuál es esta alternativa económica?

Heinz Dieterich: Una sociedad superior, una sociedad diferente a la existente necesita poner una nueva institucionalidad cualitativamente diferente a la existente.

La democracia es una parte de la discusión sobre la nueva institucionalidad socialista, pero no presenta mayores problemas teóricos, porque la evolución de la democracia desde los griegos, el despotismo oriental, la monarquía constitucional, etc., hasta la nueva democracia, esto es fácil de entender: la gente quiere democracia real participativa. El segundo aspecto es mucho más complicado: la economía.

En efecto, la debilidad fundamental de las propuestas autodefinidas como izquierda ha sido la incapacidad para definir una economía cualitativamente diferente a la economía nacional de mercado o como la tendríamos que llamar con más precisión “crematística de mercado”. De ahí que todas las críticas que escuchas al capitalismo o terminan en Keynes, Tobin o Stiglitz.

Tenemos un problema de 200 años, cuando se forma la escuela clásica (Ricardo, Smith), todos coincidían que el único valor de un producto, una mercancía es el trabajo socialmente necesario que representa. Pero la comprensión teórica correcta del problema de una economía justa, era difícil, porque no había las condiciones objetivas para convertir el conocimiento de la nueva institucionalidad económica socialista en una economía operativamente posible.

Se necesita la condición objetiva de conocimiento de poder calcular el
valor, hoy solucionado con la matemática de matrices, la condición tecnológica de poder procesar los datos, actualmente a nuestra disposición con la informática, y la condición política, una sociedad en la cual el objetivo sea dar igual nivel de vida a todos los ciudadanos, y esto es sólo posible en una sociedad no capitalista, pues la elite económica no te permite hacer una economía en la cual esfuerzos laborales iguales son intercambiados, porque todo el sistema se basa en el poder económico, y no en el intercambio democrático ético.

-Perdone, ¿por qué llaman de equivalencias a un sistema económico que opere sobre la base del valor trabajo?

Equivalencia viene, por una parte, de valor, que entendemos por cantidad de tiempo. Lo que importa aquí es cantidad, no importa el trabajo concreto. Lo importante es el tiempo de trabajo que necesitas para producir esos valores. Por otra parte, equivalencia significa valores iguales. Una economía de equivalencias es una economía en la cual los intercambios y las gratificaciones de los sujetos económicos se hacen sobre valores iguales, es decir, sobre esfuerzos laborales, cantidades de trabajo aportados a la generación de la riqueza social. Y en esto radica la justicia.

-Bueno, pero ¿vale igual el trabajo de un trabajador no cualificado, que el de un trabajador con capacidad técnica, que ha “invertido” en capital humano, según la terminología al uso?.

Este problema ha sido discutido en el socialismo “realmente existente”, como el problema del trabajo cualificado frente el simple. Por ejemplo, el ingeniero debería ganar más que el mecánico y éste más que el barrendero. En el socialismo europeo esto se solucionó argumentando que un mayor esfuerzo, una mayor formación profesional debería tener alguna gratificación material y así se hizo, pero con límites políticos. Por ejemplo, en la URSS y en Cuba la desproporción en la ganancia estaba limitada. Esto debe mantenerse en la fase de transición al socialismo del siglo XXl, porque necesariamente será desigual y luego surgen los problemas de la fuga de cerebros (un serio problema en Cuba). Esto se puede solucionar reconociendo que estamos en una fase de transición y que por lo tanto ciertas injusticias no se pueden abolir rápidamente.

El ideal de justicia de que todos tengan la misma gratificación por el mismo esfuerzo laboral, a mi juicio, sólo se consigue en el comunismo. Para que esto suceda no es suficiente la voluntad, sino que se exigen unas condiciones objetivas. Para que cada uno pueda aportar lo mismo con igual esfuerzo, necesitas niveles semejantes de alimentación, educación, participación, etc., es un proceso de voluntad política y de condiciones practicas que te hacen una sociedad homogéneas en cuanto a realizar y aportar más o menos lo mismo.

Mientras esto sea un proceso inacabado, creo que es necesario resolver el problema del estímulo a través de alguna gratificación material de aquellos que realizan un trabajo más peligroso, los que se esfuerzan más y los que tienen más conociminetos.

-En esta idea de una economía sin mercado, en que el valor de las cosas se fije en función del trabajo incorporado, ¿ qué mecanismos de información podrían suplir la que proporciona, con todas sus distorsiones, la dinámica oferta-demanda, ¿cómo se determinaría entonces cuánto y qué se produce?

La Escuela de Escocia, vinculada al Partido Socialista de los Trabajadores, fija que una economía planeada estratégicamente en sus macroindicadores sería mucho más rápida en su respuesta a las cambiantes demandas de la sociedad que el actual sistema de mercado. La hipotesis que manejan es que hoy el sistema de información a través de computadoras te permite hacer mucho más realista y rápido en preveer y reaccionar a los cambios de la demanda.

En el capitalismo es catastrófico el mecanismo de adaptación al mercado. No hay una institución que determine cuanto se va a invertir y cuánto será absorbido.

Esto es lo que produce las crisis, que son irresolubles. El costo social de ese mecanismo de adaptación en la economía de mercado, que destruye a quien se haya equivocado o que tenga menos poder, es muy alto. Los escoceses afirman que una buena planificación democrática macroeconómica a través de la informática seria mucho menos costoso y rápido, comparado con el mercado.

-De acuerdo, tenemos los principios para ordenar la vida social sobre bases nuevas. ¿Cómo llegamos allí? ¿Quién es el sujeto histórico que puede realizar este proyecto?

Cuando Marx y Engels determinan en el manifiesto comunista que el sujeto liberador es la clase obrera, fue una interpretación correcta en su monento, porque dentro de las clases sociales que estaban en movimiento para la previsible revolución de 1848, la clase obrera era la más explotada. Pero hoy en día no tiene sentido mantener esa posición. Habrá múltiples sujetos de liberación que se definen por su aportación práctica y teórica a la liberación, y aquí entra el término de la vanguardia. ¿Y quién es hoy la vanguardia?

Cualquier determinación formal como que la vanguardia es la clase obrera, las mujeres, los indígenas, los afroamericanos, etc., es un determinación formal sin sentido. Porque serían criterios aristocráticos que aplicaramos en definir la vanguardia. En el feudalismo, la vanguardia es aquel que tiene sangre azul, no tiene que ver con sus méritos, sus virtudes, y no tiene nada que ver con la
eficencia del liderazgo de la sociedad. Necesitamos utilizar un criterio
material, con lo cual no digo que Marx tuviera un criterio formal. Hoy por la diversificación de la sociedad, hay muchos sujetos buscando su liberación a nivel de pueblos sin estado (Catalunya, País Vasco), a nivel de género, étnico, etc. Todos estos sujetos de la sociedad global están buscando vías de convertirse en sujeto; dejar de ser entes oprimidos por entes más poderosos, y por lo tanto, todos esos sujetos tiene en común la lucha por una vida en democracia real y justicia. Esta la gran potencia que tenemos hoy en el planeta y que tenemos que saber aprovechar.

-¿Habrá algún sujeto más avanzado, que indique el camino a los demás, que sea “vanguardia”?

La vanguardia va a ser aquel sujeto que entienda mejor la situación objetiva, que sepa explicar mejor a la población cual es la situación efectiva, porque de allí se deriva la vía posible de liberación. Y, a su vez, va a ser el sujeto que dé ejemplo. La doble vertiente análitica y didáctica, y luego falta la práctica.

La gente actúa y aprendre por el ejemplo. Quien va a conducir el proceso va a ser quien tenga autoridad moral, que adquieres mediante la determinación. Es el concepto de hegemonía en Gramsci, que la gente entienda que tal sujeto expresa sus necesidades y problemas, y ofrece mejores vías de solución mejor que otro sujeto. Por ejemplo, en Londres la vanguardia era la gente que protestaba contra la guerra de Iraq y la retaguardia era Blair. Se produce una separación entre la autoridad moral i la institucional. Y en un proceso democratizador desde abajo, serán esas personas que adquieran la autoridad moral, las que serán la vanguardia.

*Agradecemos la oportunidad de hacer esta entrevista a Defensem Cuba y a Víctor Reixach, de Berria,  por su colaboración

La revolución promueve el trueque

“El Universal” (30.07.2006) El Ministerio de Economía Popular da los primeros pasos y diseña espacios para “el intercambio solidario” y una “moneda social”. La economía alternativa de Heinz Dieterich es la base ideológica.

Dos meses atrás, frente a un exaltado grupo de cooperativistas y futuros banqueros comunales, Hugo Chávez develó la nueva arma para derruir la burguesía y el capitalismo: incentivar el trueque.

“Una tremenda cachama te la cambio, ¿por qué? Por tres racimos de plátano”, explicó el presidente de la República y acto seguido miró a la ministra de Economía Popular, Oly Millán, para advertirle que “quiero ir a ver resultados. Mercados comunitarios, mercados de trueque”.

“Ustedes me dirán: ¡Chávez se está volviendo loco! Bueno, es que es la única manera de romper con el capitalismo desde abajo”, añadió el líder de la revolución bolivariana.

Recibida la orden, el Ministerio de Economía Popular, según ha explicado su viceministro, Carlos Luis Rivero, ha comenzado a estudiar cómo implementar el “trueque solidario” en ferias populares y “mercados endógenos”.

Vil dinero

El proyecto se articula con otra idea que consume el tiempo de funcionarios del Banco de la Mujer, el Banco del Pueblo y las Cajas Rurales: la moneda cooperativa.

Al intercambiar bienes sin que medie el dinero convencional surgen intercambios disparejos, ¿Cuántas cachamas se cambian por una chaqueta?, o la posibilidad de que quien tiene la chaqueta no desee comer cachama en ese instante. Para corregir este problema se planea crear una moneda local, que funcione como una especie de vale.

El Ministerio de Economía Popular organizó un seminario sobre “moneda social” en febrero de este año, donde de acuerdo con Heloísa Primavera, profesora e investigadora de la Universidad de Buenos Aires, “algunos emprendedores de la misión Vuelvan Caras pudieron experimentar con una moneda social denominada chavito”.

Heloísa Primavera, quien es citada en una publicación del Ministerio,
añade que “la moneda social es un bono creado, emitido y controlado por sus mismos usuarios, que lo utilizan en un circuito cerrado de forma que éste reemplace al dinero oficial existente, que podrá ser utilizado para otras finalidades”.

El Gobierno ha enviado técnicos a Argentina, Brasil y Uruguay, países en los que se han desarrollado experiencias con monedas “sociales” para recabar datos e iniciar un plan piloto con cooperativas.

El ideólogo

Bajo una tremenda falta de liquidez, desempleo desbocado e inflación de dos dígitos, el trueque y las monedas alternativas florecieron en la Rusia de finales de los 90 y en la Argentina de principios de esta década, como una manera de aliviar el colapso.

Pero el fin de la revolución bolivariana es construir una alternativa al capitalismo, mediante sustitutos del dinero.

El ideólogo más importante del proyecto chavista es Heinz Dieterich, alemán, profesor de la Universidad Autónoma Metropolitana de México (UNAM), quien publicó, entre otros, el libro Chávez y el socialismo del siglo XXI, y constantemente viene a Caracas para reunirse con funcionarios del más alto nivel.

Dieterich combina en sus trabajos los conceptos de Arno Peters para moldear lo que llama “la economía equivalente”, que deberá sustituir al mercado, eliminando la noción de precio y dando paso a un sistema donde los bienes se producen para cubrir necesidades y se intercambian al mismo valor.

En un artículo del 22 de junio, Dieterich propone ideas para acelerar la transición, ya que en el congreso ideológico del MVR a realizarse en el primer semestre de 2007 está previsto declarar de forma oficial el carácter socialista de la revolución bolivariana.

“Toda transformación socialista pasa por quitarle el revólver al capital, es decir, el poder del precio”, afirma Dieterich.

El ideal es que el valor venga dado por el tiempo empleado para producir. Para introducir esta idea, Heinz Dieterich propone que “el empaque de un litro de leche, por ejemplo, llevaría la siguiente denominación: Precio 2 mil bolívares; valor, 10 minutos”.

De esta manera el público notaría que “en un producto 10 minutos de trabajo se expresan en 2 mil bolívares y en otro valen 10 mil bolívares”, lo que dará pie a “un proceso de discusión que genera conciencia socialista”.

“Mercancía, ¿Cuánto vale?, ese es el capitalismo”, explicaba Chávez a cooperativistas.

La opción Dieterich: un camino al socialismo

1. La tarea

Recientemente, el Presidente venezolano encargó a tres miembros de
su gabinete elaborar propuestas para acelerar el Rumbo al Socialismo
(RAS). Los tres ministros ya entregaron sus trabajos y dentro de dos
semanas se pretende discutir los resultados. La iniciativa del
Presidente es oportuna porque el Talón de Aquiles del proceso es la
ausencia total de formación política de los cuadros medios.

La razón de esta debilidad es la falta de comprensión teórica del
Socialismo del Siglo XXI, que se debe, a su vez, a dos factores: a) no
se estudia la teoría respectiva, ni siquiera en las mismas
instituciones educativas del proceso, como son las Misiones y las
universidades bolivarianas, y, mucho menos, por supuesto, en los
ministerios y empresas estatales; b) dentro de los estratos de
liderazgo de la Revolución y de la Nueva Clase Política (NCP) es casi
imposible encontrar líderes que tengan interés real en el nuevo
socialismo.

Ante esta situación —que hace que la idea de declarar en forma
oficial el carácter socialista de la revolución en un congreso
ideológico del partido Quinto República (MVR) en el primer semestre de
2007, luzca un tanto exótica — aportamos esta contribución solidaria
a la búsqueda del Presidente, de sus ministros y de los
latinoamericanos que pretendan llegar a una Patria Grande socialista.

Dado, que la teoría y la implementación de la economía socialista es
el aspecto más difícil de la nueva civilización, nos concentramos en
este aspecto.

2. ¿Que es una economía socialista?

El primer paso para implementar una economía socialista es saber, en
qué se diferencia esa economía de la economía de mercado capitalista
que sufrimos actualmente. Las diferencias principales, es decir las
características principales de la economía socialista, son seis: cuatro
que pertenecen a la democracia económica y dos que pertenecen a la
economía política de valor.

A. Los cuatro elementos de la democracia económica:

1. La incidencia real de los ciudadanos en las decisiones
macroeconómicas, por ejemplo, el presupuesto nacional. 2. La incidencia
real de los trabajadores en las decisiones microeconómicas (la
empresa), particularmente sobre la tasa de plustrabajo, que decide el
grado de explotación de la mano de obra, y la tasa de inversión. 3. La
incidencia real de los ciudadanos en las decisiones económicas de la
comunidad, por ejemplo, a través del presupuesto participativo
municipal. 4. La planeación de la economía sobre esas incidencias de
las mayorías.

B. Los dos elementos de la economía de valor:

1. La contabilidad y operación de la economía se realiza mediante el
valor (los insumos de tiempo), no sobre el precio de mercado. 2. El
intercambio de los productos se realiza mediante valores iguales. Este
es el principio de la equivalencia que instala la justicia social a
nivel de la producción, no de la distribución empresarial o
redistribución estatal. La justicia social se realiza, de esta manera,
desde el primer nivel de toda actividad económica: la producción.

Estas son las seis instituciones básicas de la economía socialista.
Solo cuando un sistema económico opera sobre ellas, puede hablarse de
economía socialista. Cuando no existen o no son operativas, no se ha
salido de la economía de mercado, porque la base económica no ha
entrado a una civilización postcapitalista. Intentos de trascender la
economía de mercado que no alcancen esta institucionalidad socialista,
revertirán tarde o temprano al capitalismo pleno, por más que se
declare el socialismo o comunismo como intención o realidad por parte
de los gobiernos.

3. El paso decisivo: la sustitución del precio por el valor

El paso decisivo en la transformación de la economía de mercado
hacia la economía socialista reside en la sustitución del precio por el
valor. Para entender este paso decisivo hay que entender el papel que
juega el precio en la economía de mercado. Este papel es doble. El
precio cumple dos funciones vitales para el sistema: a) es el centro
cibernético de la economía nacional, regional y global, que dirige los
flujos de mercancías (productos), servicios, dinero y capitales; sin el
precio, la economía de mercado no se mueve, es un sistema muerto; b) es
el principal mecanismo de apropiación del plusproducto o excedente
económico (ganancia); es decir, es el principal instrumento de
enriquecimiento y de la acumulación de capital de los empresarios.

¿Y cual es la relación entre el precio y la propiedad sobre los
medios de producción? La forma de propiedad sobre los medios
—estatal, privada, social o mixta— es la base jurídica de la
economía: es la Magna Carta o Constitución del quehacer económico. Pero
esta normatividad general no sirve para el enriquecimiento empresarial
cotidiano. Este enriquecimiento cotidiano requiere de un instrumento
operativo y este instrumento es el precio de mercado.

El precio es el equivalente funcional del revolver en el asalto
bancario: quien tiene el revolver (el poder) se lleva la riqueza. En
este sentido, toda economía de mercado es una economía gangsteril,
anti-ética, en la cual rige la ley del más fuerte. Hoy día, los sujetos
económicos más fuertes son las empresas transnacionales y los Estados
burgueses.

Toda transformación socialista pasa, por lo tanto, por quitarle el
revolver al capital, es decir, el poder del precio. En el socialismo
histórico se hizo esto quitándole los medios de producción a los
empresarios y asumiendo el Estado la doble función del precio. De esta
forma se bloqueó efectivamente la acumulación de capital en manos de
los empresarios privados, pero se fracasó esencialmente en la función
cibernética, la optimización de los flujos económicos. En otras
palabras: se neutralizó la función clasista del precio y se malogró su
función sistémica.

Una transición socialista en el mundo actual solo será exitosa si
logra sustituir la institución “burguesa” del precio, de tal manera,
que sus dos funciones fundamentales, la cibernética y la acumulativa,
pueden resolverse satisfactoriamente, mediante una institución
cualitativamente diferente: eficiente en la optimización económica y
carente de capacidad explotativa de otros seres humanos. Esta
institución es el valor.

4. ¿Cuál es el primer paso hacia una economía socialista en América Latina?

El primer paso político-económico hacia la economía socialista en
América Latina no es, en consecuencia, la estatización generalizada de
la propiedad privada —porque no resuelve el problema cibernético—
sino la sustitución del sistema de precio-mercado por el cálculo en
valores y el intercambio de valores iguales (equivalencia). El primer
paso no es nada espectacular ni glorioso: es la prosaica tarea de
establecer una contabilidad socialista, la del valor, al lado de la
contabilidad capitalista, la del precio.

Este primer paso consiste en el registro de todas las transacciones
internas y externas de la empresa en términos de insumos de tiempo
(time inputs), es decir, de valores. Esto es fácil de hacer, porque
todo proceso productivo se basa en el factor (vector) tiempo. De hecho,
los empresarios calculan sobre tiempos de producción, pero expresan
esos tiempos en unidades monetarias, es decir, como costos/ precios,
que les permiten apropiarse de la riqueza de los demás.

A esa relación valor-precio se debe que en las empresas modernas
digitalizadas los valores pueden “extraerse” con suma rapidez. En una
de esas empresas latinoamericanas donde estamos llevando a cabo un
estudio piloto de una economía socialista, los ingenieros de sistema
confirmaron lo que por inferencia deductiva era una verdad a priori:
que en tres semanas podrían proporcionar todos los valores (insumos de
tiempo) necesarios para una contabilidad socialista.

El segundo paso para la instalación de la economía socialista
consiste en la formación de un grupo de especialistas de software que
escriba los programas que permitan contabilizar todos los flujos de la
empresa en precios (dinero), valores (tiempo) y volúmenes (toneladas,
litros, etc.). Mediante las tres escalas comensurables de medición y
expresión del valor del producto, la empresa puede seguir comerciando
con su entorno de economía de mercado, sin violentar las relaciones
económicas establecidas, es decir, sin pérdidas de productividad,
producción o mercados. Hablando con Lenin, se establece una dualidad de
poder dentro de la empresa: la lógica socialista al lado de la lógica
capitalista.

Logrados estos dos avances ha llegado el momento, de dar el tercer
paso de la implantación de la economía socialista en la economía de
mercado.

5. La economía socialista se introduce en la vida cotidiana de la gente

Al conocerse el valor y el precio, la mercancía de la empresa
socialista se pone a la venta con las dos unidades de medición. El
empaque de un litro de leche, por ejemplo, llevaría la siguiente
denominación: Precio: 2000 bolívares; Valor: 10 minutos. Al comprar
diversos productos, el comprador se dará cuenta que la relación entre
valor y precio varía. Por ejemplo, que en un producto 10 minutos de
trabajo se expresan en 2000 bolívares y que en otro producto valen
10.000 bolívares. La disonancia cognitiva que entrañan ambas
expresiones genera inevitablemente un proceso de reflexión y discusión
social que genera conciencia socialista.

Es decir, al expresarse el valor del producto con una medida
objetiva y transparente, la socialista (tiempo) y, al mismo tiempo, una
medida dictatorial y explotativa, la capitalista (precio), se extiende

la dualidad de la lógica económica socialista y capitalista desde la
empresa hacia la vida cotidiana de los ciudadanos: desde la esfera de
producción de las mercancías hacia la esfera de circulación, el
mercado, el corazón del sistema capitalista. No puede haber forma más
pedagógica e impactante de acercar al ciudadano a la problemática de la
economía socialista que esta.

La semana pasada un grupo de jóvenes venezolanos me pidieron
asesoría sobre la posibilidad de construir un núcleo de desarrollo
endógeno, basado en la economía de equivalencias. Se la di en el
sentido de este ensayo. Junto con la gran empresa de miles de
trabajadora, que está en algún lugar de la Patria Grande, estos jóvenes
representan los primeros modelos de implementación de una economía
socialista que representa un modelo civilizatorio cualitativamente
diferente a la economía de mercado.

Al avanzar sobre las experiencias de estos dos modelos o prototipos
de empresa socialista se puede gradualmente extender el número de
empresas nacionales que operan sobre principios de la economía de
equivalencias, hasta que finalmente sean el elemento económico
dominante del sistema nacional-regional. Es a través de la
multiplicación de esas experiencias de economía política que sentaremos
bases sólidas para el Socialismo del Siglo XXI en la Patria Grande.

¡Si el Presidente busca el acelerador de su proyecto socialista, aquí está!

Traduccionez – 22 Junio 2006

http://www.espacioblog.com/traduccionez