Permacultura: modello di progetto comunitario per 25 – 500 famiglie

di Dann Zealley, The Permaculture Research Institute of Australia  – 31 gennaio 2012

Introduzione

Nel 2008 ho trascorso 6 settimane in Venezuela. Ho un amico venezuelano che crede, come me, che la permacultura potrebbe e dovrebbe essere la forza guida di un cambiamento positivo. Entrambi riteniamo che la Rivoluzione Bolivarista, il cui paladino più famoso è il carismatico Hugo Chavez, dalla personalità controversamente colorita, nonostante molti seri “problemi di crescita”, offra il modello più pragmatico per la trasformazione sociale dell’umanità in direzione di un mondo davvero giusto ed ecologicamente sostenibile. Da quando Chavez è stato eletto nel 1998 hanno già avuto luogo enormi cambiamenti. Nonostante la propaganda mediatica dell’industria che afferma  il contrario, la quantità di realizzazioni è innegabile (particolarmente quando la si confronti con il drammatico declino economico e sociale delle nazioni cosiddette “sviluppate” e l’inquietante aumento del deficit di democrazia in Europa e nell’America del Nord.)*

Tuttavia un elemento che è dibattuto ma raramente messo in pratica nella rivoluzione è il ruolo che i principi ecologici devono svolgere nel contesto della costruzione del “Socialismo del ventunesimo secolo”. Sono introdotte lampadine ecologiche per sostituire quelle inefficienti ad incandescenza e piccoli (piccolissimi) progetti di energia rinnovabile sono avviati in aree remote per alimentare i villaggi. Sono introdotti progetti di agricoltura organica. Ma non c’è una visione coerente a supporto di queste iniziative diversa dalla retorica politica ambientalista che cattura voti (particolarmente in questo 2012 che è un anno elettorale). Ciò è dovuto al fatto che la visione ecologica deve ancora avere un impatto sostanziale sulla visione socio-politica della rivoluzione. I principi ecologici devono guidare il motore del cambiamento nella rivoluzione, non solo essere passeggere di treno del progresso politico e sociale. I principi ecologici devono essere al centro del movimento bolivarista, non alla periferia. I principi ecologici devono essere l’elemento maggiormente definitorio del socialismo, non un’idea aggiunta.

Più significativamente i principi ecologici devono informare i nostri progetti per l’uso sostenibile della terra e delle risorse e le interazioni sociali in un modo quanto più pratico possibile, in modo che le persone di ogni livello di vita siano in grado di partecipare, prosperare e interagire con tutte le forme di vita che ci sono compagne nel rispetto che esse sicuramente meritano come membri della famiglia della Madre Terra. Fino a quando, come società, non considereremo non solo tutti gli umani, bensì tutte le forme di vita come parte delle nostre famiglie e non come merci, saremo vittime di conflitti che minacciano la nostra stessa esistenza. Questo concetto incorpora l’assioma del Che di un amore rivoluzionario applicato in un contesto universale. Questo concetto deve essere definito nel modo più pratico quando progettiamo l’uso della terra, le interazioni sociali ed economiche e l’interazione con il mondo della natura. Come ha proclamato Marx, dobbiamo interagire con tutto il mondo della natura come se fossimo parte del suo metabolismo, non come un male antagonista che attacca il suo ospite. Qui sta la distinzione fondamentale tra socialismo e capitalismo.

Ma il socialismo ha bisogno della guida dei principi ecologici come bussola per progredire e i principi ecologici necessitano del quadro sociale che solo il socialismo può offrire al fini di sostenere l’integrità che alimenta la vita di tutto il lavoro dell’ecologia. I 12 principi della permacultura formano il ponte filosofico tra socialismo ed ecologia in un modo più coerente e fluido di qualsiasi altra cosa io debba ancora incontrare.

Né dogmatica né escludente, la permacultura abbraccia tutto ciò che è davvero sostenibile, dalla saggezza indigena alla più recente tecnologia verde più d’avanguardia e, cosa della massima importanza, “percorre il cammino con il cuore”.

David Holmgren (co-fondatore dell’idea della permacultura) ci ha consegnato il lavoro più importante in questo campo: “Permaculture: Principles and Pathways Beyond Sustainability”, 2003, Chelsea Green [Permacultura: principi e percorsi oltre la sostenibilità].

Questo lavoro costituisce un modello del modo di pensare al mondo in un contesto davvero sostenibile. Ci mette in grado di progettare sistemi che non solo funzionino e durino ma anche si evolvano naturalmente per guarire le fratture al metabolismo della Madre Terra che il capitalismo e la religione istituzionale hanno fatto letteralmente a pezzi.

Ma abbiamo bisogno di esempi concreti che vadano oltre le scala del terreno di casa e delle piccole comunità. In questo spirito offro di seguito il mio progetto di modello di permacultura per comunità di villaggio e regionali. Originariamente è stato offerto al dipartimento per il recupero della terra del governo venezuelano (acronimo INTI) che stava (e sta) tentando di invertire l’influsso sulle campagne delle municipalità urbane sovraffollate e anche di affrontare contemporaneamente il problema critico della sovranità alimentare. La cosa buona del partire da zero in queste situazioni è che il progetto completo della permacultura è reso più facile in quanto è necessaria minor flessibilità che in progetti comunitari difettosi già esistenti in cui sono richieste maggior cura ed energia per adattarsi alle situazioni prevalenti. Anche se pensavo specificamente al Venezuela nel costruire questo progetto, penso che esso sia ampliamente applicabile su scala globale. Prego di tener presente che, a questo punto, questo è solo un modello “proposto” e non un criterio consolidato. Conseguentemente, apprezzerei moltissimo commenti e critiche (costruttive o no) per contribuire a sviluppare questo modello.

Iniziativa per il processo di recupero della terra (INTI) in Venezuela

Obiettivi

Elaborare un piano che:

1. garantisca la sostenibilità ecologica

2. garantisca la produttività economica

3. protegga da corruzione economica e politica il processo rivoluzionario etico ed organico

4. alimenti e promuova i valori del nuovo paradigma della sostenibilità

Imperativi

Prima (e, in alcuni casi, dopo) che la terra sia assegnata, devono essere realizzate o fornite le seguenti risorse e servizi:

1. Una valutazione della terra per la permacultura deve essere condotta al fine di comprendere cosa c’è con cui lavorare e quali ostacoli o problemi devono essere affrontati in modo che i criteri di cui sopra possano essere soddisfatti (idrologia, tipi di suolo, fattori climatici regionali e locali, flora e fauna esistenti, habitat limitrofi e circostanti, precedente storia naturale e conoscenza indigena dell’area (se è possibile ottenerle).

2. Dopo aver soddisfatto il primo imperativo deve essere attuato un piano idrico (potenzialmente attività di movimento terra per creare una serie di piccole dighe collegate, flussi e riserva/e).

3. Siti di energia rinnovabile, sistema/i di compostaggio e di risorse alimentari condivise.

4. Siti di risorse comunitarie condivise (produzione di energia, produzione alimentare condivisa) e di servizi condivisi (scuola/e, centro/i comunitario/i, centro/i culturale/i, centro/i ricreativo/i).

5. Interconnessione di ciascun appezzamento di terreno (acqua, energia, telecomunicazioni e trasporti).

6. Calcoli di emergenza stimano che la capacità complessiva della terra richiesta per sostenere ciascun essere umano sia di 2,2 ettari. Lavorare su una media di 2 ettari per persone e per famiglie di 3-4 persone. Tentare di limitare le assegnazioni individuali a 1 ettaro per famiglie mediamente di 3 componenti (dobbiamo ridurre la popolazione umana) e dedicare il resto (5 ettari) a infrastrutture, produzione sociale e integrazione della natura.

7. Istruzione sulla permacultura prima che gli assegnatari lavorino i loro lotti di terra, con continua consulenza per la risoluzione di problemi.

8. Nessuna segretezza! Dopo la realizzazione della fase infrastrutturale, tutti i processi devono essere concordati mediante consenso comunitario e tutte le informazioni devono essere rese pubbliche (all’esterno e all’interno), disponibili in tutti gli stadi.

9. Utilizzare solo procedure e materiali organici, vietare l’uso di tutti i prodotti sintetici (fertilizzanti, pesticidi, fungicidi).

10. Vietare l’agricoltura della “terra bruciata” (bruciare la terra per una rapida spinta in altro del carbonio che distrugge i processi biologici naturali al suolo), le monocolture e l’allevamento concentrato o su larga scala del bestiame.

Il piano

Fase 1

Iniziare la costruzione delle infrastrutture una volta completata la valutazione:

1. Durante la stagione secca attuare i lavori di movimento terra per le dighe, le strade, i sentieri, le strutture comunitarie , i siti di produzione sociale (prodotti e servizi a valore aggiunto), siti di compostaggio e corridoi naturali.

2. Installazione di infrastrutture energetiche per i progetti della comunità (turbine per le dighe, per il vento su aree non utilizzate per altre attività, recupero del biogas dalle pile di compostaggio, ecc.) e reti di comunicazione via filo.

3. Nella stagione umida quando le dighe sono colme (o si stanno riempiendo) seminare: piante condivise dalla comunità (da frutto, noci, medicinali e controllo degli insetti (ad es. Neem)), per la natura (cibo per animali selvatici e insetti utili), aromatiche e per mobilio/artigianato.

4. Bambù (ciclo di taglio 4-7 anni) per materiale da costruzione, cibo, barriera naturale, capacità di ritardo degli incendi e di prevenzione dell’erosione del suolo. Alimenti stagionali di base (granaglie, baccelli e legumi). Immettere nelle dighe e nelle riserve pesce e giacinto d’acqua per la purificazione della stessa; insetti benefici e habitat per pesci e vita naturale; concime umano e materiali da miscele di compostaggi e pacciame (carbone, funghi) per l’agricoltura. Piantare adattabili (banani, papaye, iucca, bambù) e piante pioniere (legumi che fissano l’azoto e concime verde per la formazione del terreno) in siti individuali nel corso di questa fase iniziale in modo che se ne ricavino prodotti immediati nonché l’avvio di procedure critiche per la formazione del terreno.

5. Impiegare il lavoro di potenziali interessati. Offrire cibo e alloggio temporaneo deducendo dalle paghe un terzo per l’ammortamento dei materiali e un terzo per l’ammortamento dei servizi.

6. Programmare settimane di quattro giorni di lavoro, due giorni di corsi di permacultura e un giorno da dedicare alla famiglia/tempo libero.

7. Consultare i singoli interessati dopo il completamento del corso base di permacultura riguardo a componenti specifici in relazione del progetto del sito della comunità e delle prospettive dei siti individuali.

Fase 2

Dopo aver creato l’infrastruttura di base e dopo aver consultato tutti gli interessati:

1. Trasferire i partecipanti nei singoli lotti (non più di un ettaro ciascuno).

2. Accomunare lavoro e risorse per costruire ripari di base in ciascun sito.

3. Dare priorità al concime umano, alle acque grigie e a sistemi di riciclaggio (compostaggio di concime umano per gli alberi della comunità, concime animale, scarti di cibo e residui di carbone per compostaggio da giardino, cisterne sul tetto per l’acqua piovana, filtri dei sedimenti, separazione di metalli, plastica, carta e vetro per riutilizzo o trasformazione per nuovi usi).

4. Cinque giorni di lavoro, un giorno di istruzione sulla permacultura per problemi specifici del sito e problemi emergenti, un giorno per il riposo e la famiglia.

5. Piantare policolture più specifiche nei siti individuali e incoraggiare allevamenti animali su piccola scala (pollame, animali da latte, maiali e roditori) da usare per il foraggiamento di insetti, produzione di concime e produzione alimentare (sempre integrati associazione con altri sistemi del sito).

6. Implementare la generazione di energia rinnovabile su piccola scale (dove applicabili: pannelli solari sui tetti, piccole turbine in acque in movimento sul sito, geotermia, ecc.).

Fase 3

1. Sviluppare l’infrastruttura della comunità (lavorare alla/e scuola/e, ai sistemi di comunicazione (senza fili, centro/i radio e video, cooperativa di veicoli elettrici condivisi, strutture interne di organizzazione democratica).

2. Sviluppare il potenziale di produzione sociale, come servizi cooperativi autoregolati (istruzione/ cultura, ristoranti, riparazioni tecniche ecc.) e industrie cooperative per prodotti a valore aggiunto (forno/i, mobili, artigianato, lavorazione degli alimenti, ecc.).

3. Sviluppare prodotti e utilizzi di materiali riciclati.

4. Incorporare principi socialisti/della permacultura in tutti i livelli di istruzione:
– prescrivere corsi di orticoltura al livello scolastico elementare
– prescrivere corsi più avanzati di permacultura e teorie politiche/economiche con il salire di livello degli studenti
– corsi di recupero ed avanzati per adulti
– i nuovi partecipanti (sopra i 16 anni) devono frequentare almeno un corso di 72 ore di progettazione della permacultura prima di essere accettati (nessuna eccezione, indipendentemente dall’età)
– tutti i partecipanti devono collaborare a un programma minimo settimanale di orario concordato in raccolti e attività di manutenzione comunitarie

Fase 4

La comunità aumenta l’autosufficienza ma dovrebbe anche essere in grado di far evolvere potenziali e dimensioni aggiuntive; ad esempio:

1. Taglio del bambù (su base continuativa) per materiale da costruzione, mobilio e artigianato.

2. Aumento dei surplus di risorse condivise dalla comunità (frutta, noci e alberi Neem) e di acquacultura con il diminuire del tempo necessario per la manutenzione, con l’evolversi del sistema.

3. I siti individuali evolvono diversità complementari che incorporano capacità aggiuntive con l’aumentare del tempo a disposizione dei partecipanti.

4. Attuazione di progetti di eco-risanamento per le zone cuscinetto e le aree circostanti contigue se necessario (riforestazione, recupero delle vie d’acqua, risanamento del terreno, ecc.)

5. Sviluppo di strutture di produzione/ricerca micologica per accrescere la fertilità del suolo, riduzione e controllo degli animali nocivi e delle malattie delle piante, utilizzo per ulteriore produzione di cibo e medicinali.

6. Quando la produzione in supero eccede le necessità della comunità può essere richiesta per l’utilizzo in comunità in bisogno o per lo sviluppo di comunità simili.

Perché questo piano dovrebbe funzionare

1. Il piano economico è basato su principi ecologici ed è pertanto ambientalmente stabile (se attuato correttamente).

2. Le risorse e i servizi comunitari integrati creano condizioni adatte alle transazioni economiche sostenute da strategie che abbracciano principi di solidarietà, che riducono il rischio individuale e promuovono la democrazia partecipativa interna, riducendo o eliminando la possibilità di inerzia burocratica interna.

3. La dimensione dei lotti individuali (assieme al precedente punto 2) a un ettaro, previene manipolazioni finanziarie esterne (costringere le persone a rivendere i loro lotti all’oligarchia).

4. La clausola di “non segretezza” evita che la corruzione prenda il minimo piede in qualsiasi punto, a qualsiasi livello del sistema.

5. Le iniziative educative al socialismo e alla permacultura gettano le fondamenta per spostare i valori dell’attuale paradigma disfunzionale in direzione di un paradigma che appoggia valori sostenibili.

6. Escludere tutte le grandi imprese dalla partecipazione e dall’appropriarsi della redistribuzione del surplus controllo la motivazione del profitto che è la maggiore responsabile del successo delle strategie di “divide et impera” dell’aggressione delle grandi imprese.

7. Poiché gli interessati partecipano sin dall’inizio c’è un collegamento e un riconoscimento definitivo dell’associazione tra l’interesse individuale e l’integrità della comunità e dell’ambiente.

Da Socialforge, un laboratorio di creazione sociale
www.socialforge.org
Originale: The Permaculture Research Institute of Australia
Fonte: http://permaculture.org.au/2012/01/31/community-design-template-for-25-500-families/
Traduzione di Giuseppe Volpe
(c) 2011 – Socialforge – Licenza Creative Commons BY-NC-SA 3.0

Una fattoria per il futuro

Il video “Una fattoria per il futuro” di Rebecca Hostings. La nota naturalista inglese affronta il tema della dipendenza dagli idrocarburi fossili delle filiere agro-industriali contemporanee in un documentario di grande impatto girato per la BBC, in cui narra in forma autobiografica il percorso della stessa autrice alla ricerca di un nuovo modello produttivo della sua fattoria alla luce dell’imminenza del picco del petrolio. Fantastiche riprese di fattorie sostenibili indipendenti dall’agrochimica e dai combustibili fossili, con esempi di permacultura, agricoltura verticale, orti-giardini giardini-foresta. Interviste a Colin Campbell, Richard Heinberg, Patrick Whitefield, Chris Dixon, Martin Crawford ed ai figli di Arthur Hollins. Il video è stato tradotto in italiano da IndipendenzaEnergetica. (Il video è sottitolato in italiano)
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