La Banca d’Inghilterra prende atto dell’esistenza delle monete locali

BrixtonPound2di Rob Hopkins

La scorsa settimana la Banca d’Inghilterra ha pubblicato un articolo nel suo bollettino trimestrale, accompagnato da un video, chiarendo quale sia lo status giuridico delle monete locali da loro considerato, e le questioni che sollevano per la Banca. La pubblicazione di questo rapporto segna un momento significativo nell’evoluzione delle monete locali. E’ anche molto probabilmente il primo documento ufficiale della Banca d’Inghilterra a contenere il termine “effetto di moltiplicazione locale”, che è motivo di celebrazione in sé. Inoltre stabilisce nero su bianco ciò che la Banca considera come status giuridico del Bristol Pound, del Brixton Pound e delle altre monete locali sia esistenti che in fase di pianificazione.

L’articolo intitolato “Banconote, monete locali ed obiettivi delle Banche Centrali” è scritto da Nona Nagvi e James Southgate della Divisione Banconote della Banca Centrale inglese. In questo breve video della Banca, Nagvi riassume l’articolo:

Per cominciare, chiariscono una volta per tutte quale sia esattamente lo status giuridico delle monete locali. Esse sono indicate avere:

“uno status legale simile a quello dei buoni (voucher)”

Poi continuano:

“Lo status giuridico di un buono è diverso da quello di una banconota, in quanto i buoni rappresentano un pre-pagamento di beni o servizi da un fornitore specifico (o gruppo di fornitori) e non danno giuridicamente diritto con il diritto di riscattare il buono. Mentre le monete locali possono avere più funzioni di un buono tradizionale fornito dai dettaglianti, esse non hanno la piena funzionalità di una banconota “.

Il rapporto è il risultato di una serie di incontri tra la Banca d’Inghilterra,  la New Economics Foundation (NEF) ed i rappresentanti di vari sistemi di moneta locale. Storicamente quando i sistemi di moneta locale, come quello austriaco di Worgl, prosperarono ed esplosero, il governo nazionale e le banche centrali li chiusero, temendo un impatto negativo sull’economia nazionale. Una parte delle ragioni del dialogo che ha portato alla pubblicazione di questo report è stata di voler evitare la ripetizione di una cosa del genere in futuro.

worgl

Rob Hopkins mostra la sua collezione di monete locali di fronte alla stazione di Worgl in Austria

Tony Greenham della NEF mi ha detto:

“E’ stato molto incoraggiante, perché hanno lavorato in un modo molto aperto. La sensazione era che ora volevano veramente capire cosa fossero i sistemi di moneta locale e definire i metodi appropriati per regolamentarli. Penso che sarebbe giusto dire che sono partiti con scetticismo, vedendoli come un potenziale ostacolo all’efficienza, ed hanno finito per capire l’impatto positivo che dei sistemi ben gestiti possono avere”.

Un aspetto interessante del rapporto è che è stato scritto dalla Divisione Banconote della Banca Centrale, piuttosto che da un reparto con un mandato più ampio nell’ambito della politica economica, per cui gran parte della relazione è focalizzata sulle banconote cartacee. Tuttavia, tali sistemi, in particolare il Bristol Pound e il Brixton Pound, ora fanno uso di programmi innovativi Pay-by-Text (NdT: pagamento via sms), che sono menzionati nel rapporto solo di passaggio. Ciò risulta strano, vista la relativamente piccola quantità di banconote cartacee in sterline utilizzate ai nostri tempi, a confronto con quella in pagamenti online, carte di credito e così via.

La speranza è che questa relazione, secondo Greenham, abbia spinto la Banca verso il tipo di cambiamento che sta accadendo in Brasile. Lì, le banche comunitarie stanno facendo prestiti di microcredito per le comunità povere nelle favelas, con una quota del finanziamento in moneta locale, come un modo di stimolare e sostenere lo sviluppo economico locale. La prima banca ad adottare questo approccio è stata Banco Palmas. Inizialmente il governo nazionale ha cercato di chiudere la banca, ma da allora c’è stata una svolta importante sulla questione ed è stato introdotto un regime normativo per regolamentare esperienze come questa e sostenerle attivamente. Sebbene il rapporto della Banca d’Inghilterra rapporto è solo un primo passo, la speranza è che la Banca d’Inghilterra possa, nel tempo, passare ad una posizione simile.

George Ferguson (destra), il sindaco di  Bristol, che prende il suo stipendio interamente in Bristol Pounds.

George Ferguson (destra), il sindaco di Bristol, che prende il suo stipendio interamente in Bristol Pounds.

Con una serie di nuove città, come Oxford , Kingston e Crystal Palace pronte a seguirne l’esempio, quali sono le preoccupazioni che restano se questi sistemi continuano a crescere ed a decollare davvero? E’ chiaro che l’obiettivo principale della Banca centrale è “la necessità di mantenere la fiducia nella moneta fisica (sterlina)”. Essa afferma che al momento tutti i sistemi di moneta locale sono relativamente piccoli, come viene evidenziato nella tabella piuttosto divertente qui di seguito (abbiamo un modo per raggiungere ancora più persone):

NdT: Traduzione della tabella presente nella relazione della Banca d'Inghilterra

NdT: Traduzione della tabella presente nella relazione della Banca d’Inghilterra

Da ciò concludono che:

“Viste le dimensioni, la struttura e le modalità di emissione dei sistemi esistenti di monete locali,  è improbabile che essi rappresentino un rischio per gli obiettivi di stabilità finanziaria monetaria della Banca”.

Tuttavia delineano anche alcune delle loro potenziali preoccupazioni. La prima è che i timori che circondano l’autenticità delle banconote in moneta locale potrebbe “estendersi a ridurre la fiducia nelle banconote emesse dalla  Banca d’Inghilterra”, anche se si nota che il livello di attenzione rivolta al design ed alle caratteristiche di sicurezza le rendono nettamente diverse dalle sterline e difficili da contraffare. Scrivono:

“La preoccupazione è che un attacco di contraffazione di successo su un sistema di buoni di moneta locale potrebbe generare un effetto di ricaduta che potrebbe ridurre la fiducia negli strumenti fisici ufficiali, come le banconote”.

Al momento, i sistemi sono abbastanza piccoli e le banconote sufficientemente riconoscibili e distinte da quelle di  corso legale, che come si è visto non è il  problema. Tale netta differenza tra banconote ufficiali e locali si riassume cosi, quando scrivono:

“Il disegno delle loro (banconote in moneta locale) devono differire da quello della Banca d’Inghilterra e S&NI (Scozia e Irlanda del Nord) per evitare di oltrepassare il Forgery and Counterfitting Act 1981”.

Il secondo è il timore ragionevole che un grande sistema di moneta locale possa fallire, e se le persone fossero dipendenti da esso come sistema di pagamento, ciò potrebbe “portare ad una riduzione dell’accesso ai servizi di pagamento”. Si ipotizza che, se uno di questi sistemi crollasse potrebbe “innescare una corsa sugli altri”. Per ora, però, la Banca è sufficientemente fiduciosa che l’intercambio uno-a-uno di questi sistemi con la sterlina, almeno in parte, mitighi il rischio.

flowchart

Schema utile dal rapporto che distingue la differenza tra come le monete locali e nazionali circolano.

Osservano inoltre che “gli utenti non beneficiano dello stesso livello di protezione in quanto titolari di banconote”. Questo è vero. Se, per esempio, nel sistema del Bristol Pound fossero clamorosamente mal gestite e spese male le sterline su cui attualmente si sostiene il sistema, le persone non sarebbero in grado di riscattare i loro buoni per sterline se volessero. La preoccupazione della Banca è che in tali circostanze la gente potrebbe avere nei confronti della Banca centrale “un’errata aspettativa di compenso da parte della Banca in caso di fallimento di un sistema di moneta locale”. Suggeriscono quindi che i sistemi di moneta locale rendano esplicito questo aspetto nei loro termini e condizioni. Essi hanno anche inserito la loro posizione su questo in una serie di domande frequenti sul loro sito web.

La Banca ha ancora un modo tutto suo di comprendere il funzionamento delle monete locali. Alcuni aspetti di esse davvero non li capiscono. Scrivono infatti:

“In linea di principio, le monete locali potrebbero influenzare l’orientamento della politica monetaria, se l’importo complessivo della spesa nel sistema economico e quindi la pressione sul livello dei prezzi, come evidenziata dall’indice dei prezzi al consumo, venisse influenzata dai sistemi di moneta locale. Ciò potrebbe accadere, ad esempio, se l’effetto netto dei moltiplicatori locali dovesse far aumentare significativamente l’attività economica, o, d’altra parte, se la riduzione degli scambi con i fornitori non-locali facesse diventare i partecipanti al sistema di moneta locale  meno competitivi, con il risultato di avere significanti minori livelli di attività economica a livello macroeconomico”.

Ma il punto è che le monete locali, non devono febbrilmente far aumentare l’attività economica e spingere verso l’alto l’inflazione. Esse sono generalmente introdotte al fine di aumentare la produzione locale, e di consentire l’utilizzo di risorse locali che la sterlina non è così efficace a consentire.  Implementare un sistema del genere significa anche preoccuparsi per l’efficienza, che i produttori locali non siano efficaci quanto i produttori su larga scala. Ma l’intero pensiero che è alla base delle monete locali è che il motivo principale per cui un grande distributore come Amazon è più ‘efficiente’ è perché sono esclusi i costi ambientali e sociali e che invece inbrixtonpoundleaflet un economia locale è molto meno probabile che sia così.

Il rapporto offre una panoramica affascinante e molto utile delle monete locali. Se dovessi prendermi la libertà di riassumere, io direi che offre un supporto un pò nervoso alla nozione di monete locali, riconosce che per il momento è tutto un pò ipotetico data la dimensione dei sistemi, e solleva poche obiezioni valide, ma piuttosto inverosimili che non solo non stanno per accadere ma che si basano su un fraintendimento del processo di localizzazione intenzionale.

Questa è la valutazione di Tony Greenham di questo rapporto: “è una cosa molto positiva che la Banca si avvicini con una mente aperta. Sono abbastanza soddisfatto, anche se direi che la Banca deve ancora cogliere davvero il potenziale positivo delle monete locali”. E’ certamente un affascinante lavoro. Personalmente, voglio vedere cosa diranno quando le monete locali saranno diventate molto più diffuse e di uso comune, e da quel momento alla Banca d’Inghilterra saranno entusiasti e felici per il loro potenziale, come possiamo vedere oggi in Brasile.

Brixton Pound, la sterlina di David Bowie per stabilizzare l’economia

di Eugenio Facci & Pietro Capella, Sole24ore – 11 dicembre 2013

Nel quartiere londinese di Brixton è già realtà: una moneta locale, con valore legale, complementare alla sterlina. Sono rigorosi studi economici a indicare il valore delle divise alternative, che sembrano rafforzare il tessuto di una città ma soprattutto che sterilizzano il sistema economico contro eccessivi alti e bassi. Anche grandi città come Amsterdam, Nantes e Bristol hanno sistemi equivalenti: le monete locali si stanno diffondendo in tutta Europa.

brixton

Moneta del comune e reddito sociale garantito

di Laurent Baronian e Carlo Vercellone

Abstract. Lo scopo di quest’articolo è di gettare le basi per una concezione della moneta del comune a partire da un’interrogazione omessa dalla teoria economica dei beni comuni. Quali sono le condizioni capaci di attenuare il vincolo monetario al rapporto salariale e di favorire così lo sviluppo di forme di produzione alternative ai principi d’organizzazione sia del pubblico che del privato? Questa domanda richiede d’introdurre nella teoria del Comune il ruolo strutturante della moneta nei rapporti capitale-lavoro. Su questa base, l’articolo procede in quattro tappe. Nella prima partiremo da una critica dell’economia politica dei beni comuni dalla quale la moneta, come il lavoro, sono curiosamente assenti. La ragione di quest’assenza si trova nel fatto che questa concezione naturalista dei beni comuni accetta implicitamente uno dei postulati fondatori della teoria economica standard, ovvero la neutralità della moneta, concepita come un semplice strumento tecnico che facilita gli scambi, e non come la cristallizzazione di un rapporto sociale di potere. Si tratterà allora di caratterizzare un approccio dinamico del comune al singolare nel quale la questione della moneta e delle mutazioni della divisione del lavoro occupa un posto centrale. Questo approccio fondato sulla triade lavoro-moneta-plusvalore servirà allora egualmente da filo conduttore per rianimare la controversia che aveva opposto Marx ai proudhoniani, precursori di un approccio della moneta come comune. Nella terza tappa fonderemo il nostro ragionamento sulle teorie marxiane del circuito per mostrare che il carattere specificamente monetario del rapporto capitale-lavoro costituisce l’unico punto di partenza adeguato per una riflessione sulla moneta del comune. Questa riflessione farà infine emergere perché la nozione di reddito sociale garantito corrisponde ad un’istituzione del comune volta a rendere la creazione monetaria endogena non solo al capitale ma anche alla riproduzione autonoma della forza lavoro.

 

Parole chiave. Moneta, Comune, reddito sociale garantito, Marx, Proudhon, teoria del circuito, critica dell’economia politica dei beni comuni Continue reading

Incontro su moneta complementare a Fano

A Fano presso l’Emporio si è svolto un incontro, organizzato dall’Associazione Gerico e dall’Associazione Disoccupati, sul tema della moneta complementare.
La complessa tematica riguardante il sistema monetario in generale e la moneta complementare in particolare è stata illustrata dall’ Ing. Valentino De Santi, esperto della materia e ideatore di un software per la gestione di tale strumento e della indispensabile camera di compensazione ad esso collegata. De Santi è autore di un libro, sull’argomento trattato, che sarà pubblicato a breve scadenza.  L’evento è stato seguito da un folto pubblico che ha dato vita ad un articolato dibattito.

Dropis, la nuova moneta virtuale antispeculazione

di Matteo Muzio, Linkiesta – 01/07/2013

Intervista a Sebastiano Scrofina

I Dropis sono crediti di baratto. “Ne ricevo 20 per un lavoro e poi li spendo in un secondo momento”

L’euro ci ha rovinato, si dice spesso nei bar di tutta Italia. Gli economisti rispondono che indietro non si può tornare. Ma qualcuno ha pensato di aggirare l’ostacolo semplicemente creando una moneta alternativa, dal basso. Ma le prime monete alternative, parlando di quelle create in Italia, avevano il serio limite di essere territorialmente limitate. Così ad esempio è strutturato il Sardex, spendibile solo in Sardegna. «È proprio per uscire dalla dicotomia moneta universale scarsa e moneta abbondante che abbiamo creato Dropis», dice Sebastiano Scrofina, amministratore delegato e ideatore di Dropis, moneta virtuale del valore di un euro. Ma molto diversa. «Nostra ambizione è rimanere agganciati al valore del lavoro umano e ai beni materiali» spiega l’ad ospite del Wired Next Fest a Milano.

Quando nasce www.dropis.com e a quale domanda viene incontro?
Dropis nasce a metà del 2012 e vuole favorire lo scambio commerciale, il comprare e vendere, quando, soprattutto con la crisi, la liquidità tradizionale viene meno, ma il valore del capitale umano secondo noi no. Così abbiamo creato i Dropis, del valore di un euro, che altro non sono che crediti di baratto, ovvero ricevo 20 Dropis per un lavoro e poi li spendo in un secondo momento.

Fin qua sembra in tutto e per tutto simile a una moneta tradizionale. In cosa si distingue nettamente?
Innanzitutto non si può fare speculazione, dato che non si compra né si vende senza offrire qualcosa sulla rete. La seconda differenza sostanziale è che non ha senso accumularli, visto che non si possono mettere in banca. Insomma i Dropis non sono una moneta ma di fatto sono una forma avanzata di baratto.

Ma quindi esistono delle limitazioni strutturali per evitare accumuli e concentrazioni?
In realtà godiamo di un vantaggio ben spiegabile: essendo una moneta giovane non garantisce possibilità di guadagno per accumulo, non avendo le garanzie dell’euro. Però così se ne favorisce la circolazione. Ed è quello che vogliamo.

Quindi quali altri obiettivi vi ponete e a quali difficoltà pensate di andare incontro?
Pensiamo di aprire il nostro circuito anche ai piccoli imprenditori e alle partite Iva, vogliamo aprire per loro delle linee di credito in Dropis per farli uscire dall’angolo in cui sono finiti per gli effetti della crisi. Ovviamente queste linee di credito saranno coperte con la raccolta di beni reali.

Un’ultima domanda: cosa avete di diverso da altri sistemi di alternative currency?
Partiamo dalla più famosa: rispetto a Bitcoin siamo molto diversi per due motivi, il primo è che Bitcoin è una moneta scarsa, quantitativamente limitata. Il secondo è che il suo valore, essendo volatile, la rende molto adatta all’accumulo e alla speculazione e quindi siamo molto lontani dalla circolazione veloce di ricchezza che noi ci proponiamo di stimolare. Invece con altri sistemi italiani come lo Scec o il Sardex, il cui uso è limitato a singoli territori, noi siamo aperti a tutto il territorio nazionale. Insomma, vogliamo provare a creare una moneta sia abbondante che universale.

M-commerce e moneta elettronica.

di Uriel Fanelli, Kein Pfusch

Torno un poco ad un post sul mio lavoro, e ne approfitto per continuare il discorso sull’m-banking, che tra 2013 e 2014 sara’ uno dei leit-motif delle nuove offerte del mondo mobile. Ho gia’ parlato in passato di m-pesa ( http://www.keinpfusch.net/2011/12/m-banking.html ) e del suo devastante (in senso positivo) impatto sulle economie di 4 paesi africani, ma le nuove proposte che vedo sono molto diverse.

Gestendo un grosso plesso per le comunicazioni M2M via SMS, ovviamente ho una visione limitata della cosa: i sistemi di m-commerce che useranno, per esempio, CAT-TP (una versione semplificata di TCP/IP) non passeranno da me, quindi non ricevero’ nessuna formazione specifica a riguardo. (design, sicurezza, usecases, troubleshooting , e cosi’ via).

Sul mio plesso stanno per passare 6-7 “propositions”, ovvero ci sono delle piccole “costellazioni” di telco e banche/carte di credito/aziende tecnologiche che costruiscono e testano i loro sistemi.

Considerata la dimensione del plesso in questione, potete considerare che solo nel mondo occidentale probabilmente tra 2013  e 2014 verranno lanciate due dozzine di servizi simili, piu’ asia (che a parte India e Cina il mio plesso non copre), e Africa. (Hai detto niente).

Facendo un passo indietro, m-pesa e’ stato il modello piu’ visibile e testato, dal momento che ha alzato di diversi punti percentuali il PIL di quattro paesi africani ( http://www.keinpfusch.net/2011/12/m-banking.html ) ma d’altro canto ha il “piccolo” difetto di non essere multitenant (lascia fuori tutti gli altri Tier-1) e di cancellare o ridurre al lumicino il sistema bancario locale.

Poiche’ le banche non africane hanno dei pregiudizi verso chi le cancella dal mercato, ma a differenza di quelle africane sono anche i finanziatori delle telco stesse, capite subito perche’ il modello m-pesa, con tutta la comodita’ di essere un modello legacy, non sara’ quello esportato nel mondo occidentale.

I giocatori piu’ grandi e piu’ cruciali in questa gara sono, con grande sorpresa, i produttori di SIM. Forse voi pensate che una SIM o una USIM, o una GUSIM, siano degli oggetti molto passivi, o delle semplici memorie, in realta’ sono piccoli calcolatori programmabili che possono svolgere funzioni molto intelligenti.

Il primo tratto comune in tutti i progetti che vedo, o quasi, e’ l’entrata in gioco della smartcard come componente separato, quasi un terminale a parte: a fare da terminale ATM per i pagamenti di fatto non e’ il cellulare, ma la SIM. Questo non dovrebbe stupirvi se pensate che anche la vostra carta di credito e’ una smartcard, ma la coppia di SIM + Cellulare fa si che la vostra carta di credito possa parlare con altri sistemi, con molta piu’ facilita’.

Questo risponde innanzitutto ad una domanda: perche’ dovrei usare il cellulare come carta di credito? la verita’ e’ che in tutte le soluzioni m-commerce che vedo, il cellulare e’ ATTORNO alla carta di credito, e serve a difenderla. Supponiamo infatti che la carta di credito venga rubata: essa verra’ usata o mossa in giro per il mondo, e non sapete dove sia. E specialmente, la vostra carta di credito non puo’ reagire.

Quando la carta di credito e’ dentro un cellulare, invece, la sua smartcard puo’ fare una cosa interessante: mandare un SMS avvisando cosi’ della propria posizione. Poiche’ la SIM necessita del cellulare e della rete mobile per pagare, ma quando entra in rete riporta la propria posizione e riceve comandi , di fatto non appena vi venisse rubata e’ possibile , a seconda del vendor, eseguire delle azioni.

Alcuni hanno sviluppato sistemi che in seguito alla denuncia mandano un SMS alla SIM, con l’ordine di cancellare ogni modulo installato dalla memoria. Non appena il malvivente mettera’ la SIM in rete per comprare con la vostra carta di credito, arrivera’ l’sms e la SIM cancellera’ le chiavi per gli acquisti. Alcuni fornitori hanno aggiunto – a seconda dei cellulari “in scope” – il rilevamento GPS (in coppia con una app ad hoc) oppure un heratbeat silenzioso, un sms binario inviato (gratis) ogni tot minuti, che dal momento del furto traccia la vostra sim. Il delinquente puo’ evitare il problema solo togliendo la sim dal telefono, il che ne esclude il pagamento.

Lavorare con le SIM ovviamente introduce delle criticita’. Innanzitutto occorre designare dei PIN allo scopo, e di PIN liberi non ce n’erano tanti. Alcuni produttori hanno reagito con sim ad hoc, altri identificando PIN non ancora usati. Purtroppo manca uno standard.

L’altro problema e’ la quantita’ piccola di memoria.

Uno dei vantaggi di tutti questi sistemi e’ quella di consolidare tante smartcard in una. Significa che voi passate dall’avere per esempio VISA, AMEX, Lufthansa Miles And More, EC card, Trenitalia card) ad una sola carta contenuta nel telefono. Questo significa che i vari fornitori di servizi (Lufthansa, Visa, Coop, – sto inventando, sia chiaro) federandosi ad una telco potranno “installare” da remoto la loro carta sulla vostra sim. Insomma, anziche’ darvi una carta di credito installano la carta di credito, o la carta servizi,  (o meglio, parte della memoria della smartcard) dentro la SIM.

Qui c’e’ la piu’ completa varieta’ di metodi di installazione: si va da CAT-TP a NFC a TCP-IP , da Bluetooth  sino ad SMS , il che richiede una piu’ o meno grande prossimita’ del vostro cellulare. In alcuni casi l’installazione puo’ avvenire da remoto, in altri casi avviene dentro la filiale dell’ente che vi fornisce il servizio. La comodita’ della mobilita’ in un caso viene poi compensata dalla sicurezza fisica dell’altro, e viceversa.

Suppongo che le banche preferiranno installarvi il bancomat con voi presenti in ufficio, almeno una banca europea sta per diventare un MVNO, ovvero vi vendera’ anche la SIM,  mentre magari servizi piu’ neutrali come Trenitalia, Deutsche Bahn o altri vendor di tessere fedelta’ come i supermercati potranno farlo da remoto.
Qui andiamo alla seconda domanda: qual’e’ il secondo motivo per il quale dovrei passare ad un servizio simile?La risposta e’ che una sola SIM puo’ consolidare da 5-6 a due dozzine ( a seconda di memoria e modello) di smartcard al proprio interno. Quindi, il vostro cellulare , in quasi tutte le implementazioni che vedo , diventa una specie di terminale universale verso tutti i servizi che necessitano di smartcard.
Ovviamente vi verra’ in mente il problema: e la sicurezza?
Il problema e’ che stanno facendo questa cosa PROPRIO per la sicurezza.
Le banche stanno notando un crescente aumento di frodi sugli ATM, che vengono manomessi per raccogliere credenziali: la loro idea e’ che se sostituiamo l’ ATM con il vostro cellulare, molto probabilmente nessuno riuscira’ a manomettere centomila cellulari. Se invece abbiamo 300 ATM (Bancomat, insomma) in giro in una grossa citta’. e lavorando in squadra riusciamo a manometterli tutti e 300, riusciamo ad impadronirci di decine di migliaia di carte di credito.
Impadronirsi in un giorno di decine di migliaia di cellulari e’ un pochino piu’ complicato, sicuramente, e dal punto di vista della rete mobile un eventuale magazzino con dentro 15.000 cellulari e’ “abbastanza visibile”.
Insomma, se pensate ad una banca che ha in mente di trasferire il suo bancomat sul vostro cellulare, la sicurezza del vostro ‘Bancomat/POS” e’ AUMENTATA. Per avere 15.000 credenziali di carte di credito mi basta assalire 300 bancomat, mentre se lo sposto nel cellulare, devo rubare 15.000 cellulari.
Anche le agenzie di carte di credito desiderano mettere un componente elettronico attivo attorno alla carta. Attualmente, per quanto sicura sia una carta , essa e’ in un certo modo incapace di difendersi se rubata. Mettere attorno ad una carta di credito un cellulare significa che il ladro di carte deve entrare in rete per usarla, ma se entra in rete, allora conosciamo la posizione della carta.
Inoltre, trasformare la carta di credito in un terminale attivo significa che per generare un PIN non avrete piu’ bisogno di hardware dedicato, cioe’ di una chiavetta, ma solo di un software, quando non potrete semplicemente ricevere un SMS col pin stesso.
Dal punto di vista di una VISA o di una mastercard, passare da una carta di credito totalmente inattiva ad una che comunica con la rete e’ un AUMENTO di sicurezza.
Rimane il tema della sicurezza informatica, ovvero il fatto che – nelle architetture che passano per la rete telefonica – occorre garantire che la SIM non venga raggiunta da un hacker.In questo senso, la coppia MSC/HLR+VLR funziona piuttosto bene, a patto che i messagi OTA possano venire mandati SOLO da apposite piattaforme, di proprieta’ della telco. IN questo senso, la telco lavora sempre come enabler, nella misura in cui fornisce l’ UNICA piattaforma OTA capace di interagire con la carta di credito telefonica, e qualsiasi altro segnale inviato da qualsiasi altra cosa non potra’ raggiungere la SIM stessa: nel mondo legacy SS7, questa condizione e’ facilmente ottenibile, ove “facilmente” significa che e’ MOLTO piu’ facile che da ottenere che nel mondo TCP/IP.
Di conseguenza, credo che oltre ai progetti che seguo come enabler, ci saranno in europa almeno un’altra dozzina o due di “federazioni” di servizi di m-banking , piu’ quelli che decideranno di non usare la rete e basarsi su implementazioni locali, come gia’ fanno alcune aziende di trasporti locali o alcuni supermercati.
Queste soluzioni hanno come player principali:

  1. Banche, Circuiti , in generale fornitori di servizi commerce oggi su smartcard.
  2. Fornitori di Servizi OTA, e relative piattaforme da integrare nelle reti mobili.
  3. Fornitori di interfacce tra igli (1) e gli OTA.
  4. Produttori di SIM sempre piu’ capaci.
  5. Telco, che ospitano gli OTA, distribuiscono le SIM e forniscono la rete mobile.
L’altro vero punto e’ : che genere di successo si prevede per questi servizi. Inizialmente basso, perche’ si tratta di cose che cambiano molto il modo di vivere delle persone, e come se non bastasse non ci sono standard consolidati. Questo significa che tutti sanno di trovarsi nel periodo di interregno tipico che precede la standardizzazione, ovvero quando tanti standard lottano e la fortuna di uno o dell’altro in ultima analisi e’ legata non solo a questioni tecniche, ma alla scelta del mercato, che puo’ anche derivare dalla app piu’ o meno simpatica usata da tizio piuttosto che da caio.
Perche’ lo fanno, allora? Lo fanno perche’ tutti loro sono coscienti che la loro competizione lo stia facendo. Questi enti si spiano a vicenda, alcuni hanno gia’ annunciato alla stampa le loro soluzioni ( http://techcrunch.com/2012/10/29/vodafone-to-launch-mobile-wallet-service-next-year-inks-deals-with-m-commerce-company-corfire-digital-security-firm-gemalto/ ) , e quindi devono esserci piacenti o meno. In Italia il panorama e’ un pochino desolante, e questo sara’, nei prossimi 5 anni, un altro gap tremendo : dopo una buona partenza, con una piattaforma condivisa di API per l’m-commerce (unico paese ad avere unificato le API tra gli operatori concorrenti), adesso sembra che le applicazioni scarseggino. Un prezzo che verra’ pagato carissimo entro cinque anni.
Che genere di societa’ avrete, che genere di economia avrete con un bancomat in tasca? Ho visto alcune slides con le “previsioni” di alcune grosse societa’ di consulenza (Goldman Sachs, McKinsey, et al) e devo dire che le idee sono molte e ben confuse, dandomi una sensazione tipo questa:http://dilbert.com/strips/comic/2013-05-15/
Scherzi a parte, queste aziende di consulenza strategica puntano il dito sempre e comunque sulla facilita’ di dematerializzare il negozio, ovvero trasformare il negozio in un ente che puo’ venire a casa vostra, avendo tutto quel che serve per pagare e registrare il pagamento. In effetti, ci si chiede come mai uno non possa aprire un negozio di vestiti mobile, che su chiamata venga la sera a casa vostra a mostrarvi alcuni vestiti (tipo lo chiamate e dite “devo procurarmi un vestito da sera, ho 40 anni, donna, porto questa taglia) e arrivi a casa un tizio con un piccolo campionario a vendervelo.(1)
In pratica, cioe’, rende molto facile per qualsiasi negozio avere una rete di venditori a domicilio, e la possibilita’ di avere pagamenti semplici con chiunque abbia un cellulare e si avvicini abbastanza a voi: idraulici, parrucchieri a domicilio, eccetera.
Oltre alla smaterializzazione del negozio e alla possibilita’ di portarlo a domicilio (od ovunque sia richiesto) , l’altro punto identificato e’ l’aumento di sicurezza. Come abbiamo detto, svincolarsi dal bancomat fisico per le banche diventa sempre piu’ urgente, perche’ essi sono oggetto di assalti che possono colpire migliaia di clienti alla volta, e anche il problema delle carte di credito smarrite/rubate/contraffatte e’ molto forte.
Un brusco aumento di sicurezza nei pagamenti ha effetti ancora ignoti, e soltanto un’azienda di consulenza (attualmente produce antivirus e sistemi anti-theft per cellulari, ed e’ l’unica ad avere fatti da mostrare) e’ stata capace di fornire una visione, ovvero il fatto che il “trust” nel canale impatta poco le operazioni di basso valore, ma rende piu’ frequenti le operazioni di maggior valore.
In definitiva, l’unica azienda a mostrare dei fatti ha mostrato come una diminuzione del rischio su un canale impatta prima le transazioni assicurate, che diventano meno costose. Di conseguenza, il problema non e’ se Amazon potra’ vendervi 100 euro di cose pagando in questo modo; il costo di questa operazione non cambia molto dal punto di vista di Amazon. Il problema semmai sara’ se un negozio potra’ vendervi con piu’ sicurezza (usando la carta di credito) roba normalmente assicurata, cioe’ molto costosa.
Altre societa’ di consulenza ci hanno mostrato le loro slides riguardo al possibile forecast di questi servizi (2), ma a parte pochi qualificati che menzionavano dei fatti (cioe’, gente che in passato ha fatto cose simili su larga scala e tenta di capire cosa sia successo) gli altri mi sono sembrati dei futurologi.Ora, il motivo per cui non ho fatto di questo blog un blog 100% tecnico e’ che ODIO i futurologi. E quindi non voglio diventarlo.
Voglio dire,  chi poteva prevedere l’exploit dei tablet? Alcuni futurologi potevano forse predirlo, e se mille persone predicono di tutto, dal pollo-velociraptor al download di prostitute, qualcuno ci azzecchera’, tantevvero che si vedono in giro polli ferocissimi alti due metri e mezzo. I quali attraversano la strada, inspiegabilmente.
A parte i futurologi, c’era qualcuno che poteva prevedere il successo dei tablet? Certo: Steve Jobs, per esempio. Indubbiamente la sua versione sarebbe stata di parte, e quindi piu’ che di una previsione si sarebbe parlato di visione, ma almeno poteva mostrarvi dei FATTI: “Alla Apple stiamo costruendo iPad e lo metteremo in commercio il tale giorno”. Ok, puo’ avere successo o meno, ma almeno c’e’ un cazzo di FATTO sotto. Quindi, se proprio volessi scegliere un futurologo, sceglierei chi FA le cose. Potra’ sbagliare o meno sul successo, ma almeno ha dalla sua il fatto di star FACENDO delle cose. Ha qualcosa da mostrare.Ma uno stronzo che passa la vita nei suoi vigneti in california e non sa riparare un interruttore di casa, non deve venirmi a scassare la minchia solo perche’ immagina un mondo cosi’ e cosa’. Ma che cazzo credete, che agli altri manchi l’immaginazione, o che bastino una barba , una pancia e una camicia (pessima persino per gli standard bavaresi) per prevedere il futuro?
Cosi’, deve essere chiaro che – nei limiti degli NDA che firmo – sto descrivendo cose che vedo, in alcuni casi ci sono cose che faccio, ma NON sono un “futurologo”. Posso dirvi come funzionano(3) 6-7 servizi che si integrano da noi (e quindi, ce ne saranno una trentina identici su scala della singola nazione, moltiplicato per gli altri continenti) e che usano le tecnologie che usiamo noi (e quindi lasciamo fuori altre decine di idee)  , posso dirvi come la vedono le aziende che ci si stanno buttando, ma se mi chiedete come sara’ il mondo tra dieci anni vi posso dire che PROBABILMENTE, MOLTO PROBABILMENTE ci sara’ una grossa percentuale di m-commerce , ma non e’ che ci vivi con una simile “previsione”. Almeno, io non riesco a farmi pagare per questo.Forse dovrei coltivare uva in California, o vivere in un faro al largo di Dover, usare camicie orribili, farmi crescere un barbone ed ingrassare moltissimo.E specialmente, trovare polli disposti a pagarmi per questo.

Nel frattempo, credo che vi dovrete accontentare di quello che scrivo. Non vi parlo di come il vostro cellulare fara’ il download della vostra fidanzata dalla rete, ma cosa volete, il futuro non e’ piu’ quello di una volta.

Uriel
(1) Non prendetevela con me, questo esempio viene da un tizio che evidentemente ama comprare vestiti.
(2) Si, dobbiamo sapere come gestire la capacita’. Presto potremmo trovarci nelle condizioni di avere i saldi online, o saldi pagati con sistemi di acquisto M2M, e quindi una semplice stagione dei saldi potrebbe alzare il traffico.
(3) Nei limiti dell’ NDA significa che posso menzionare tecnologie standard, roba che si studia a scuola per chi ci arriva, e che magari e’ ignota agli altri.

Avoiding Economic Collapse: A Guide to Complementary Currencies

 

As the Cyprus fiasco focuses attention once again on the faltering Euro, the public is finally questioning the value of the money in their wallets and bank accounts. But as the issue of monetary reform gains currency amongst the public, a vast array of complementary currencies are already helping people facilitate transactions without the central bank administered fiat money. Find out more in this week’s GRTV Backgrounder on Global Research TV.

La moneta locale lombarda? In realtà è una cosa seria

di Dario Ronzoni, Linkiesta – 04/12/2012

Una moneta locale per la Lombardia? La proposta, presentata dal vicepresidente della Regione Andrea Gibelli, della Lega, è seria. Un workshop tecnico, per discutere sulla stretta del credito alle imprese. Sperando che nessuno ci voglia mettere il cappello. Come spiega il professor Luca Fantacci, presente all’incontro.

L’annuncio è curioso: in Regione, si discuterà dell’arrivo del Lumbard, la moneta locale per la Regione Lombardia. La cosa, vista da lontano, sembra un’estemporanea trovata di stampo leghista. È presentata al Palazzo della Regione dal vicepresidente leghista Andrea Gibelli (con apertura dei lavori affidata al governatore, Roberto Formigoni) e consisterebbe in una moneta parallela all’euro, per «trattenere il 75% delle risorse» nella regione. Un antico adagio leghista, che corrisponde a un’antica battaglia mai vinta davvero. Non è che vogliono metterci il cappello?

In realtà, sullo fondo, ci sono fondamenta teoriche. L’incontro è un workshop che, come racconta il professore Luca Fantacci, docente di Scenari economici internazionali all’Università Bocconi e Distinguished Visiting Fellow presso il Christ’s College di Cambridge, oltre che collaboratore de Linkiesta, vuole discutere alcune ipotesi.

Professore, che cos’è il “lumbard”?
È un’ipotesi, e una delle altre, che verranno presentate e discusse al workshop di domani. Si tratta di un incontro, abbastanza tecnico (e non politico) in cui si analizzano gli scenari possibili per attenuare le difficoltà che incontrano gli imprenditori del nord in questo momento.

Cioè?
In particolare, l’accesso al credito. Un problema, al momento, che va a colpire il capitale circolante delle imprese. Manca il denaro per investire, e le banche non sono molto disposte a darne. Servono nuove soluzioni: si tratta allora di analizzare la situazione attuale, come primo punto, e vagliare le ipotesi sul campo. Tra queste, appunto, c’è la moneta locale. Una moneta complementare (e non sostitutiva) dell’euro. Da utilizzare all’interno di un raggio d’azione preciso, con lo scopo di attivare gli investimenti, aumentando la domanda.

Un meccanismo già presente in altre realtà.
Sì, come il wir svizzero, che come modello può funzionare. E appunto sarà una delle tematiche prese in esempio.

Però qui si parla di Lumbard, e a parlarne è proprio un leghista. Qualcosa di politico c’è.
È una questione sensibile, su cui è bene stare attenti. A proporre il convegno è la Regione Lombardia, non la Lega. Per quanto riguarda il tema, è chiaro che si tratta di un problema che gli elettori della Lega hanno sempre posto, ma su cui hanno trovato sempre risposte insoddisfacenti. Come, ad esempio, contro la delocalizzazione.

E allora si pensa a una moneta locale.
La moneta locale, essendo non sostitutiva di quella ufficiale, non propone modelli autarchici, ma un nuovo modo di interagire nel territorio. Senza chiusure localistiche, né progetti di fuga.

Convegno sulla moneta complementare regionale lombarda

SatelliteLa Regione Lombardia sta attivamente studiando la realizzazione di una  moneta complementare regionale lombarda, uno strumento istituzionale che dovrebbe venire incontro alle imprese del territorio lombardo paralizzate dal credit crunch.

In quest’ottica a Milano il 4 dicembre 2012 si è svolto il convegno “Nuove misure di supporto al capitale circolante –  Moneta complementare e financial supply chain: strumenti ed esperienze innovative a confronto” all’Auditorium del  Palazzo Lombardia, promosso dalla Regione Lombardia. Qui di seguito gli interventi del convegno.

Introduzione

Andrea Gibelli – Vicepresidente, Assessore all’Industria, Artigianato, Edilizia e Cooperazione di Regione Lombardia.

La moneta complementare come strumento di gestione del circolante

Prof. Massimo Amato – Università Bocconi

Esperienze a confronto: Sardex

Carlo Mancosu

Esperienze a confronto: Banca WIR

Yves Wellauer