Hugo Chávez y el Socialismo del siglo XXI

El libro “Hugo Chávez y el Socialismo del siglo
XXI”, de Heinz Dieterich, explica con claridad el funcionamiento de la
economía de mercado capitalista y proporciona al lector las diferencias
cualitativas que tiene el nuevo sistema de producción socialista frente
al capitalismo actual.

Señala el autor que el gobierno del
Presidente Hugo Chávez puede introducir el socialismo económico del
siglo XXI aún en este año 2007 en Venezuela y en la economía mundial.
Agrega que para tal fin tendría que dar tres pasos concretos: a)
Establecer la contabilidad del valor en algunas empresas del estado y
en cooperativas; b) realizar los intercambios entre tales empresas y
cooperativas sobre el principio de equivalencia y c) iniciar procesos
de incidencia democrática participativa de los trabajadores a nivel
macroeconómico, mesoeconómico y microeconómico.

Heinz Dieterich
(Rotemburg, Alemania, 1943) es Doctor en Ciencias Sociales y Económicas
de la República Federal Alemana, analista político y miembro del
Sistema Nacional de Investigadores de México. Ha sido profesor en la
Universidad Autónoma Metropolitana de México y presidente del Foro por
la Emancipación e Identidad de América Latina. Es autor y coautor,
entre otros libros, de: La sociedad global; Nueva guía para la
investigación científica; Los vencedores; Noam Chomsky habla de América
Latina y México; Fin del capitalismo global. El nuevo proyecto
histórico; Las guerras del capital; Cuba y el socialismo del siglo XXI.

Aqui se puede descargar el texto (pdf):  “Heinz Dieterich – El Socialismo del Siglo XXI

Il Consumatore contro la Comunità

di Mark Winston Griffith (da Tom Paine Common Sense 31.03.2005)

 

La proprietà della casa, per la destra vero e proprio pilastro e feticcio della propria società ideale, può essere invece un concreto ostacolo alla costruzione della comunità e della partecipazione.

“Una società di proprietari”. Grazie al presidente Bush, quelle due parole rotolano sulla lingua come fossero una sola. Ma ci sono momenti in cui la nozione di proprietà trama contro l’idea di società: specialmente quando si confrontano nella vita quotidiana delle città americane. Quello di cui l’America ha davvero bisogno è una politica che accenda il sentimento comunitario e la cooperazione fra cittadini, anziché semplicemente insegnar loro a investire la vita nell’ American Dream. La Società dei Proprietari vuole essere la risposta del XXI secolo al New Deal o alla Great Society: programmi dove il governo aveva un ruolo definito nel migliorare la vita degli americani. Programmi che avevano dei difetti, certamente, ma che promuovevano il lavoro e la responsabilità collettiva. Spingevano gli americani a porre al centro il benessere della comunità, a considerare il proprio destino personale come inestricabimente legato a quello del prossimo. Quando il Presidente Bush parla della sua Ownership Society, invece, offre un programma che esalta le possibilità del singolo consumatore. La proprietà della casa ne è un esempio perfetto. Pilastro centrale della società dei proprietari, la proprietà della casa è abitualmente dipinta come la più alta forma di cittadinanza alla quale gli americani dovrebbero aspirare. Questa valorizzazione è sostenuta da una notevole quantità di studi sulla proprietà. L’ossessione inizia con la teoria secondo cui la casa della singola famiglia rappresenta un investimento fondativo per la comunità. Ciò significa, prosegue la teoria, che i proprietari sono meno propensi a muoversi, saranno portati alla manutenzione della proprietà, all’attenzione per l’ambiente del quartiere, di quanto non siano i loro pari, ma inquilini in affitto.

Eppure in tutti i miei anni di impegno in organizzazioni per lo sviluppo economico – oltre ad essere io stesso proprietario di casa – ho visto anche come la proprietà possa spingere la gente a concentrarsi su di sé, a spese della comunità che gli sta intorno. Nei miei dodici anni a capo di un’organizzazione di base a Central Brooklyn, la maggior parte dei gruppi di proprietari di casa con cui sono entrato in contatto erano del tipo NIMBY ( Not In My Backyard). Erano più appassionati ed efficienti nell’organizzare giri per le case in pietra caratteristiche della zona, e a bloccare vari progetti cittadini in partenza, anziché ad iniziare qualunque programma di beneficio sociale. Alle assemblee del mio condominio, sono regolarmente trascinato in discussioni in buona fede coi miei colleghi proprietari, inevitabilmente orientate a proteggere il valore della nostra proprietà e i nostri interessi. Quando penso a me stesso in modo ristretto, come proprietario di casa, il mio cortile diventa l’universo. Qualunque cosa, dalla cacca di cane sul mio prato alle case popolari all’angolo, diventa una minaccia. Vengo colto da impulsi di autodifesa, reazionari e gretti che non sapevo di avere. Siamo chiari: aumentare la possibilità che le famiglie a basso reddito possiedano una casa è senza dubbio uno degli elementi più importanti per la costruzione del benessere, utilizzati dai professionisti dello sviluppo economico comunitario in tutto il paese. In un’economia dove tante persone si sentono escluse, la proprietà della casa spesso offre alle famiglie un rifugio, una fetta di dignità e un modo per esercitare controllo sulle proprie vite e il proprio ambiente. Ma è comunque fuorviate fare della proprietà della casa un feticcio, conferendole virtù mistiche di misura del valore dell’individuo per la società, in base a ciò che possiede. Se lo scopo della Ownership Society del presidente Bush è quello di creare soggetti che siano responsabili, membri attivi della società, abbiamo davvero bisogno di una leadership nazionale che sappia distinguere il consumismo dalla cittadinanza.

La proprietà della casa è una scommessa di alto profilo. Proponendo un’idea individualista come quella dei buoni scuola o delle assicurazioni private per la sicurezza sociale, la politica interna americana isola sempre più vite familiari e vicende economiche che un tempo erano esperienze condivise da tutti. Contemporaneamente, la nostra cultura incoraggia i ceti operai e medi a concentrare la propria sicurezza finanziaria nella casa familiare. In queste condizioni, l’impegno civico non direttamente legato agli interessi della proprietà diventa un lusso che pochi si possono permettere. Programmi come la American Dream Downpayment Initiative (ADD), approvata all’unanimità dal Congresso nel 2003 con enorme sostegno bipartisan, offrono sostegni al pagamento degli interessi per famiglie a basso reddito. Ma se la ADD è un’iniziativa valida, sia questa che altri programmi per la proprietà della casa si concentrano esclusivamente nell’ungere gli ingranaggi del mercato immobiliare. Anziché accettare solo i paradigmi del mercato, i progressisti dovrebbero guardare alla Ownership Society per quello che realmente è. Così gli strumenti potrebbero diventare nelle mani dei professionisti di sviluppo locale mezzi per promuovere modelli come i land trusts o le cooperative a proprietà indivisa, forme di proprietà alternative che consentano agli abitanti di condividere e diffondere sia i rischi che i benefici della proprietà. Nello stesso modo, quando si parla di rimuovere gli ostacoli all’accesso alal casa in proprietà, i legislatori dovrebbero tutelare e aggiornare il Community Reinvestment Act e introdurre leggi di giustizia economica contro gli impedimenti discriminatori e strutturali del mercato della proprietà e dell’affitto, come i mutui ad alto costo predatori. Quando parlano di società dei proprietari, i leaders locali, politici, religiosi, dovrebbero parlare della responsabilità dei proprietari di casa verso i propri vicini, di come si possano usare il capitale e la posizione sociale per ricostruire la comunità che ci sta attorno. Forse, allora, la proprietà di casa potrà essere usata per ispirare qualcosa di più elevato del “Prenditi ciò che è tuo”.

traduzione di Fabrizio Bottini per Eddyburg

Intervista a Yochai Benkler

 

di OmniaCommunia

Milano, 10 maggio 2007. Yochai Benkler presenta il suo libro “La ricchezza della Rete” e noi lo intervistiamo a lungo su produzione orizzontale, commons, proprietà intellettuale e social software. Ecco le sue risposte.

Cos’è la produzione orizzontale (commons-based peer production)? Come trasforma il modo in cui guardiamo all’economia?

Gli elementi in gioco sono due: i commons (beni comuni) e la produzione orizzontale. La parola “commons” si riferisce a un modo di organizzare le risorse. Strade, marciapiedi e piazze sono commons. Significa che tutti possono usarli entro un dato insieme di norme oppure senza alcuna regola, senza chiedere il permesso a nessuno. La produzione basata sui beni comuni può essere commerciale o non commerciale. Per esempio, qualcuno che tiene uno spettacolo in piazza per raccogliere denaro sta seguendo un modello commerciale basato sui commons: sta usando uno spazio comune, a differenza di quello che farebbe in un teatro.

“Produzione orizzontale” si riferisce invece a un fenomeno di cooperazione su larga scala dedicato a un certo progetto o problema. Ciò che caratterizza la produzione orizzontale è che essa rappresenta un modello alternativo di organizzare la gente, rispetto a quelli delle aziende e del mercato. Più che rispondere al comando manageriale o al sistema dei prezzi, i produttori orizzontali (i pari) organizzare le loro attività tramite motivazioni sociali e comunicazione.

L’avvento della produzione basata sui commons in generale, e della produzione orizzontale in particolare, crea un nuovo settore all’interno dell’economia dell’informazione e della conoscenza. Dà vita a nuove fonti di competizione per le imprese consolidate, ma anche a nuove opportunità per quelle imprese che sapranno adattarsi abbastanza rapidamente. I desideri che esaudisce sono vecchi, come il bisogno di enciclopedie, ma lo fa in forme nuove. Inoltre fornisce alle persone cose completamente nuove, in particolare forme di espressione tramite parole, suoni e immagini.

In che modo libertà di espressione e libertà politiche possono essere migliorate da media digitali open access e many-to-many (da molti a molti)?

Ciò che conosciamo, il modo in cui conosciamo, quello che pensiamo del mondo e il modo in cui riusciamo a immaginarlo sono cruciali per la libertà individuale e la partecipazione politica. Il fatto che oggi così tanta gente possa parlare, e che si stia raggruppando in reti di citazione reciproca, come la blogosfera, fa sì che per ogni individuo sia più facile farsi ascoltare ed entrare in una vera conversazione pubblica.

Al contempo, sulla Rete ci sono un sacco di sciocchezze. Ma incontrare queste assurdità è positivo. Ci insegna a essere scettici, a cercare riferimenti incrociati e più in generale a trovare da soli ciò che ci serve. La ricerca di fonti differenti è un’attività molto più coinvolgente e autonoma rispetto alla ricerca della risposta da parte di un’autorità. Quindi ora, quando entriamo nel mondo, adottiamo due atteggiamenti politicamente interessanti. Innanzitutto vediamo le cose con gli occhi di chi può commentare ciò che vede in una piattaforma politica di un certo peso. E lo facciamo con uno sguardo da critici scafati, invece che da credenti.

Quali forze politiche, in Europa e America, stanno supportando produzione sociale, libertà digitali e riduzione della protezione monopolistica garantita da brevetti e copyright?

Credo che ci troviamo di fronte all’emergere di un movimento per l’accesso globale alla conoscenza che rappresenta la risposta alle spinte degli anni Ottanta e Novanta in direzione dell’estensione di brevetti e copyright in ogni aspetto dell’innovazione e della creatività e della loro integrazione nel sistema globale del commercio tramite gli accordi Trips all’interno della Wto. Di questo movimento fanno parte alcune alleanze sorprendenti. Un primo elemento è costituito dalle organizzazioni tradizionali della società civile: associazioni di consumatori e gruppi per i diritti civili che percepiscono l’importanza della partecipazione degli individui alla produzione del loro ambiente informazionale.

Un altro elemento è rappresentato dai programmatori. L’emergere del movimento del free software ha portato più di un milione di informatici, soprattutto negli Stati uniti e in Europa, alla consapevolezza di subire gli effetti di copyright e brevetti, e li ha politicizzati in modi che per gli ingegneri del passato sarebbero risultati estremamente atipici. Gli scontri su musica e video, insieme alle disponibilità su larga scala di strumenti che rendono qualunque teenager un potenziale creativo (e un potenziale criminale) hanno guidato il movimento degli studenti per la free culture e quello dei Creative Commons.

Al contempo, le maggiori aziende di tecnologia dell’informazione stanno comprendendo che l’ecosistema legale all’interno del quale si trovano a operare sta alzando i costi che esse devono sopportare senza dar loro alcun vantaggio reale. Molte aziende di It si trovano a spendere milioni di dollari in brevetti che hanno solo scopi difensivi, e a doversi preoccupare della possibilità che i loro standard vengano trafugati dal possessore di un brevetto, oppure che chi detiene un diritto di proprietà intellettuale li citi in giudizio per cifre astronomiche a causa di una tecnologia da loro sviluppata.

Anche alcuni paesi in via di sviluppo, in particolare il Brasile, hanno cominciato a fare causa comune con questa grande coalizione sotto la sigla “A2K” – Access to Knowledge. Si tratta di un movimento molto simile a quello apparso negli Stati uniti tra il 1999 e il 2001, quando organizzazioni della società civile e compagnie tecnologiche cominciarono a formare una lobby che per quasi un decennio ha prevenuto l’approvazione di leggi o regolamenti che facessero gli interessi degli incumbent dell’economia industriale dell’informazione. Inoltre è simile al movimento europeo contro la brevettazione del software. Ma ora sta raggiungendo dimensioni globali.

Il 2006 è stato l’anno del social networking e del web 2.0. Credi che finiranno come la bolla delle dot-com o che sia davvero possibile cavarne un sacco di denaro, come sembrano inclini a credere Google e Murdoch?

Innanzitutto, non dovremmo confondere l’esplosione del folle stock market con un fallimento del decollo di internet. Non scordiamocelo: Google, Amazon, eBay, eccetera sono tutte aziende sorte prima e durante e rimaste in vita dopo l’esplosione della bolla. Le pratiche sociali ed economiche dell’industria dell’informazione sono cambiate e il risultato è stato un aumento enorme del valore e della produttività delle aziende. Non prendiamo la Bolla 1.0 soltanto come un periodo di inganni. È stata una fase di crescita, innovazione e sviluppo enormi, che è finito soffocato da avidità e follia. È la seconda parte, non la prima, a essere collassata.

Credo insomma che web 2.0 e social networking rappresentino una combinazione di innovazioni fondamentali – alle quali dedico molto spazio nel mio libro – e di inganni e tentativi di fare un sacco di soldi in poco tempo. Prima o poi, non possiamo sapere se fra uno o cinque anni, un bel po’ di gente diventerà avida e sconsiderata e perderà denaro. Ma ciò non renderà meno reali o meno stabili i nuovi modelli economici, l’innovazione e la crescita. Per cui sì, credo che ci sia un intero schieramento di modelli economici attorno ai commons informazionali. Alcune imprese stanno già facendo grandi guadagni, altre ci stanno gettando un sacco di soldi e c’è molta incertezza. Ma il cambiamento cruciale in direzione della decentralizzazione del capitale umano e fisico e le opportunità rappresentate dall’integrazione di questi esseri umani dotati di nuove capacità all’interno delle pratiche sociali ed economiche ci saranno ancora.

I principi della teoria liberale della giustizia richiedono che le amministrazioni pubbliche e le istituzioni educative utilizzino software libero/open source?

No, non credo che si debbano derivare scelte così specifiche dalla teoria liberale. Le amministrazioni hanno molte responsabilità, incluso assicurare l’uso di software eccellente, per esempio utilizzabile dai bambini come dagli studenti. Se il free software non risponde a queste caratteristiche, allora è legittimo che un governo decida di non usarlo.
Però credo che le istituzioni pubbliche ed educative non debbano avere pregiudizi in favore dei modelli proprietari solo perché esistono e sono stati oggetto di attività di lobby.

Devono verificare le applicazioni disponibili e pensare a lungo termine, riflettendo sull’alfabetizzazione informatica e su quanto la differenza tra i due modelli possa aumentare nei ragazzi la consapevolezza relativa a ciò che stanno usando e a come usarlo. Se una piattaforma rischia di diventare monopolistica o se le capacità del sistema vengono azzoppate affinché aderiscano alle esigenze dell’industria, come nel caso dei cosiddetti trusted system, allora sì: l’uso di sistemi aperti acquisisce grande valore e può diventare una strategia cruciale.

Tuttavia ci sono altri aspetti che supportano l’adozione del free software. Lo sviluppo, per esempio, è fortemente influenzato dal software libero perché quest’ultimo facilita la nascita di un mercato interno per i programmatori, che possono quindi partecipare al mercato globale dei servizi software in modo più immediato rispetto a quanto potrebbero fare se conoscessero solo i sistemi proprietari e quindi per l’accesso alla competizione dipendessero dalle licenze. La Difesa e i sistemi della sicurezza nazionale tendono a utilizzare free software, in parte per la sua robustezza, ma soprattutto perché garantisce indipendenza da qualunque azienda e possibilità di adattare il software alle proprie esigenze.

Per riassumere: ci sono molti buoni motivi per adottare il software libero, nelle scuole e in qualunque altro luogo. Dal mio punto di vista, l’impegno a favore di un’infrastruttura comune e aperta, incluso il livello del software, è coerente con l’impegno in direzione della libertà e della giustizia. Questo impegno dovrebbe informare le decisioni pubbliche, ma non sono certo che debba sovrastare altre considerazioni politiche.

El Socialismo del Siglo XXI, en Wikipedia

De Wikipedia, la enciclopedia libre

El Socialismo del siglo XXI es un concepto ideado por Heinz Dieterich Steffan, a partir de 1996[1], y muy difundido desde el 30 de enero de 2005, por el Presidente de Venezuela, Hugo Chávez en ese entonces desde el V Foro Social Mundial. En el marco de la revolución bolivariana, Chávez ha señalado que para llegar a este socialismo habrá una etapa de transición que denomina como Democracia Revolucionaria.

Hugo Chávez expresó “Hemos
asumido el compromiso de dirigir la Revolución Bolivariana hacia el
socialismo y contribuir a la senda del socialismo, un socialismo del
siglo XXI que se basa en la solidaridad, en la fraternidad, en el amor,
en la libertad y en la igualdad”
en un discurso a mediados de 2006. Además, este socialismo no está predefinido. Más bien, dijo Chávez “debemos transformar el modo de capital y avanzar hacia un nuevo socialismo que se debe construir cada día”[2].

A su juicio por las condiciones presentes en el actual mundo globalizado, esta transición será bastante prolongada. Dentro de este concepto sería definitivamente el socialismo el camino a seguir, contrario al neoliberalismo.

Dice el gobierno venezolano y sus partidarios que habrá que realizar
una transformación profunda de la estructura social, económica y
política, pero que no se puede pretender acelerar torpemente la
dinámica de los cambios estructurales. También se ha hecho un llamado a
generar la discusión sobre el tema, para abrir cauces a este sistema de
vida propuesto y en proceso de desarrollo en la región.

Estructura Ideológica

Dieterich, en su obra Socialismo del Siglo XXI se funda en la visión de Karl Marx sobre la dinámica social y la Lucha de clases, pero supera la dialéctica que funda el pensamiento marxista, influído por el filósofo Enrique Dussel y su Filosofía de La Liberación (de hecho menciona a Dussel al principio de la obra). Dieterich es partidario de la Democracia participativa y directa, con lo que se aparta de la teoría de la Dictadura del proletariado de Marx, asumiendo posturas que pudieran llegar a asemejarse al socialismo libertario.

Heinz Dieterich critica a Marx por no haber ideado un sistema económico viable para la sociedad comunista y por establecer un modelo estático y absoluto de la sociedad ideal. En cambio, dentro de lo que denomina Socialismo del Siglo XXI no existe una estructura absoluta y final sobre lo que debe ser una sociedad sin clases sociales Lo que separa determinantemente al marxismo del Socialismo del Siglo XXI es que este último no tiene como fin la instauración de un estado por sobre los ciudadanos.

Praxis Teórica

Al contrario del marxismo,
Dieterich no establece un modelo único y absoluto para lograr una
sociedad democráctica, participativa, socialista y sin clases sociales.
Más bien establece un marco metodológico para elaborar lo que denomina El Nuevo Proyecto Histórico (NPH) con la ayuda del Bloque Regional de Poder (BRP) que serían las sociedades o comunidades que apoyen al NPH de una determinada sociedad; que actualmente sería la Revolución bolivariana de Venezuela

Economía de Equivalencias

Dieterich en el Socialismo del Siglo XXI propone un modelo económico que no esté basado en el precio de mercado, fundamento de la Economía de mercado y del Capitalismo, fuente de las asimetrías sociales y de la sobre explotación de recursos naturales, según su punto de vista.

Propone lo que denomina una Economía de valores fundado en el valor del trabajo que implica un producto o servicio y no en las leyes de la oferta y la demanda. Este valor del trabajo
se mediría sencillamente por el tiempo de trabajo que demanda un
determinado producto o servicio; además de los valores agregados a
dicho trabajo, es decir, el tiempo de trabajo que se usó para producir
las herramientas o servicios que se emplean en el trabajo mismo, lo
cual a su vez lleva a un ciclo complejo de tiempos de trabajo sumados
recíprocamente. Para solucionar el problema práctico que implica la
teoría de la Economía de valores, propone usar la llamada Rosa de Peters
La aplicación de este tipo de economía, según el punto de vista de
Dieterich, pondría fin a la explotación del ser humano contra el ser
humano y quitaría poder e influencia a los grandes capitalistas, lo
cual produciría una verdadera democracia económica y social;
donde no se impondrían los intereses de las grandes empresas por sobre
el interés general de la sociedad, algo que sucede en todas las
democracias según Dieterich.

El proyecto de Economía de valores no está profusamente detallado en el Socialismo del Siglo XXI
ni considera el grado de complejidad de determinados trabajos, que
exigen especializaciones científicas, y cuyo tiempo de trabajo no puede
ser valorado de la misma manera que los trabajos no especializados.
Tampoco considera el valor físico de producción energética por sobre el consumo energético de un determinado trabajo (en inglés conocido como EROEI),
algo fundamental para el desarrollo social, tecnológico y humano de una
sociedad. Esto proyecta una economía de equivalencias donde es igual el
trabajo de un carbonero (por ejemplo) al de un científico nuclear o al
de un psiquiatra, lo cual ha originado una de las principales criticas
a este tipo de economías, ya que el incentivo para estudiar ciencias se
pierde y el desarrollo tecnológico y científico de la civilización se
estanca

Constante Reformulación

Heinz Dieterich Steffan, al final de su obra, llama a un debate abierto y constructivo para mejorar el proyecto del Socialismo del Siglo XXI, lo cual indica que dicha ideología sigue reformulándose.

Dieterich actualmente es el asesor principal del presidente venezolano Hugo Chávez[3], lo cual lo convierte en el principal ideólogo de la Revolución bolivariana y en el actor principal de dicha revolución.

Recientemente Dieterich ha expresado que la economía mixta es el medio para llegar al Socialismo del siglo XXI[4] Lo cual indica la versatilidad pragmática de dicho socialismo.

Hugo Chávez Y El Socialismo del Siglo XXI

Actualmente el gobierno de Hugo Chávez es el único que está implementando avanzadamente el Socialismo del Siglo XXI, también mandatarios como Rafael Correa de Ecuador y Evo Morales de Bolivia han manifestado que seguirán el rumbo de este tipo de socialismo.

La idea del socialismo del Siglo XXI ha ido tomando caracteres
tradicionalmente socialistas en los últimos años, especialmente en 2005 y 2006.
Chávez ha llegado a decir que previamente “llegaba a pensar (…) en un
capitalismo con rostro humano, o el capitalismo social, una tercera vía
entre socialismo y capitalismo. El paso de los años me convenció que
eso era imposible: un capitalismo humano es una contradicción en sí
mismo”.[5]

A comienzos de 2007, el presidente venezolano mostraba sus
referencias teóricas, frente a la cúspide eclesiástica de su país
expresó «Les recomiendo a los obispos que lean a Marx, a Lenin, que
vayan a buscar la Biblia para que vean el Socialismo en sus líneas, en
el viejo y nuevo testamento, en el sermón de la montaña.»[6]. En el mismo acto, Chávez afirmó compartir ideas trotskistas, como la revolución permanente.[7].

Críticas

Existen algunos críticos al Socialismo del Siglo XXI, generalmente provienen de sectores tanto de la derecha como de la izquierda. Algunos marxistas lo consideran un socialismo falaz[8][9] y la derecha estima que se basa en ideas caducas y perimidas[10].

Desde diversos sectores sociales e ideológicos allegados a la acción
y movimientos populares de base se alega que no es posible hablar
seriamente de un socialismo del siglo XXI si antes no se realiza una
crítica profunda del “socialismo real
que existió el pasado siglo en Rusia y el Este Europeo y así como de
otros modelos estadocéntricos, porque si no se establecen las causas de
su fracaso se pueden repetir los mismos y terminar en un nuevo fracaso
que convierta la situación en algo peor que el problema que se buscaba
solucionar[cita requerida].

Referencias

  1. Entrevista a Heinz Dieterich
  2. Los errores del estalinismo burocrático frente al Socialismo del Siglo XXI y “Socialismo Siglo XXI”.
  3. El intelectual alemán que asesora a Hugo Chávez
  4. “Si
    la propiedad del Estado fuese socialismo, ya con (el rey) Carlos V
    tendríamos socialismo en América Latina, porque cuando llega la Corona
    Española a América, toda la propiedad de la tierra, el subsuelo y lo
    que está arriba es patrimonio del rey, pero eso era feudalismo, no
    socialismo. La única vía posible es una economía mixta, que tendría
    tres sujetos, el Estado, la empresa privada y la propiedad social, como
    cooperativa”
    más en Heinz Dieterich: “Economía mixta es la vía al socialismo del siglo XXI”
  5. http://www.emancipacion.org/modules.php?name=News&file=article&sid=791 Socialismo a la venezolana, adiós a la tercera vía.
  6. Chávez instó a funcionarios de la Iglesia Católica venezolana a ocupar su lugar
  7. Transcripción del discurso presidencial del 8 de enero de 2007
  8. ¡Proletarios
    del mundo, uníos y alerta contra los que en nombre del socialismo
    quieren encausarlos tras los bloques latinoamericanos de poder, los
    genios del surplus mundial, los generales descífrotas, la revolución
    por etapas y subfases de coexistencia estratégica y los saltos
    cuánticos!
    (con generales descífrotas hace referencia a Hugo Chávez) más en Algunas consideraciones acerca de “El socialismo del siglo XXI” de Heinz Dieterich Steffan
  9. Los
    especuladores y acaparadores, los grandes capitales, la burguesía
    apéndice del imperio y parasitaria de los Estados nacionales han
    encontrado en el renegado Heinz Dieterich un gran aliado.
    Recientemente, 19/02/07 (días de carnaval), en una entrevista realizada
    por un periódico de circulación nacional, Ultimas Noticia, Dieterich
    disfraza su retorica con harapos difíciles, por el pueblo, de
    identificar. En ella, dice lo siguiente: “Estatizar la propiedad
    privada no lleva al socialismo”…”Si la propiedad del Estado fuese
    socialismo, ya con (el rey) Carlos V tendríamos socialismo en América
    Latina, porque cuando llega la Corona Española a América, toda la
    propiedad de la tierra, el subsuelo y lo que está arriba es patrimonio
    del rey, pero eso era feudalismo, no socialismo. La única vía posible
    es una economía mixta, que tendría tres sujetos, el Estado, la empresa
    privada y la propiedad social, como cooperativa”
    más en Dieterich, un Zar de la manipulación
  10. En
    síntesis: tiene escaso sentido tomarse demasiado en serio el Socialismo
    del siglo XXI en un plano teórico, aunque sí cabe medir con tino su
    función política. No aporta nada nuevo en el nivel de la teoría, y en
    tanto se entiende lo que sus promotores plantean, es claro que nos
    hallamos frente a un retroceso intelectual a los postulados de aquellos
    a quienes Marx llamaba “socialistas utópicos”, es decir, al retroceso
    hacia una concepción arcaica de sociedad, con intercambios económicos
    primitivos. No obstante, como ya sugerí, el Socialismo del siglo XXI
    renueva un mito que se niega a morir.
    más en Socialismo: fracaso y mito

Enlaces externos

Venezuela impulsa un nuevo modelo agrícola

inSurGente.org (23.04.2007)

El
nuevo concepto de producción agrícola comunal implica tierras,
maquinaria, mano de obra capacitada, créditos con bajos intereses y
pueblo organizado.A bordo de uno de los cuatro mil tractores de
tecnología iraní ensamblados en Venezuela, el jefe de Estado anunció
que ayer mismo comenzó la siembra del maíz en toda la nación. Chávez
insistió a los cooperativistas que tanto tierras como aperos de
labranza son de propiedad colectivaEn diálogo con los
productores agrícolas el mandatario insistió en la posibilidad de
desarrollar el trueque de productos de la tierra y la pesca entre
comunidades cercanas. “No todo puede ser dinero, recuerden que Judas
vendió a Cristo por 30 monedas”, les comentó.

Vamos
a batir récords en la cosecha de maíz, indicó desde el fundo Bella
Vista, cuyas tierras permanecían abandonadas un año tras.

Chávez insistió a los cooperativistas que tanto tierras como aperos de labranza son de propiedad colectiva.

Conoció
en el lugar de la construcción de una planta procesadora y
empaquetadora de maíz, como parte del programa industrial que con la
cooperación de Irán avanza en el país.

Dijo que en algunas zonas de Brasil y México (Chiapas) funciona un sistema de moneda local.
En
Venezuela estamos esperando por la ley para implantar uno similar, esa
moneda tendrá valor en un ámbito territorial determinado y por un
tiempo específico
, precisó el presidente.
Son ideas para evitar seguir dependiendo del capitalismo, tal como ha sucedido aquí a lo largo de 500 años, comentó.

En
el propio sitio Chávez conoció de la experiencia de un laboratorio
artesanal para el control biológico de las plagas, como medio de
sostener una práctica agrícola ecológica.

El ministro de
Agricultura y Tierras, Elías Jaua, informó al jefe de Estado que
trabajan en la creación de una red nacional con este tipo de
instalaciones.

Esto es el futuro, puntualizó el presidente de
Venezuela al conocer el pueblo comunal que se erige en ese fundo, donde
visitó una guardería del programa Simoncito (por Simón Bolívar)

Al propio tiempo dio orientaciones sobre mejoras ecológicas en el tratamiento a los árboles y el fomento de sistemas de riego.

Llama Chávez a reforzar la propiedad social sobre la tierra

El
presidente venezolano, Hugo Chávez, llamó ayer a reforzar la propiedad
social sobre la tierra para beneficio colectivo, durante la apertura
del pueblo comunal de Bella Vista en el estado Yaracuy.
En diálogo con campesinos del municipio Urachiche, durante el programa Aló Presidente,
Chávez dijo que es necesario incrementar la producción agrícola y
ganadera, a partir de las cooperativas creadas en grandes extensiones
de tierras recuperadas del abandono.
En el Fundo Zamorano
(cooperativa) de Bella Vista, el mandatario insistió además en el apoyo
a los campesinos con maquinarias e insumos energéticos, así como el
asesoramiento y la capacitación tanto para operar los equipos, como
para el mejor uso de la tierra.
Chávez destacó que las familias
afiliadas al Fundo reciben una casa en el poblado comunal construido,
aledaño a sus tierras, la cual al término de cinco años puede ser
comprada a precio subsidiado por el Estado.
Dicha localidad fue
dotada de servicios básicos para sus pobladores, como centro educativo,
módulo del médico de Barrio Adentro e instalaciones deportivas y
recreativas.
Insistió Chávez que el desarrollo de pueblos
comunales constituye un concepto integral para la explotación de las
tierras, que incluye la capacitación permanente de sus hombres y
mujeres, aplicación de tecnologías avanzadas y otorgamiento de créditos
con facilidades.
Alertó el presidente venezolano sobre la
necesaria explotación racional de esas tierras e intensificar la
siembra de árboles, que posibiliten un equilibrio ecológico, ahora más
cuando es preciso revertir el drástico cambio climático que sufre el
planeta.
Los campesinos de Bella Vista producen ya hortalizas,
frutas, maíz y frijol negro, entre otros rubros agrícolas, los cuales
se destinan a la red Mercal (mercados populares).
El ministro de
Agricultura y Tierras, Elías Jaua, señaló que la producción de maíz del
Fundo será procesada en el complejo agroindustrial de Urachiche para la
producción de harina precocida.
Con la presencia de Jaua, el
pasado 14 de abril comenzó en este Fundo la campaña nacional de siembra
de maíz, que prevé la producción de 2,5 millones de toneladas del
grano, un 15 por ciento mayor que la alcanzada en el año precedente.
El
presidente del Instituto Nacional de Tierras (INTI), Juan Carlos Loyo,
adelantó la creación de otros 12 pueblos comunales antes de que
finalice el año, que se sumarán a los ya existentes en los estados de
Yaracuy, Cojedes, Aragua, Apure y Barinas.

Una moneda comunitaria para nuestro desarrollo endógeno

Cristopherd J. Alaña – www.aporrea.org
03/04/07 – http://www.aporrea.org/endogeno/a32850.html

INTRODUCCION

Es una propuesta de investigación de Acción Participativa titulada una “Moneda Comunitaria”, que estudia el conato de sistema comunitario de intercambio de productos y servicios a través de una moneda comunitaria, en los campos venezolanos, que ha sido generado a partir de iniciativas propias de nuestros pobladores. Se trata de apreciar su progreso real y su potencial para mejorar la condición económica de sus miembros y su impacto multiplicador en la sociedad.

Este estudio se centra en la experiencia venezolana a sabiendas de que existen otras igualmente interesantes en Argentina, Colombia, Ecuador, Tailandia, Senegal, entre otros.

Se pretende conocer el grado de participación logrado entre sus componentes y tomando muy en cuenta los diversos obstáculos que dificultan dicha participación. Igualmente, se pretende obtener las lecciones que este sistema enseña respecto al uso de moneda alternativa, sus límites y posibilidades, respecto a las necesidades que incluye comunidades locales, gremiales, culturales y sistémicas.

LA PROPUESTA: INVESTIGACIÓN DE ACCIÓN PARTICIPATIVA.

En la realización de este estudio se distinguen dos equipos: 1) equipo
promotor del desarrollo endógeno y militante del sistema político en
evolución, y 2) equipo investigador. Se procura un trabajo conjunto entre los responsables de la acción creadora (equipo 1) en medio de obstáculos, imprevistos y oportunidades, y quienes relatan el proceso (equipo 2) para lo cual encuestan, informan y sistematizan datos, como acción paralela de conciencia, reflexión y co-estrategia.

La investigación conlleva a identificar el proceso originario del trueque de base de la moneda comunitaria en donde el patrón de equivalencia no sean las horas de trabajo hombre, ni tampoco una relación directa con el costo monetario de las monedas conocidas; no
obstante, no hay que perder de vista que en nuestras economías, las
monedas conocidas Bolívar, Dollar, Pesos, Euros o cualquier otra, parten de un trueque originario, cuya manifestación ha dejado de ser
humanista.

Se establecen videos para el seguimiento de reuniones, talleres y ferias organizadas.

Antecedentes

Las experiencias de dinero local o comunitario que se conocen en el
Primer Mundo y en Occidente, como los Laboratorios Económicos de las
condiciones del Trabajo Social -LETS- y similares, integran un fenómeno
muy significativo de la sociedad civil, éstas se han multiplicado en
países tales como Canadá, Estados Unidos, Inglaterra, Australia, Nueva
Zelanda, Francia, Alemania, etc.

Se registran hoy día unas dos mil experiencias en el mundo que inventan
nuevas ecuaciones para coadyuvar a resolver desde las comunidades y la
sociedad misma, el gran problema del desempleo y la depresión.

Surgen en contextos de crisis económicas que hacen recordar los años 30
previos a la 2da. Guerra Mundial. Se trata de crisis recurrentes y
crecientes de un sistema capitalista conformado a lo largo de décadas y
que en el siglo XX resultó triunfador de guerras mundiales, calientes o
frías, frontales o de baja intensidad. Con el desmoronamiento de la
Unión Soviética el sistema capitalista, enteramente globalizado, se
ostenta como la vía hegemónica para el desarrollo de los pueblos sin
que éstos en realidad resulten en su mayoría y sus mayorías,
beneficiados.

La pobreza, el desempleo y la incertidumbre, aunado a los avances en
tecnología, comunicación y poderío político, económico y militar, se
extienden y se manifiestan en especial entre las nuevas generaciones y
las minorías marginales.

En el caso del Tercer Mundo y América Latina en particular, se trata de
una serie de yuxtaposiciones e hibridismos, que se inician hace cinco
siglos con el gran llamado “descubrimiento” y una conquista implacable.

En Venezuela el fenómeno de los negocios y de la vida pública se
conformó a través del colonialismo, e inclusive se inició un
neoliberalismo, que se ha detenido por la revolución bolivariana y
ahora con el apogeo del desarrollo endógeno y los avances científicos,
tecnológico y sociales se logra una transformación socioproductiva, más
acordes con los intereses de nuestro propio socialismo.

En los albores del año 1998, nuestra sociedad estaba desintegrada y
casi destruida, con múltiples escisiones y brechas por poco
insalvables. Hoy la pobreza resulta decreciente y que contrasta con la
gran riqueza cultural que aun subsiste en determinadas capas de la
población, rescatándose a partir de la misión cultura.

Si bien una mayoría de los venezolanos responde dócilmente a la lógica
dominante, o manifiesta su frustración de varias maneras negativas o
meramente reactivas, minorías de distinta índole no solo se resisten
sino ofrecen iniciativas y cualidades alternativas que pueden servir de
base para un nuevo modelo de vida y de progreso, a través del trueque
de la moneda comunitaria.

Grandes preguntas están detrás de este estudio sobre la creación y el
uso de un dinero sin fines de lucro, sino que también nos remite a
cuestionar los precios del mercado y su dudosa equidad con respecto a
los valores humanos vitales.

El estudio procura apreciar una economía invisible que se basa muchas
veces en la gratuidad o en la deuda moral y que tal vez, se resiste a
entrar en procesos de cuantificación y monetización, así ésta se
proponga como “alternativa”. La disyuntiva de un Hamlet de interés
social sería hoy: “¿Medir o no medir?” en cuya respuesta se requiere
otra forma de entender la escasez manipulada y la exuberancia natural.

Pero también es cierto que la alienación y el pánico endémico, más el
crimen en sus múltiples manifestaciones monetarias (entre ellas, la
especulación, la generalizada corrupción política y la proliferación de
mafias), dificultan que la población y la sociedad se atrevan a
cuestionar “dispositivos útiles” que ya no lo son para “el bien común”.

Globalización y sus terribles efectos.

Las visiones dominantes responden a una veloz “Globalización” gestada y
compartida por países altamente industrializados y que se apoya en:

* Una gran concentración histórica de capital,
* Financiamientos ilimitados y selectivos,
* Especulación, endeudamiento y acelerada mercantilización de toda dimensión humana,
* Tecnología avanzada e instantáneos sistemas de comunicación,
* Organización mundial de la producción (incluida la exploración espacial y un armamentismo sin fin),
* Uso y abuso de los medios masivos de comunicación,
* Diseminación y predominio del apetito consumista.

Los efectos de este modelo son muy alarmantes pues repercuten en una
robotización del trabajo, desempleo masivo, angustia y desconfianza,
ruptura de los tejidos comunitarios, auge del crimen, depredación
acelerada del medio ambiente, conllevando todo ello trastornos
impredecibles sobre todo en los países dependientes.

UNA ALTERNATIVA EN EL MARCO NACIONAL

Existen en Venezuela varios mundos y actores económicos que se
sobreponen y se relacionan entre sí en medio de aislamientos y vacíos,
exclusiones y conflictos, enganches y alianzas, etc.

Estos mundos y actores económicos se pueden distinguir:

* La pobreza extrema,
* La economía informal,
* La microempresa emergente y precaria,
* El cooperativismo naciente,
* La empresa establecida,
* La corporación transnacional,
* La especulación financiera.

Por eso se propone esta alternativa para el rural tradicional, heredado
de una larga historia de raíces indígenas, conquista y colonialismo,
independencia y guerras civiles, intervenciones y revoluciones, y en la
cual el indígena y el campesino han resultado casi siempre sacrificados
en aras de los intereses de otros.

ESTADO, MERCADO,… y ¡SOCIEDAD!

Nueva visión y nuevos laboratorios.

Si los Estados Unidos y Rusia encarnan, en un extremo el triunfo del
modelo globalizador y por otro el colapso del Estado Socialista, en
Europa surge una “Tercera Vía” que pretende resolver las
contradicciones de su actual modelo y en China se da una mezcla de
capitalismo y socialismo con resultados aun impredecibles. El Estado
sigue pugnando por fórmulas más o menos compartidas pero es evidente
que el mercado se transforma cada vez más en un nuevo fundamentalismo
fanático con fe ciega en el dinero como poder absoluto.

Nuevos laboratorios se están desarrollando en diversas partes del
planeta, donde la sociedad aporta prometedores elementos. Se precisa
gestar una nueva visión que permita:

* Recentrar instituciones hacia valores sociales, culturales,
ecológicos, donde la economía sea medio y no fin, esto es, una economía
social, humana.
* Restaurar la confianza entre diversos sectores y en el valor creativo de la gente misma.
* Ocupar la fuerza de trabajo con un sentido creativo y recreativo.
* Satisfacer necesidades básicas de las mayorías, que más allá del
carácter asistencial faciliten la autogestión y la productividad.
* Organizar una economía social con fomento de la ecología y la cultura propias.

El binomio “Estado”-“Mercado” en sus históricas composiciones y fuerzas
en pugna, se está resolviendo a favor de una “Globalización”, especie
de mercado totalitario, con los efectos citados.

Ante ello, es necesario reconocer a la “Sociedad” como vector principal
de una nueva visión. Una Sociedad que sea capaz de generar, en
combinación con las instituciones reformadas del “Estado” y del
“Mercado”, nuevos modos de “intercambio” en aras de una verdadera
seguridad, y nuevos mercados sociales de “múltiples niveles”, en aras
de una verdadera sustentabilidad. Esto implica una comprensión de los
valores culturales de nuestro pueblo, con sus aspectos
individualizantes, pero donde resaltan los aspectos colectivos. Ello
nos reclama concebir una sinergia entre criterios altamente
competitivos pero también criterios profundamente cooperativos.

Las técnicas universales de capacitación, administración,
productividad, mercadeo convencional, capitalización, financiamiento,
rendición de cuentas, son importantes, siempre y cuando sean adaptadas
a las culturas, etnias y situaciones cívicas y de pobreza. Pero hoy hay
puntos emergentes, más relevantes que otros. Como sigue:

MERCADOS SOCIALES Y DINERO ALTERNATIVO

Banca comercial, de “desarrollo” y… ¡Banca social!

En este desafío, la creación de mercados sociales, un elemento
determinante es el factor bancario-monetario. Banca comercial y banca
de desarrollo son dos modelos fallidos, con el conocido resultado del
colapso de la primera y la frustración de la segunda. Un universo de
endeudados insolventes conforme a reglas usureras y miles de
microempresas populares sin compradores. El problema ya no es
principalmente financiero, sino, ante la gran especulación y
volatilidad dominante, es también monetario.

Los esfuerzos populares, como las cooperativas de ahorro y préstamo
(cajas populares), cajas solidarias, etc., poco pueden hacer frente a
una drástica devaluación o la reducción del ingreso por el amplio
desempleo o la falta de inversión.

Ante estos desafíos, surge un nuevo fenómeno de auténtica iniciativa
social. Se practica en numerosos países industrializados y también del
Tercer Mundo: la autogestión de monedas alternativas, sociales, locales
o comunitarias, con el fin de proteger y fomentar, mediante redes, la
economía local, regional y microempresarial.

El dinero oficial, obtenido mediante arduas actividades económicas,
pero también mediante subsidios, ingresa a un grupo, una microempresa,
pero sale más rapidamente, vía el consumo de productos de origen
externo y cada vez más transnacionales, y vuelve a acumularse en pocas
manos usufructuarias de la globalización. En cambio, el dinero social
(o no-dinero, pues no sirve para atesorarse ni tiene fines lucrativos:
no es mercancía que genera intereses) sirve exclusivamente como unidad
de cuenta y crédito (confianza mutua) para intercambiar bienes,
productos, servicios, conocimientos, en una asociación real de carácter
geográfica, gremial o incluso telemática (Internet). Permanece en manos
de la asociación, de la comunidad, de la localidad o de la red,
refuerza su identidad y amplía la capacidad de financiamiento, esta vez
dual: dinero-crédito externo y dinero-crédito propio, y por lo mismo se
crea mayor margen de maniobra, incentivando a la vez la solidaridad y
la responsabilidad horizontal.

Dinero oficial y dinero social pueden ser complementarios. Con ello se
va dando un proceso de transferencia de la credibilidad depositada en
instituciones macro o mega -tan abusivas como decepcionantes-, hacia
una credibilidad más tangible y reconstructiva de la responsabilidad,
de grupo a grupo y de persona a persona, a niveles micro, incluso
moleculares. Múltiples experiencias en Argentina, Colombia, Ecuador,
México, como en Africa, Asia y Australia, y sobre todo, en Estados
Unidos y Europa, respaldan este planteamiento. Y muy recientemente,
llama la atención la sinergia que se crea en Toronto, Canadá (Ver “LA
OTRA Bolsa de Valores” No. 49).

Estas experiencias, al partir de la gente y no del dinero, resultan más
visionarias y prometedoras que los modelos actuales de
microfinanciamiento del Banco Mundial; nuevas experiencias que están
inspiradas en el Grameenbank en Bangladesh y adoptadas en la Cumbre de
Microcrédito en Washington.

Por una mesoeconomía combinando sectores y liderazgos.

Es clásico el debate entre la micro y la macroeconomía. En medio hay
muchos vacíos. Es ocurrente la creación de una mesoeconomía que
construya hacia abajo, hacia arriba y desde adentro, a partir de
realidades y no de ilusiones.

Una nueva economía -diversificación de mercados no solo hacia el
exterior sino principalmente hacia abajo y adentro-, demanda la
participación de diversos sectores, principalmente el público, el
privado y el social, pero también los académicos, los religiosos y los
medios de comunicación. Ante la atrofia del sector privado, los
sectores públicos y sociales están generando nuevas instituciones y
redes que deben ser convocadas y llamadas a efectuar sinergias y crear
nuevas oportunidades.

500 Plus Plan

The cornerstone of Open Source Ecology’s program for transformative economics is the 500 Plus Plan. This is a plan for producing a financial incentive in order to attract new fellows on demand. This Plan is the development of an integrated, primarily agricultural product package that may be deployed by people joining OSE on a month’s time frame in order to capture a business opportunity from a basic farmer’s market.

500 Plus Plan (pdf)

OSE Transformative Economics Program

The basic OSE model is shown below:

 

The cornerstone of Open Source Ecology’s program for transformative economics is the 500 Plus Plan. This is a plan for producing a financial incentive in order to attract new Fellows on demand. This Plan is the development of an integrated, primarily agricultural product package that may be deployed by people joining OSE on a month’s time frame in order to capture a business opportunity from a basic farmer’s market. A farmer’s market is perhaps the lowest entry barrier venue for free enterprise worldwide, and, for purposes of OSE, a business opportunity that may be harnessed on-demand to meet goals of expansion. The opportunity is at least $500 per day at market, which is a proven figure for many vendors. New Fellows, by going to one farmer’s market per week, are thus able to earn during their stay at OSE, and moreover, to contribute 25% to the research program Development Fund. The innovation here lies in the 500 Plus Plan, which is designed to produce high value with minimum time commitment. This is feasible when a rigorous program for such value generation is devised. It must be based on the right product choice, professional techniques, and optimized ergonomics. It is designed such that it requires a time commitment of 1 hour per day, 5 days per week, plus 1 day at market. This constitutes a financing mechanism for Fellows that takes little time away from the core of our mission: open source research and development.

Continue to read (pdf) 

 

Practical Application of Open Source Economics

by Marcin Jakubowski

The present challenge is to develop a working model of the Regenerative Island Project as described under Mission. In the last couple of years, this concept refined itself to a replicable open source enterprise community, in the form of an Open Source Research and Development Center. This is an entity that may be understood by the greater mainstream world, though its essence is far ahead of any institution known to humankind. This is because of its radical teleology: to make a viable sub-economy – an economy within the mainstream – operating on principles of unrestrained, open source development.

The Open Source Research and Development Center (R&D Center) and Enterprise Incubator

The R&D Center is an applied research center that develops products, business models for product distribution, and tests the models in-house by actually engaging in these business models. The focus of product development is to enable the replication of production by developing the infrastructure surrounding a particular product, thereby addressing the capitalization of business replication. OSE’s aim is to devise a technological pattern language and flexible production infrastructures – those with as little specialized equipment as possible- such that startup costs are reduced.

These are not new ideas. The case has already been demonstrated that flexible manufacturing is a viable route of manufacturing, but that highly-specialized mass production has gained dominance. This is not due to the superiority of mass production, but due to the control of monopolizing elites.

The open source R&D Center for product development is a unique contribution to human enterprise. We do not know of any precedent of an institution that works collectively as such, fueled by an idealism of human progress. The proposed Business Incubator model pushes limits even further. The concept here is that OSE provides sweat equity means, or full startup capitalization assistance, for the most advanced business concepts. As such, it brings out people with adealistic goals and provides them with all the hardware and knowledge necessary for success.

The concept behind the business incubator’s capitalization program is simple: all startups do not require money, but the goods that money can buy. If those goods may be produced via open source flexible fabrication, or services provided via os consulting, then such is a successful means to startup.

The central feature of the Incubator must therefore be an infrastructure of resources, feedstocks, tools, and machines to produce the resources, feedstocks, tools, machines, and indeed, infrastructures, for the startup enterprise. The innovative aspect of the OSE Enterprise Incubator program is that the Fellows interested in startup have the opportunity to build the entire infrastructure as part of their training program, during a period of time sufficiently long to address all aspects of a proposed startup.

The financing mechanism for startup is revolutionary. We mentioned sweat equity. Indeed, the Fellow interested in startup is advised to take advantage of the 500 Plus Plan to finance their stay and contribute the stipulated 25% for OSE services. OSE gains the additional benefit of enterprise development and testing by the Fellow, and all working models enter the pool of open source know-how that may be tapped by others for promoting ethical, ecologically friendly enterprise.

For example, if the business opportunity sought is an integrated, year-round greenhouse and farm franchise operation, then the capitalization required includes fruit trees, greenhouses, buildings, water supply, and animal stock. OSE’s capitalization services may include: (1) the Fellow building a sawmill, CEB, and plastic extruder in our flexible workshop during their stay, to take care of greenhouse and other building needs; or, the Fellow leases our equipment; (2) the Fellow grows out from seed or propagates all fruit, berry, and nut trees from the OSE genetic pool of resources; (3) additionally, the Fellow builds a freeze-dried juice powder machine, microcombine, agricultural spader, hammer mill, during their stay- devices necessary for state-of-art soil proparation, harvesting, making mulch, and preserving foods with most nutrition; (4) the Fellow builds solar concentrators, engine cycle, ancillary stove, and designs a heat storage system; (5) the Fellow combines effort with other Fellows to fund land acquisition, or OSE taps its land resources to grant permanent stewardship to the Fellow; (6) the Fellow builds their own OSCar for transportation needs during their stay; (7) the Fellow may choose to incubate a flock of fowl, adopt some goats, or other animals during their stay; (8) the Fellow may make their fuel alcohol distillation apparatus (9) the Fellow becomes a fully enabled land steward, and thus quits their contract with the military-industrial state.

The above example shows that it may take two years to complete the preparation for an integrated farm franchise- fruit and nut trees may take two years to become ready for planting out. Each technical device or item may take approximately 30 days of full time work to produce from existing open source documentation. This indicated that approximately one year would be spent in the shop fabricating the necessary technologies. Together with learning operation, techniques, plant and animal propagation- two years may suffice for a crash course. However, given the depth of the immersion experience, the Fellow will be in full control of their technological and biological environment, since the Fellow produced it all by theirself.

The costs involved are only material costs. Each device may cost approximately $1000 in materials. The Fellow has a choice of how to fund this. OSE may tap its Development Fund and lease the final product to the Fellow. Or, the Fellow may purchase materials from their own funds. Another option is to tap resource development based on the nonprofit nature of OSE work. Initiative may also be taken to generate value via barter or other means. Given that OSE has land, produce, and a productive infrastructure, a large number of productive activities may be tapped to generate value in return for other value. The economy of the OSE R&D Center and Enterprise Incubator is one of abundance, and many creative means may be taken.