Baratto e moneta complementare: così le Pmi combattono il credit crunch

di Dario Aquaro, Sole24ore – 16 marzo 2012

Se la stretta creditizia non dà respiro, la risposta di tante piccole e medie imprese si dispiega tra vecchie pratiche e innovazioni del sistema di business. È tornato il baratto, si sente ripetere spesso. Non se n’è mai andato, in realtà, ma solo adattato alle nuove esigenze: lo scambio di beni e servizi senza uso di moneta sfrutta oggi le potenzialità della rete. E mai come negli ultimi mesi si è registrato un tasso di adesione così alto ai vari circuiti di “compensazione multilaterale”.

Il baratto funziona così. Ogni azienda paga un abbonamento annuale per far parte del circuito: scambia i prodotti senza nessun pagamento (con una commissione sulle vendite). Chi vende non è obbligato ad accettare la merce dell’acquirente, ma può comprare ciò che gli serve presso altri fornitori del network (che garantisce ogni transazione dal rischio d’insolvenza tramite accordi con società assicurative). La moneta complementare (nome a effetto per riferirsi all’unità di conto della transazione) consente di acquistare senza utilizzare denaro, ma con beni e servizi propri o nuove vendite ai clienti del network.

Sperimentata da tempo in altri paesi, la nuova forma di barter in Italia ha storia recente. Il primo network è stato BexB, spa bresciana nata nel 2001 e che da allora ha intermediato 200 milioni di euro: 72 milioni solo nel 2011, quando ha concluso 9mila operazioni (circa 25 al giorno) sulle 60mila totali portate a termine in dieci anni di attività. Il circuito conta oltre 2200 Pmi associate in tutto il paese (con un fatturato aggregato di circa 21 miliardi di euro), che coprono circa 160 settori merceologici dall’edilizia all’arredamento, dalla meccanica alla chimica, all’informatica, «e le adesioni stanno crescendo al ritmo di 50-60 al mese», afferma Simone Pietro Barbone, marketing account. «Il trend annuale di crescita è del 15-20%, ma nel 2011 è stato quasi del 30 per cento».

BexB ha una quota associativa che varia (da 500 a 4mila euro) in base alla classe di fatturato dell’azienda, così come le provvigioni (dal 2 al 50%). Sta sviluppando una nuova piattaforma tecnologica, che sarà lanciata a breve, e progetta l’apertura di nuove agenzie (oltre a quelle di Napoli e Roma, e le altre di Firenze, Bari e Treviso in fase di start-up). «Non intendiamo però crescere più delle nostre possibilità – spiega Barbone – perché dobbiamo sempre essere in grado di gestire il network in modo adeguato. Infatti non apriamo a tutti, ma valutiamo bene ogni nuova richiesta». L’obiettivo non celato è di arrivare a offrire il servizio della svizzera Wir Bank, che è anche il modello per questo tipo di business: nata nel 1934, oggi conta 60mila Pmi associate.

«Stiamo realizzando importanti operazioni a Napoli, la nostra seconda città per transazioni dopo Brescia, entrando nel mercato immobiliare, con appartamenti scambiati al 100% in compensazione: perché ci sono aziende che hanno venduto un tale quantitativo di merci da assicurarsi crediti (EuroBexB) per l’acquisto di un immobile». C’è infatti una soglia (2mila euro) oltre la quale è possibile trattare la percentuale di compensazione della transazione (la rimanente viene affidata alle modalità di pagamento tradizionali). Dipende da settori e aree geografiche, e naturalmente bisogna trovare una controparte che accetti la proposta: il prezzo più appetibile è sempre quello al 100% in compensazione.

Crescono le aziende interessate al barter, crescono gli operatori. È presto però per parlare di concorrenza, dicono i responsabili dei vari network, il potenziale di mercato è elevato. Cambiomerci è nata a ottobre 2011 e in pochi mesi ha associato quasi 200 aziende in tutta Italia. «L’aumento è continuo, anche se non siamo ancora a pieno regime con la rete di vendita, la maggior parte delle aziende sono situate in Campania, a Roma, e lungo la costa adriatica», racconta il direttore Francesca Scarpetta, che lavora in tandem con il marito e amministratore delegato Antonio Leone. Con due sedi fisiche (Napoli e Milano) e una rete di agenti sparsi per il paese, Cambiomerci punta ad «arrivare entro la fine dell’anno a mille e più aziende associate, anche grazie al nuovo portale che sarà attivo dalla prossima settimana, perché per ora – aggiunge Scarpetta – la maggior parte delle adesioni è arrivata attraverso il call center. Intanto in aprile a Roma parteciperemo al Forum delle eccellenze».

Gli auspici sono anche quelli di non limitarsi al B2B e affacciarsi al privato: «già adesso c’è chi propone prodotti che è difficile piazzare ad altre aziende, per esempio: 2mila biciclette. Chi le prende?». Ma la rete delle imprese interessate al nuovo baratto è sempre più assortita. «Di recente ci ha contattato un giornale che ha chiesto di associarsi perché la pubblicità gli è stata pagata in integratori alimentari: vorrebbe così proporli nel circuito e convertirli in crediti (Ecm: Euro-Cambiomerci) o prodotti che siano utili all’attività, magari attrezzature per l’ufficio».

Anche Cambiomerci (che prevede una quota associativa annua di mille euro e opera su ogni scambio una provvigione che varia dal 2 al 15% in base alla marginalità del settore) offre la possibilità di trattare la percentuale di compensazione.

Un caso differente è quello di Sardex, network nato nel 2009 e operativo da gennaio 2010. Che non fa barter in senso ufficiale. «Certo ci siamo ispirati all’esperienza di Wir e il metodo è sempre lo stesso, quello di lavorare come camera di compensazione – spiega il responsabile della comunicazione, Carlo Mancosu – ma dire che facciamo baratto è riduttivo, e poi: sai che novità!». I quattro fondatori sono partiti osservando quel che nel 2006 avveniva negli Usa, oltre che il tessuto micro-imprenditoriale sardo «dove è eufemistico dire che non si faccia rete». L’iscrizione al circuito prevede sì una quota, ma il modello di Sardex differisce dai circuiti di barter «perché non abbiamo provvigioni sulle transazioni. Seguendo uno studio legato all’esperienza nell’Iowa, le abbiamo eliminate e ottenuto grandi risultati: erano una barriera all’ingresso». I volumi di adesione sono in grande crescita: 500 aziende registrate, e circa 300 in attesa. Nel 2010 sono stati scambiati 350 mila crediti (anche il Sardex, per comodità e facilità equivale a un euro), 1,2 milioni nel 2011 (+370%), e in questi primi mesi del 2012 si è già arrivati alla metà di quelli dell’anno scorso.

Sardex (che ha sedi a Cagliari e a Serramanna) ha ambito prettamente locale, e punta a favorire lo sviluppo delle imprese sarde. Al B2B si sta però affiancando il B2C, la cui gestazione è in fase avanzata. «Oggi – prosegue Mancosu – c’è una parte di business rivolto ai consumatori, perché sia titolari che dipendenti delle aziende ricevono pagamenti in Sardex. I vantaggi sono evidenti: si evita di gravare sulle finanze dell’aziende e si limitano i licenziamenti. A breve ci sarà un’apertura ufficiale ai consumatori: a maggio è previsto il lancio, a giugno la sperimentazione a Cagliari città, e poi a settembre si partirà definitivamente».

Con il supporto di Sardex, in Sicilia a giugno decollerà Sicanex, con un tour di presentazione che anticiperà il via definitivo al nuovo circuito «Ci sono arrivate diverse richieste, ma la prima replicabilità di Sardex l’abbiamo avviata con i siciliani».

C’è la possibilità di costruire un grande network di operatori? «Stiamo pensando e immaginando. Purtroppo c’è l’abitudine italiana a vedere un nemico anche dove non c’è. E abbiamo ricevuto proposte imbarazzanti: altri operatori che ci hanno offerto di diventare una loro agenzia. Certo – conclude Mancosu – se si trovasse il modo di formare un circuito comune sarebbe un bene per tutti».

Wir Bank

In Svizzera la soluzione alla crisi degli anni 30 l’hanno trovata 16 imprenditori di Zurigo, che si sono messi a commerciare tra di loro in una valuta parallela al Franco Svizzero, il WIR. Ad oggi le imprese aderenti al circuito sono oltre 60.000. Servizio di Report sulla RAI del 30/05/2010

https://www.youtube.com/watch?v=gWWALlSxB68

Le monete locali nelle società mutualistiche

Lorenzo Guadagnucci nella presentazione del suo libro “Il Nuovo Mutualismo” a Massa e Cozzile (Pt) il 23 maggio 2010, spiega la forza dell’adozione di una moneta locale nelle societa mutualistiche sudamericane, attraverso l’esempio italiano dell’Ecoaspromonte: “Le critiche radicali allo sviluppo non spostano di un millimetro i rapporti di forza, le relazioni sociali e il meccanismo di accumulazione capitalistico, se insieme al rifiuto non fioriscono e crescono iniziative concrete, alternative credibili e percorribili non da un elite, ma da una parte rilevante della popolazione”.

La moneta locale come moneta di scopo

Il prof. Tonino Perna alla Croce Verde di Viareggio nell’ottobre 2009, descrive la possibilità da parte di enti locali ed associazioni di cittadini, di emettere moneta locale come moneta complementare di scopo cioè da affiancare alla moneta globale per incentivare e promuovere l’economia locale della collettività. Quest’ultima a sua volta, dovrà fare tutti gli sforzi che riterrà necessari per raggiungere la necessaria sovranità alimentare ed energetica e riequilibrare al suo interno il controllo dei consumo e con esso le disparità sociali, che il modello imperante pre-crisi aveva teso nel suo incontrollato sviluppo, a divaricare.

Ithaca Hours, moneta locale americana

da QuiNewYorkLibera, 20 marzo 2009

In un paese nel nord dello stato di New York, precisamente ad Ithaca, esiste dal 1991 uno tra i piu apprezzati e conosciuti esperimenti di moneta locale complementare. Le monete complementari sono dei veri e propri soldi emessi da comunita locali con scopi e finalità che dipendono dai specifici bisogni della comunita. Il comun denominatore sta nel fatto che queste monete vanno a supportare l’economia locale, in competizione alle grandi catene delle multinazionali che drenano grandi quantita di soldi alle aree in cui sono locate. Il tutto associato ad uno sconto e quindi risparmio per il consumatore in termini di moneta nazionale. Altra caratteristica molto importante e la loro emissione che non è associata a debito e interessi, come avviene invece con le valute nazionali. Un’emissione che cerca in qualche modo di ripristinare la sovranita popolare nell’emissione della moneta. Qualche tempo fa siamo andati di persona ad Ithaca ed intervistato Stephen Burke, il Presidente delle Ithaca Hours, la moneta locale di Ithaca. Nel video sopra postato un sunto di quanto ci ha raccontato, mettendo in evidenza sopratuttto gli scopi del progetto che sono appunto il sostenere leconomia locale, sostenere e valorizzare doti personali, sensibilizzare la comunita sui problemi monetari, stimolare le fratellanza nella comunita.